Enrico Letta e Carlo Calendo (Ansa)

Passeggiate romane

Più che al proporzionale, Letta punta al nuovo Ulivo con Calenda scettico sul centro

L’idea del segretario Pd sembra sempre quella che lo ha spinto nel suo discorso di insediamento a prefigurare un sistema maggioritario  e una coalizione larga, come quella guidata da Romano Prodi. 

Dentro il Partito democratico si sta affacciando lentamente un dubbio: ma e poi così certo che Enrico Letta voglia metter mano alla legge elettorale? E’ vero che il segretario dem ha ripetuto più volte, soprattutto in quest’ultimo periodo che l’attuale sistema è il “peggiore”. E non c’è dubbio alcuno che lo pensi sinceramente. Ma è anche vero che il cuore del leader pd, nonostante l’orientamento prevalente dentro il suo partito, continui a battere per il maggioritario. Così come batte per il maggioritario il cuore di Romano Prodi, con cui Letta è rimasto in ottimi rapporti. Il segretario del Partito democratico sente spesso il leader di quello che fu l’Ulivo e ne accetta volentieri i consigli. Il timore di chi tifa per il maggioritario è che si finisca per mandare in porto una legge elettorale peggiore dell’attuale che non garantisca nessuna stabilità ai governi che vorranno. Il Rosatellum, quindi, rischia di diventare il male minore.

 

Del resto, nel campo di quella che fu la maggioranza giallorossa anche Italia viva negli ultimi tempi ha preso a dire che quello della riforma elettorale non può essere l’argomento principe di questa fase. E Letta quando parla preferisce di gran lunga soffermarsi sulla necessità di modificare i regolamenti parlamentari piuttosto che dilungarsi sul perché e il per come vada riformata la legge elettorale. L’idea del leader dem sembra sempre quella che lo ha spinto nel suo discorso di insediamento a prefigurare un sistema maggioritario e uno schieramento sul modello dell’Ulivo dei bei tempi. Tutto ciò ha ben poco a che fare con il proporzionale. E poi con il Rosatellum Letta può aspirare a candidarsi a palazzo Chigi, tanto più adesso che i 5 Stelle hanno perso forza e consensi. Il fermo no di Giorgia Meloni al ritorno al proporzionale, le prese di posizioni contrarie di autorevoli esponenti di Forza Italia come Antonio Tajani e le titubanze di Matteo Salvini, d’altra parte, rendono più difficile di quanto sembri il concretizzarsi della riforma elettorale.
 

Nuovo Ulivo, dunque, o campo largo che dir si voglia. Continua a essere questo l’obiettivo del segretario del Partito democratico. Ed è interessante, sotto questo profilo, vedere come Carlo Calenda, ancora ieri, abbia respinto l’ipotesi di far parte di quel centro di cui di va parlando da qualche tempo a questa parte. Anche il leader di Azione, alla fine, nonostante le molte diffidenze nei confronti dei 5 Stelle, potrebbe essere della partita. Calenda si diceva. Calenda che afferma di non capire più Renzi che invece sembra andare verso la strada del centro con Coraggio Italia del presidente della regione Liguria Giovanni Toti e del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro. Ma è questo versante il traguardo del leader di Italia viva? Tra i suoi c’è chi dubita che alla fine sia questo l’approdo cui giungerà l’ex premier. Ufficialmente la decisione è affidata alla grande assemblea di Iv che si terrà il 26 febbraio. E c’è chi giura che in quell’occasione Renzi potrebbe riservare qualche delusione a chi, come Paolo Romani, sogna già una grande Margherita versione 2022.

Il governo guidato da Mario Draghi registra già le prime difficoltà. Andare avanti con una campagna elettorale permanente da una parte, e la necessità di non fare altro deficit dall’altra non sarà certamente facile, anche perché è difficile che il premier possa assoggettarsi alle continue richieste dei partiti sullo scostamento di Bilancio. Per questa ragione tra i dem, ma anche tra i parlamentari dei 5 Stelle, si è diffusa la preoccupazione che Draghi, esasperato dalle richieste dei partiti e dalla fibrillazioni della maggioranza di governo, possa arrivare a un punto di rottura.

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