L'orologio del premier

È il giorno della riforma della giustizia. Ecco come sarà il nuovo Csm di Draghi

Carmelo Caruso

Nuove norme per evitare il conflitto politica-magistratura. Stop alle porte girevoli ma distinguendo e tre anni di decantazione. Le toghe impegnate in politica vengono distinte in 4 categorie. Le norme non saranno retroattive. Il sottosegretario Garofoli si astiene per responsabilità istituzionale

Al contrario. Mario Draghi non si sta “montizzando” la testa. Si sta facendo ancora più tecnico. Non si è innamorato della politica, ma della fisica. Il suo potere è possedere adesso “il tempo” del comando. Quando ai suoi collaboratori viene chiesto quale sia l’agenda di governo, la risposta data è che il “tempo” lo scandisce il presidente e che l’agenda è la testa del presidente. Insieme a Marta Cartabia, e al suo staff, passa la sera a Palazzo Chigi a ragionare di “fattispecie per magistrati” e “liste binominali” perché, questa volta, come ha garantito, “il Csm si proverà a riformarlo e lo faremo con il Parlamento”. E dunque, con il ministro Daniele Franco cerca i miliardi per stemperare il caro bollette, ma “in maniera articolata” e nulla ci impedisce, questa è la bis risposta, “di arrivarci la prossima settimana”. Il Cdm di oggi avrà quindi come argomento la giustizia. Per risolvere il fenomeno delle “porte girevoli” la soluzione potrebbe essere separare i magistrati “politici” in quattro grandi categorie, anzi, “fattispecie” e prevedere un tempo di decantazione dalla carica di tre anni. Per riformare il Csm, ma garantendo la rappresentanza delle minoranze, la via è invece il sistema proporzionale che resta la scorciatoia-autobiografia, quella che ci permette di saldare il nostro debito con la complessità.

 
Ebbene, non solo il comando di Draghi si affina ma anche i dossier si fanno più “raffinati”. E infatti, insieme alla Guardasigilli, è come se Draghi volesse appropriarsi della “materia giustizia” un po’ come l’economia che è la sua proprietà, la sua competenza, la sua “expertise”. Ecco perché, per regolamentare il guasto dei magistrati in politica, l’uscita di sicurezza su cui lavora Palazzo Chigi sembra essere la catalogazione in magistrato eletto; magistrato candidato ma non eletto; magistrato impegnato in cariche amministrative; magistrato impegnato in cariche amministrative di indirizzo politico. Sarebbe il modo, il migliore, per non perdere alcune competenze giuridiche che nei ministeri sono necessarie per redigere i testi di legge. E deve essere davvero in crisi non tanto e solo la magistratura ma l’idea che ormai si ha dei magistrati se si può pensare che un funzionario come Roberto Garofoli, il “soprasegretario”, possa essere uno di quelli colpiti dalle nuove norme della riforma o peggio ancora credere che Draghi stia cercando di proteggere lui e formulare una norma ad hoc.

 

Agli amici, con la serenità di chi ha sempre respirato aria di Grecia, lui che è di Taranto, Garofoli avrebbe risposto: “Sono sempre stato chiamato e non ho mai cercato una chiamata. Faccio quello che mi dicono di fare”. E’ un qualcosa che non esiste. Le norme non saranno retroattive. Nella fumeria d’oppio ideologico qualcuno ha suggerito (ascoltato da qualcun altro) che il tempo che Draghi si sta prendendo sulla riforma della giustizia, il suo zelo, si debba a quest’uomo che il premier vuole tutelare a tutti i costi.

 

C’è insomma chi desidera una riforma e chi si vuole servire della riforma per regolare qualche conto. Ieri, il Foglio.it, ha raccontato che per Matteo Salvini, ad esempio, le incompatibilità possono essere un grimaldello per aprire il suo portone preferito: il Viminale. Pochi lo ricordano ma Luciana Lamorgese oltre che prefetto è anche consigliere di stato. Ancora meno sono quelli che ricordano che a nominarla è stato il governo gialloverde di cui Salvini era vicepremier. E’ accaduto di nuovo. Come per le concessioni balneari (norma che oggi sembra non entrare in Cdm) anche questa riforma del Csm, non ancora discussa e non ancora approvata, rischia di essere un piacere ma che scontenta. Fino a quando si scrive, il governo ha voluto tenere il riserbo. Anche da Via Arenula si ripeteva: “Ci lavorano a Chigi”. Antonio Tajani, che è sempre più leader di Fi, era costretto a chiedere il testo perché “pur essendo favorevoli all’impostazione della riforma Cartabia, i nostri ministri non lo possono votare senza prima approfondire”. Si è voluta evitare la fuga di notizie perché come si vede la mezza notizia serve a sporcare. Al momento è dato per abbastanza sicuro che sei saranno i giudici del nuovo Csm scelti con il metodo proporzionale e che tre saranno gli anni di decantazione per chi ha deciso di correre in politica. Draghi, dopo il Quirinale, non si è dunque ammalato di politica. E’ über tecnico come il battelliere che in “I tempi del potere” di Christopher Clark (Laterza) si disarmava per armarsi: “L’uomo non può indirizzare il fiume del tempo, ma può tuttavia viaggiarci con esperienza e perizia”.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio