Partiti&quesiti
L'imbarazzo trasversale (e nel Pd) sulla giustizia e l'apertura di Giuseppe Conte
"Non possiamo dire no a tutto in modo pregiudiziale", questo il succo del ragionamento dell'ex premier.
Per il deputato dem Walter Verini, "il nostro paese non ha bisogno di risse". "Esame di maturità per i partiti", dice il deputato radicale di + Europa Riccardo Magi. Intanto si attende la pronuncia della Consulta sui referendum
Lo ha detto pochi giorni fa Giuliano Amato, neopresidente della Consulta, oggi chiamata a decidere sull’ammissibilità di otto quesiti referendari (di cui sei sulla Giustizia): “È banale dirlo ma i referendum sono una cosa molto seria e perciò bisogna evitare di cercare a ogni costo il pelo nell’uovo per buttarli nel cestino”. (E in quel momento tra i promotori e i sostenitori dei quesiti medesimi si è diffuso un pensiero alla “te l’avevo detto che spesso il pelo nell’uovo è stato cercato”). Ma anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha alluso più volte al valore della partecipazione – partecipazione in nome della quale si spera, chi a sinistra chi a destra, che i quesiti vengano ammessi.
Eppure sempre trasversalmente si registra preoccupazione nei partiti. E insomma i temi sono sul tavolo (anche fine vita e cannabis), ma in particolare i quesiti sulla Giustizia, voluti da Radicali e Lega, fanno pensare chi, in previsione dell’arrivo in Aula della riforma del Csm, teme la possibile sovrapposizione tra campagna referendaria e discussione della legge Cartabia, in particolare per quanto riguarda il quesito sulla separazione delle carriere e quello sulla responsabilità civile dei giudici. E c’è chi teme anche che Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Azione si trovino uniti, per esempio, sul tema dei cambi di casacca dei giudici, facendo intravedere geometrie non innocue per la maggioranza di governo – che si specchierebbe a quel punto senza ritrovare intatti i propri tratti.
Fatto sta che nel Pd ieri il senatore Salvatore Margiotta esplicitava un disagio che non soltanto lui avverte tra i dem, dichiarandosi “pentito” di non aver firmato, “per disciplina di partito e per rispetto del ruolo in Parlamento”, i referendum sulla giustizia. Mentre la deputata pd Enza Bruno Bossio dichiarava orgogliosamente su Twitter di averli sottoscritti. Ma Walter Verini, componente pd della Commissione Giustizia alla Camera e relatore della proposta di legge sulla riforma dell’ordinamento giudiziario, interpellato in proposito, ribadiva al Foglio che il Pd vuole che “si chiuda la guerra dei trent’anni sulla giustizia: si dica basta alla stagione del populismo giustizialista, con la sottovalutazione del principio della presunzione di innocenza e col finto garantismo che vale solo per gli amici. Aspettiamo la decisione della Consulta per poter fare le nostre valutazioni ma, ferma restando la grande importanza dello strumento referendario nel quadro della partecipazione popolare, teniamo presente che è in Parlamento che oggi abbiamo l’occasione di discutere nel merito senza dare spazio agli opposti estremismi. Il nostro paese non ha bisogno di risse”.
Dal fronte referendario, il deputato radicale di + Europa Riccardo Magi definiva “esame di maturità” per i partiti il possibile voto, visto anche il suddetto trasversale imbarazzo, specie tra i Cinque Stelle e sulla Giustizia: ieri sera Giuseppe Conte riuniva i capigruppo m5s e i responsabili delle varie Commissioni per discutere i temi in oggetto, aprendo al sì (“non possiamo dire no a tutto in maniera pregiudiziale”, era il succo del ragionamento). “Su pressione della mobilitazione popolare i partiti sono stati costretti a muoversi”, dice al Foglio Magi, alludendo invece al quesito promosso da Associazione Coscioni, Radicali e Meglio legale sulla cancellazione del reato di coltivazione della cannabis e su quello proposto dall’Associazione Coscioni sulla depenalizzazione dell’eutanasia. Ma anche sul tema giustizia, ricorda il deputato, “c’è stata straordinaria mobilitazione popolare”. “I giudici costituzionali hanno un’occasione storica per far vivere la lettera e lo spirito della Carta su cui si fonda la Repubblica”, scrivono intanto Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Coscioni, e Marco Perduca, presidente del Comitato Cannabis Legale, in attesa che la Consulta si pronunci.