l'intervista
"Il Pd non può lasciare a Salvini la battaglia sul garantismo", dice l'anti Emiliano
Il consigliere regionale pugliese Fabiano Amati: "Un partito di sinistra non può abdicare alle battaglie sulla giustizia. Rifugiarsi nel Parlamento? Se serve a schivare il problema e annacquare i quesiti lo considero un oltraggio"
Pur di sostenere i referendum sulla giustizia, si dice pronto a fondare il "comitato Democratici per il sì". Perché "le libertà e le garanzie sono valori illuministi. E una sinistra che abdica alle battaglie sulla giustizia è una sinistra che rinuncia a fare politica". E quindi il consigliere regionale pugliese del Pd Fabiano Amati, l'anti Emiliano della sua stessa maggioranza, sull'ammissione di cinque quesiti referendari da parte della Corte costituzionale, non ha dubbi. "Qualsiasi timidezza del Partito democratico sul tema non è tollerabile. Non si può lasciare a Salvini questa battaglia sul garantismo".
Consigliere perché condivide i referendum?
“Perché, giusto per fare un esempio, la separazione netta tra giudici e accusa, senza alcuna contiguità condizionata da carriere o vanità, è il fondamento della civiltà e del diritto. Diceva Sant'Agostino: togli il diritto e tutto diventa una banda di briganti. Sono soltanto dispiaciuto che ci siamo fatti sottrarre l'argomento dalla Lega. Ma questo non significa che l'argomento perda il suo contenuto di civiltà e di libertà”.
E però il Partito democratico ha già iniziato a bofonchiare che se ne dovrà occupare il Parlamento
“Il Pd è in Parlamento, se fa una riforma accogliendo il senso referendario ben fatto. Ma la questione è un'altra: cosa ne pensiamo di questi argomenti? Bisogna dirlo con chiarezza. Secondo me il Pd non può che dire sì ai quesiti referendari. E non è ammessa timidezza. All'interno di quei quesiti c'è un contenuto di civilità e di libertà secolare dell'Europa. La separazione delle carriere compare negli scritti dei padri della chiesa, che si schierarono contro le persecuzioni. Per cui anche la Chiesa cattolica dovrebbe schierarsi per il sì nella dimensione pastorale, per altro molto praticata da Papa Francesco. Trovo assurdo alla luce di tutto questo la timidezza del Pd”.
Eppure le prime reazioni dem sembrano di chi preferisce assumere un ruolo da spettatore
“E penso non abbia alcun senso. Nel Pd ci sono migliaia di persone che la pensano così, bisogna essere presenti. Significherebbe riconciliarsi con una storia di valori che le timidezze di questi ultimi anni ci hanno fatto dimenticare. Dirsi di sinistra e liberal democratici non vuol dire nulla se poi non lo si pratica”.
Si sta facendo tutto per salvaguardare l'alleanza con i Cinque stelle, che sono i più strenui oppositori dei referendum?
“Che uomini politici si può mai essere se si asseconda un'alleanza politica, per altro fondata su una dottrina incivile, ingiusta e totalitaria, lasciando sul campo centinaia di migliaia di persone in carne ed ossa che patiscono ingiustamente le deviazioni di questo sistema? Quanto vale un'alleanza rispetto a un potenziale distruttivo che si assume pur di preservare l'alleanza? E' tanto niente che non è nemmeno più politica. La manovra politica funzionale al potere non può essere un argomento per distruggere vite. Per altro questa opinione rimette in gioco una grande fiducia nella magistratura giudicante, la quale è posta in grande soggezione da questa prevalenza dettata da passioni dell'ufficio del pubblico ministero. Con la separazione si raggiunge anche il risultato di ridare valore alla sentenza. E apre all'altra grande separazione di carriera che ci vorrebbe in Italia. Quella tra pm e giornalisti. Ma qui purtroppo non c'è alcuna ortopedia referendaria che lo possa trasformare in quesito. Mi sembra di dire cose così ovvie che stento a credere ci possa essere un dibattito, in un paese in cui la cultura giuridica è imperniata sul cristianesimo. Trovo abbastanza curioso che uno come Salvini, carente di cultura biblica, possa imbroccare la dimensione culturale più profonda dell'Italia che è fondata sulle radici giudaico - cristiane”.
Eppure il leader della Lega l'ha già rivendicata come una vittoria personale. Non è un'ulteriore concessione all'avversario?
“A maggior ragione non non ci dobbiamo limitare ad aprire i comitati democratici per il sì, ma dobbiamo andare oltre: facciamo un Pd per il sì. Andiamo nelle piazze, mobilitiamoci, organizziamo conferenze e convegni. Perché l'argomento giustizia attraversa e condiziona tutti gli ambiti della vita umana. Un partito che non sia fortemente mobilitante negli ambiti della giustizia è un partito che abdica a tutti gli argomenti della politica. Dire stiamo in Parlamento non è una risposta al quesito referendario. Perché se fai la riforma non c'è il referendum. Se invece il Parlamento deve essere pensato per annacquare o schivare un problema che esiste o perdere tempo, è un oltraggio alla funzione del Parlamento stesso”.
Come differenziarsi però dalla Lega nell'eventuale campagna referendaria?
“Quello distintivo è un argomento molto politicista, che rischia di disperdere il merito. Lo dico con Ignazio Silone: noi ci occupiamo della condizione umano o degli ingranaggi che regolano la condizione umana? Se sei un partito di sinistra guardi le cose dalla prima prospettiva”.
Ha visto che il capogruppo dem in commissione Giustizia Bazoli ha detto che l'intervento della Consulta è stato fatto con l'accetta?
“Quello di Bazoli è un giudizio politico. Valutare l'intervento della Corte solo perché non è stata un'espressione di comodo rispetto alle proprie timidezze mi pare quanto meno irriguardoso dell'ordinamento costituzionale italiano”.