il ritorno di Casalino
Il metodo Rocco è una zeppa tra Conte e il Pd
Gli errori di comunicazione dei pentastellati durante la settimane di colloqui per il Quirinale portano anche la firma del portavoce dell'ex presidente del Consiglio
Roma. A un certo punto gliel’hanno dovuto spiegare a brutto muso: “Non, Rocco, tu qui non puoi entrare”. E’ successo quando Matteo Salvini, in uno dei suoi molti momenti d’affanno durante le trattative quirinalizia, ha lanciato un appello ai leader del centrosinistra per vedersi e discutere. Enrico Letta e Roberto Speranza erano assai cauti, nel valutare la proposta. E così sembrava essere anche Giuseppe Conte. Sennonché nella sala Berlinguer, negli uffici del Pd alla Camera, ecco che irrompe Rocco Casalino, spasso spedito e andatura risoluta, che mostra al capo del M5s le nuove dichiarazioni del leader leghista. “Giuseppe, dobbiamo rispondere”. Gelo in sala: coi capigruppo dei tre partiti che si guardavano tra loro interdetti. Al che è stata definita la regola: nelle riunioni, d’ora in avanti, basta membri degli staff, entrano solo i politici.
E del resto la settimana di passione, per Letta e Speranza col portavoce dell’ex premier grillino, era iniziata subito. Già il lunedì, quando i tre avevano concordato di non esprimere alcun veto preventivo, e invece si sono ritrovati a dovre commentare delle “fonti M5s” che ponevano un veto preventiva sulla candidatura al Colle di Mario Draghi. “Giuseppe, ma perché dici che siete pronti a valutare anche nomi di centrodestra?”, chiedeva il segretario del Pd a Conte, che si giustificava dicendo che erano solo delle fughe in avanti “della mia comunicazione”. Le stesse che il giovedì mattina, a un certo punto, hanno prodotto l’ennesimo cortocircuito: “Fonti Pd valutano con favore la candidatura di Elisabetta Belloni”, battono le agenzie a ora di pranzo. Solo che nessuno, al Nazareno, ha diramato questo dispaccio, che si scoprirà essere stato dettato ai cronisti proprio da Casalino. “Parla anche a nome nostro, adesso?”, sbottavano i deputati dem.
Il crescendo di incomprensioni ha toccato il suo culmine, poi, nella famigerata serata di venerdì. Quella in cui, con studiato tempismo, Conte rilanciava l’ipotesi della donna al Colle pochi attimi dopo il grande annuncio di Salvini. “Ma vi sembra questo il metodo?”, s’è sentito domandare Conte da Letta nel vertice organizzato poche ore più tardi. E anche lì, “è stata la mia comunicazione che mi ha spinto a dichiarare, visto che Salvini aveva forzato la mano”, s’è giustificato Conte, con una leggerezza tale che Debora Serracchiani, capogruppo del Pd alla Camera, è sbottata: “Ma qui ci stiamo giocando la presidenza della Repubblica, accidenti!”.
Scorie quirinalizie da smaltire, si dirà. Sapendo però che non è da escludere che nuovi “cortocircuiti”, come li chiama Letta, potrebbero portare Conte e Salvini a inseguirsi di nuovo, nei mesi che seguiranno. E chissà…