l'intervista
Il vice di Decaro: “L'Anci non diventi un congresso parallelo del Pd"
Parla Ciro Buonajuto, sindaco di Ercolano: "Mi auguro che le dinamiche partitiche continuino a restare fuori dall'associazione dei comuni. Per la buona riuscita del Pnrr dobbiamo remare tutti nella stessa direzione"
L’Anci come un congresso parallelo per regolare i conti interni al Pd? Una palestra sfogatoio per risolvere questioni personali mandando in frantumi il fronte dei sindaci? “Mi auguro proprio di no. Dovesse accadere, sarebbe un fatto grave. Ma sono sicuro che alla fine si riuscirà a mantenere un certo equilibrio e tenere l’associazione al riparo da queste logiche puramente interne ai partiti, che devono restare al di fuori”. Il sindaco di Ercolano Ciro Buonajuto è il vicepresidente nazionale dell’Associazione nazionale comuni italiani. Ieri su questo giornale abbiamo raccontato delle tensioni che corrono sull’asse De Caro-primi cittadini delle grandi città.
Roberto Gualtieri, Beppe Sala, Gaetano Manfredi e Stefano Lo Russo rinfacciano al presidente del’Anci di non spendersi abbastanza per salvaguardare città come Roma, Milano, Napoli e Torino nella gestione dei fondi del Pnrr. Per esempio, chiedendo alcune deroghe rispetto a regole vigenti in contesti molto diversi dalle città più popolose. “E però questo è un problema che riguarda tutti, grandi e piccoli, a partire dalle proprie specificità”, racconta Bonajuto. “Chiaramente le storture che penalizzano i grandi centri vanno corrette. Ma abbiamo dimostrato di saper trovare un punto di caduta, come nel caso dei criteri per le ristrutturazioni scolastiche, che erano sbagliate, sono il primo ad ammetterlo. Eppure calcare la mano creando una contrapposizione credo non abbia alcun senso. Bisogna lavorare per il bene delle nostre comunità, non per rivalse interne ai partiti. Il nostro sostegno al presidente De Caro non deve essere messo in discussione”.
Programmazione, capacità di spesa, personale, messa a terra dei capitoli di intervento. Le amministrazioni sanno che da qui al 2026 dovranno correre contro il tempo. “Perché il grande paradosso è che nei piccoli centri ci sono ampi spazi per intervenire, e però spesso si hanno a disposizione uno o due dipendenti. Ecco perché ai miei colleghi dico: attenzione. Stiamo guardando il dito e non la luna. Parliamo solo di risorse e non di problemi reali. Magari riuscissimo ad autorizzarle quelle risorse entro il 2026. Chiunque abbia a che fare con la complessità della macchina pubblica sa quanto è difficile portare a termine un’opera”.
Per questo, è la riflessione che scorre dietro alle parole del primo cittadino campano, esponente di Italia viva, bisogna salvaguardare quel clima che ha fatto percepire i sindaci come posti tutti dalla stessa parte della barricata. “Io non credo che esista un vero partito dei sindaci. Pur provenendo dai contesti più disparati, quello che ci accomuna sono le risposte ai problemi, visto che possediamo il dono della concretezza. La straordinarietà dell’Anci è che vengono trasferite le esperienze di tutti. Così chi amministra una cittadina di 800 abitanti può essere di insegnamento e da prone a quello di una città di 500mila. E i ruoli sono distribuiti al di là del numero degli abitanti o delle appartenenze partitiche. E’ chiaro che le grandi città, storicamente amministrate dal Pd, non hanno una prevalenza. Considererei grave se accadesse il contrario”.
L’altro grande tema emerso nelle ultime settimane è quale consistenza stia prendendo il fronte di chi auspica un terzo mandato nelle città. Un’altra delle micce che potrebbero surriscaldare la discussione all’interno dell’Anci. “Io sono favorevole nel caso di piccoli centri, dove trovare dei candidati che si assumano responsabilità a fronte di un guadagno irrisorio è sempre più difficile”, ci dice Buonajuto. “Ma per quanto riguarda le città sopra i 25 mila abitanti credo sia necessario aprire un dibattito. Senza impuntature, come abbiamo dimostrato di saper fare durante tutti questi anni. Soprattutto durante la pandemia. Siamo stati l’ultima vera sentinella sui territori, non dimentichiamocelo mai”.
L'editoriale dell'elefantino