Laboratorio Liguria, dove Toti medita il “ribaltone” pro Draghi
Il governatore centrista sogna di sostituire la Lega con il Pd in maggioranza. Tutti i possibili contraccolpi a livello nazionale
Genova. Cambiamo. Non c’è che dire, la ragione sociale del progetto di Giovanni Toti era esplicita già nel nome del movimento nato nel 2019. Poi ovviamente le cose cambiano e si può anche sostenere che “Ribaltiamo” stia diventando un nome più adeguato. Perché nel libretto delle istruzioni già scritto dal governatore della Liguria ci sarebbero le mosse per costruire un’alternativa di governo. Una coalizione per garantire a Mario Draghi una maggioranza nuova, solida e soprattutto a prova di urne. Come in tutte le istruzioni serve semplificare, il progetto del ribaltone funzionerebbe così: sostituire la Lega con il Pd, far decidere a Matteo Renzi e Carlo Calenda se vogliono restare al centro o a sinistra, bivio piuttosto marginale visto che entrambi desiderano tornare a governare. A quel punto sarebbe più che logico attribuire a Toti un ruolo di assoluto primo piano.
Nel nuovo ruolo di governatore e ribaltatore Toti non andrebbe sottovalutato. Infatti lui stesso non si sottovaluta, forte di una macchina comunicativa capace di fornire colore al dibattito politico anche nei giorni grigi che hanno portato al Mattarella-bis. Il caso ha radici relativamente profonde ed è esploso tra l’elezione e il giuramento del nuovo Presidente della Repubblica. Quando il segretario nazionale (ligure) della Lega, Edoardo Rixi, ha lanciato una decisa richiesta di chiarimento all’alleato Toti. Il deputato leghista gode della piena fiducia di Salvini, non è un attaccabrighe, è uomo ragionevole e ora politico esperto. L’oggetto del chiarimento, il primo attacco, sembrava concentrarsi sulla scelta del nuovo inquilino del Quirinale, sul ruolo del grande elettore Toti e sul pacchetto dei suoi 32 voti. Mentre la Lega si dava un gran d’affare per far vincere la Presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati, la task-force di Cambiamo era già in azione prima per Casini (in tandem con Renzi), poi per il Mattarella-bis. Il leader della Lega virava deciso sulla rielezione? Il governatore della Liguria faceva abilmente trapelare che era sua la primogenitura che sosteneva con vigore un rinnovo presidenziale di altri sette anni. Tesi ampiamente accreditata, a tutti i livelli. Poi Toti rientrava a Genova e l’accoglienza tra gli alleati era tutt’altro che amichevole.
Ora il dibattito pare non finire più. Acceso e a tratti infuocato, sembra seguire i sentieri della politica locale: la tenuta della giunta che vede la Lega a sostegno di Toti, le alleanze da confermare per le imminenti elezioni comunali a Genova e La Spezia, fino allo deleghe nella giunta in Regione. Si parla di croccanti retroscena, che nel paludato copione della politica italiana mettono pepe e sale nella minestra. Si parte da una cena tra Toti e Claudio Burlando, già sindaco rosso di Genova, ministro Pd, oggi saggio defilato con discepoli renziani. Seguono incontro romani con Renzi e Calenda. La risposta? Un patto tra il centrodestra che vorrebbe tenere alla porta Toti, una manovra che Il Secolo XIX battezza il “patto del Balilla”. Una colazione per una nuova coalizione, perché nasce tra i tavolini di un bar che già fu del cassiere leghista Belsito e porta il nome dell’eroe nato a Genova nel 1735.Potrebbero non essere soltanto beghe locali, anzi non lo sono. Lo capisci dalle parole del sindaco genovese, Marco Bucci. In sintesi: “I panni sporchi potevamo lavarceli in casa”. Sacrosanto, se non fosse utile lanciare segnali a livello nazionale. La Liguria è qualche anno che si vanta di essere un laboratorio politico nazionale. Ne ha facoltà. Qui nel 2015 la vittoria di Toti ha dato il via alla caduta renziana, un anno dopo l’euro trionfo del centrosinistra. E subito dopo il modello Toti ha aperto la strada al grande centrodestra, quella che inglobava Alfano, Udc e tutto il resto. Cambiamo, però. Magari è solo un’idea, ma nei laboratori funziona così. E se l’idea è quella di consegnare una nuova maggioranza a Draghi, il governatore della Liguria potrà rispiegare come vuole procedere. Mercoledì a Genova è atteso il premier. Non è un caso, la visita era in programma. E non pare sia emersa la volontà di ribaltare l’agenda.