Il racconto
Belloni è stata capo dello stato per due ore, ma poi è saltata. Ecco cosa è successo
Il ruolo di tutti i protagonisti che hanno lavorato per lanciare e affossare la candidatura della numero uno del Dis
I movimenti di Salvini, le mosse di Conte, il sì di Meloni, l'ambiguità di Enrico Letta: la direttrice dei servizi segreti è stata a un passo dall'elezione. Poi sono entrati in campo una serie di protagonisti
“E’ fatta”. Venerdì scorso, nel tardo pomeriggio, Elisabetta Belloni aveva (sulla carta) i voti per diventare presidente della Repubblica: 663 Grandi elettori. Quelli di Lega, Pd, M5s e Fratelli d’Italia. Poi qualcosa andrà storto nel volgere di un paio d’ore. In un susseguirsi di incontri, dichiarazioni, mosse nell’ombra e sospetti.
Allora bisogna tornare a Montecitorio. Venerdì 28 gennaio: è il giorno dell’affossamento di Elisabetta Casellati alla quinta votazione. Il centrodestra ha provato la spallata e si è fatto malissimo. La sesta chiama servirà solo a far crescere nel Palazzo la voglia di Mattarella bis, ma nel frattempo tutto è in movimento. Il nome di Elisabetta Belloni sta prendendo sempre più quota.
La direttrice del Dis da giorni fa parte delle rose dei papabili che finiscono sui giornali (fronte M5s e Pd, soprattutto, ma anche Giorgia Meloni è favorevole). Da maggio la diplomatica, cresciuta alla Farnesina fino a diventarne segretario generale, è la numero uno dei servizi segreti per volere del governo Draghi (ha preso il posto di Gennaro Vecchione).
Per molti è un profilo idoneo anche per ambire al soglio laico del Quirinale (nel famoso deep state se ne parla da tempo: Il Foglio è il primo a registrare questa ipotesi il 16 novembre). Dopo il ko di Casellati, i leader della maggioranza provano a uscire dal tunnel.
C’è una terna. Oltre alla numero uno degli 007 avanzano le candidature di Pier Ferdinando Casini e Paola Severino. Matteo Salvini è abbastanza convinto anche su Marta Cartabia. Enrico Letta rinnova l’invito a valutare le opzioni di Mario Draghi e Giuliano Amato, da valutare “nel caso in cui non si arrivasse a nessun altro accordo condiviso”.
Si parla anche di un bis di Mattarella, ma Salvini è risoluto: “Sono contrario”. E’ un pomeriggio caotico. I leader si danno appuntamento “a più tardi”: devono parlare con i rispettivi gruppi.
Da Letta, comunque, nessun veto preventivo su Belloni. Le strade dei capi dei partiti si dividono. Salvini incontra Mario Draghi in via Veneto. Al premier spiega che Conte non ne vuole sapere: il M5s (o buona parte) non lo voterà mai. Il segretario della Lega illustra al presidente del Consiglio la rosa concordata con gli alleati: Belloni, Severino, Casini. “E’ stato il premier a esprimere perplessità su Casini”, dirà poi, ai suoi senatori, Salvini. Che non partecipa alla sesta votazione e dopo aver visto Draghi incontra Belloni per un caffè (come confermano a questo giornale fonti molto autorevoli del Carroccio).
Si va dunque verso una stretta. E’ nell’aria, è palpabile. Radio Transatlantico inizia a rumoreggiare. Sono quasi le otto di sera. La Lega e i vertici del M5s iniziano a parlarsi per decidere come gestire l’annuncio. Salvini è ritornato alla Camera. Enrico Letta, in un vertice volante a tre con Conte e il leghista, dice sì a Belloni, ma con riserva. Bisogna dire “abbiamo trovato una donna”, si ripetono gli staff gialloverdi. Il capo della Lega rivendica il diritto a intervenire per primo, accreditandosi come rappresentante dell’intero centrodestra. “Con la Meloni ci parlo io”, spiega a Conte. “Quando Giuseppe ha visto Salvini esternare fuori da Montecitorio – racconta Stefano Patuanelli – è rimasto sorpreso dalla nettezza dei suoi toni. Ma a quel punto dovevamo rispondere subito, e dunque dall’ufficio dei gruppi del M5s, dove eravamo, siamo scesi a rilasciare dichiarazioni”. Dunque ore 19.50, Salvini: “Sto lavorando per presidente donna”.
Una manciata di minuti più tardi, Conte: “Sono molto felice che anche le altre forze politiche mostrino di voler convergere su un profilo femminile di alto livello per eleggere la prima presidente donna della nostra Repubblica. È sempre stato un nostro auspicio”. Le dirette tv scoprono la donna: è Elisabetta Belloni. Entra in scena Matteo Renzi. Il leader di Italia viva, che già fa una serie di azioni. Prima manda un messaggio ai suoi parlamentari di questo tenore: “Fate capire a tutti i colleghi che eleggere la Belloni e il modo col quale Conte Meloni e Salvini vogliono portarci a votare”.
Poi apre un triangolo di consultazioni telefoniche con la corrente di Base riformista del Pd e con Forza Italia. Licia Ronzulli, in un ufficio del gruppo azzurro all’ultimo piano di Montecitorio, quando legge le agenzie si dice subito allibita: “Salvini non mi aveva detto nulla”. Seguono confronti tra la fedelissima del Cav., Antonio Tajani e altri senatori forzisti. E ovviamente con Renzi. Il senatore è il primo a uscire con tweet e interventi in tv contro l’ipotesi “che il capo dei servizi segreti in carica diventi presidente della Repubblica è inaccettabile”.
In simultanea Andrea Marcucci (Pd) ricorda su Twitter che “tutti i nomi possibili per il Quirinale dovranno essere preliminarmente valutati e votati dall’assemblea dei grandi elettori dem”. E’ un avvertimento a Letta: anche perché la sera prima il direttivo del gruppo del Pd al Senato, convocato da Simona Malpezzi, ha già espresso riserve su Belloni. Pure Forza Italia dirama una nota in cui dice no alla direttrice del Dis. E’ partita la contrarea. I tre attacchi, concordati, avvengono fra le 20.50 e le 20.55. Rivela Maurizio Gasparri: “Dopo aver parlato con Renzi, abbiamo iniziare a convincere Loredana De Petris di Leu”. Il mondo che ruota intorno a Pier Luigi Bersani e a Roberto Speranza si mette di traverso alle 21.17. Tutto ruota intorno al Pd. Ancora Gasparri: “Franceschini era ormai rassegnato: ‘Ci hanno fregato’, ripeteva”. Tra i dem sta accadendo qualcosa: c’è una telefonata molto franca fra Letta e Lorenzo Guerini. Il ministro della Difesa ritiene “impraticabile” l’ipotesi Belloni. Cosa muove questo sbarramento: motivi di merito, speranza di virare su altri nomi o la spinta di Palazzo Chigi? Letta viene messo un po’ alle strette dai membri della sua segreteria: “E’ solo tattica, è tutto ancora aperto”, risponde a chi gli chiede lumi. Alle 21.34 Beppe Grillo esce con un tweet che dà per fatto l’accordo: “Benvenuta signora Italia”. Grillo si trova in montagna con la famiglia. E Conte a chiamarlo intorno alle 21.15 per chiedergli una presa di posizione. Gli assicura che “è fatta e che è un capolavoro”. Poco prima è uscita un’agenzia, diramata dallo staff dell'ex premier grillino, in cui si parla di una Belloni in procinto di arrivare a Montecitorio per essere audita dai leader politici di maggioranza (questa ricostruzione viene respinta dai vertici del M5s che al contrario la lessero come una mossa per far saltare la direttrice del Dis e sospettano che sia stato il Pd a far trapelare questa fake news)
La notizia si rivelerà del tutto priva di fondamento. Basta riflettere.
Letta si sfila e inizia a contestare il metodo degli alleati, parlando allo stesso tempo di donne di assoluto valore in campo. E’ la ritirata. E’ il ni che diventa no. Intanto, gli assalti a Belloni da Iv, pezzi di Pd, Forza Italia, Coraggio Italia vanno avanti all’impazzata. Luigi Di Maio interviene alle 22.20: “Indecoroso bruciare Belloni, non va bene il metodo”. E’ la parola fine sulla candidatura della direttrice del Dis e presidente della Repubblica per un pomeriggio.