Il retroscena
Conte va da Draghi: gli promette lealtà e lo sonda sul nemico Di Maio. Ma il premier lo stoppa
L'avvocato del popolo prepara l'assemblea della settimana prossima per confrontarsi con il rivale interno. Intanto all'orizzonte ha una brutta notizia: Arcuri pronto a saltare da Invitalia
Il capo del M5s a Palazzo Chigi per parlare dell'agenda di governo. Convitato di pietra: il ministro degli Esteri. Poi il pranzo con Letta dopo gli scontri sul Quirinale
Eccoli. Da soli per un’ora a Palazzo Chigi. Sono il premier e il suo predecessore. Mario Draghi riceve Giuseppe Conte. L’uomo che – “niente di personale” – gli ha sbarrato la strada del Quirinale. È la terza volta che si vedono. Il capo del M5s assicura lealtà all’esecutivo (niente opposizione), chiede segnali concreti sul caro bollette e si sente rincuorare, ma anche ripetere che non ci sarà uno scostamento di bilancio. Conte ha solo un problema: il ministro degli Esteri. Draghi, al contrario, ritiene che stia lavorando bene. Giro di chiave: blindato.
Conte ha chiesto un incontro a Draghi che lo ha ricevuto “prontamente”. Non si tratta dell’inizio di un tour del premier fra i leader della maggioranza, ma di una risposta a una singola richiesta. Si era prenotato anche Matteo Salvini, prima di scoprire di avere il Covid. Il presidente del M5s entra in quello che è stato il suo ufficio per tre anni convinto di aver pareggiato in trasferta la battaglia campale sul Quirinale. Sfiorando il colpaccio con la mancata elezione di Elisabetta Belloni. I vertici del M5s, che non hanno mai amato l’ex banchiere, commentano l’incontro con una battuta velenosetta: “Forse Giuseppe gli avrà detto che ha fatto male ad affidarsi per il Colle a Di Maio e Giorgetti?”. Da Palazzo Chigi, dove gli spifferi tirano forte anche d’estate, leggono questo vis à vis come una mossa di Conte a uso e consumo interno: gli serve per riaffermare la leadership interna, seriamente “sporcata”, come ammette anche l’avvocato del popolo, da Di Maio. E sempre lì alla fine si torna.
L’appuntamento è anche l’occasione per mettere a fuoco i motivi di scontro fra i due (le nomine dei direttori Rai dello scorso novembre). Ma poi certo trapela che le pareti damascate dell’ufficio draghiano abbiano sentito confronti sulla politica estera (crisi ucraina), sull’energia e sull’agenda di governo. Chi parla molto spesso con Draghi ammette che fra i tanti dossier quello più frizzante riguarderà la giustizia e la riforma del Csm (come non dimenticare l’antipasto che ci fu sulla modifica del processo penale?). E a dirla tutta fra un mese ci sarà anche un giro di nomine che promette scintille. È dato in uscita, senza appello, Domenico Arcuri da ad di Invitalia: sarà un’altra picconata al sistema di potere dell’avvocato del popolo con la defenestrazione del già ex commissario per l’emergenza Covid.
Dopo un’oretta serrata di discussioni e incassata la fiducia di Draghi verso il titolare della Farnesina, Conte si presenta davanti alle telecamere. Parla di rilancio dell’azione di governo, di patto con i cittadini. Poi va a pranzo con Enrico Letta, per cercare di ricucire l’alleanza con il Pd che poco ha funzionato nei giorni scorsi. Tuttavia la guerra il presidente del M5s ce l’ha al proprio interno. E siamo sempre alla solita storia. “Sono qui per parlare delle esigenze dei cittadini e non delle correnti del M5s, che da statuto sono pure vietate”. Eccolo Di Maio. È il pensiero storto nella testa dell’ex premier. Ma come rispondere a chi ha contestato la mia linea, a chi mi ha sabotato, a chi ha avuto un doppio lavoro, a chi ha tramato contro di me per indebolirmi? Da giorni Conte si ripete queste domande. Si studia lo statuto del M5s (oggetto di una guerra fotonica con Beppe Grillo). La Carta dei grillini adesso dovrà essere modificata dall’assemblea per riparare il pasticcio del duexmille, altrimenti il partito non potrà beneficiare dei contributi dei cittadini.
Burocrazia, scartoffie, regole e commi: Conte sfoglia gli amati tomi anche per capire cosa “può fare” al ministro degli Esteri che lo ha contestato così platealmente dopo il Quirinale e che è accusato di aver costruito una corrente interna ramificata, potente e operativa. La resa dei conti ci sarà la prossima settimana. Con i parlamentari, ma visibile agli iscritti. In streaming. Prospettiva che non piace al mondo di Di Maio: “Non siamo più quella roba lì”, raccontano i deputati-sentinella del ministro. Ecco, ma dove si è cacciato? Risposta istituzionale: “Alla Farnesina, alle prese con i dossier internazionali”. Intanto chiama i parlamentari, sonda gli umori dei fedelissimi su progetti centristi e comunque aspetta. La mossa adesso spetta a Conte, rinfrancato dall’incontro con Draghi ma anche consapevole della fiducia che nutre il capo del governo nei confronti di Di Maio. Scenda dala serie tv Boris: “Questo me lo cacci!”. No.