L'intervista
"Difendiamo Draghi. Il Pd sia il perno di questa maggioranza". Parla Marcucci
"Noi costruttivi e responsabili, ma l'esecutivo si faccia carico del confronto con i gruppi. Sui referendum apriamo un grande confronto, sia il Parlamento a fare le riforme sulla giustizia. Bettini? Un governo Pd-Lega impossibile al di fuori dell'emergenza", dice il senatore dem
Dice di essere “ottimista”, rispetto alle prossime sfide del Pd e del governo. Ma, specifica subito con una battuta, è un “ottimismo immotivato”. Perché la cronaca politica e quella internazionale non permettono particolari entusiasmi e Andrea Marcucci ne è consapevole. Per esempio a causa delle tensioni parlamentari delle ultime ore che hanno portato i democratici ad arroccarsi in difesa del premier: “Condivido totalmente la linea e credo che il Pd faccia bene a intestarsi il ruolo di partito perno della maggioranza”, spiega al Foglio il senatore. “Abbiamo sottolineato più volte il valore di Draghi e nell'interesse del paese siamo al suo fianco”. Una posizione su cui i dem sono “sostanzialmente compatti”, assicura. E argomenta: “Ci sforziamo di fare da collante. In maniera costruttiva e responsabile. Poi, certamente, su temi specifici ci possono essere delle critiche e delle polemiche, ma sempre costruttive”.
Non certo come quelle sul decreto Milleproroghe quando il governo è stato messo in minoranza, con la Lega che ha votato insieme all'opposizione. “Io credo, lo dico con grande rispetto, che questa situazione confermi come lo stato confusionale della leadership del Carroccio non si sia ancora concluso, dopo le complicate vicende del Quirinale. Lo scontro sui consensi con la Meloni ha procurato questa fibrillazione che non permette alla Lega di essere un consistente pilastro dell'asse di governo”, è la lettura di Marcucci, che però rispetto alla nottataccia del governo non fa drammi. Al massimo qualche preoccupazione, da inserire nella giusta dimensione: “Perché un decreto come questo non può essere il motivo di una crisi, da sempre sul Milleproroghe si sono riversate tensioni e complicazioni”. E questa volta non è andata diversamente. E poi, continua Marcucci: “Credo che anche a Palazzo Chigi non abbiano alcun vantaggio a drammatizzare, abbiamo un anno scarso di legislatura, e ci sono alcune priorità, dalla giustizia al caro bollette, che dobbiamo gestire nel miglior modo possibile”.
La via più sicura, “è che il governo si faccia carico di un confronto parlamentare che sia fattivo e inclusivo e che quindi non porti a situazione impreviste, o imprevedibili, come alcuni dei voti parlamentari a cui abbiamo assistito”. Una critica che non ha un destinatario diretto ma che, specifica Marcucci, “rivolgo a tutti i ministri affinché siano più presenti, perché non basta mandare un provvedimento in aula per mettersi a riparo dai rischi di ordine parlamentare”.
Tanto più quando si affrontano temi complessi come la giustizia e i relativi quesiti referendari, che rischiano di scuotere la geografia dei partiti, anche al loro stesso interno. Un punto sul quale il Pd non sembra ancora aver trovato la quadra. “Io credo che per prima cosa i quesiti vadano compresi bene, nei loro effetti e nelle conseguenze giuridiche. Detto questo, dobbiamo aprire un confronto interno, e poi anche esterno, per fare in modo che, sulla giustizia, le riforme le faccia il Parlamento”, dice ancora Marcucci. Che mette in chiaro: “Non posso accettare che ci sia qualcuno che dica: noi siamo contro i referendum, a prescindere. Questo oggettivamente va al di là della mia sensibilità liberale e dell'approccio che alla fine deve assumere anche il Pd”.
Un aspetto, quello della sensibiltà liberale, che potrebbe risultare decisivo anche nel 2023, quando si tornerà alle urne e si dovrà formare un nuovo governo. E questa volta non di emergenza nazionale, ma magari con una nuova legge elettorale. “Penso che nella situazione attuale, una legge proprorzionale con una soglia di sbarramento adeguata, possa essere una soluzione intelligente e utile per il paese. Mi rendo conto che è complicato ma mi auguro si arrivi lì, e con un coinvolgimento largo”, è il ragionamento del senatore. Anche Goffredo Bettini, ritiene che questa sarebbe la scelta migliore. E proprio su queste pagine ha teorizzato che all'estremo, anche un governo Pd-Lega, sul modello del contratto alla tedesca, possa essere una soluzione percorribile, così da mettere fuori gioco l'”illiberale Meloni”.
Marcucci è d'accordo? “Per me è impossibile vedere, fuori dall'emergenza, un coinvolgimento della Lega. Credo che la loro indole antieuropea e sovranista sia latente ma ancora presente e in maniera forte. Auspico invece una maggioranza che abbia un collante politico e culturale ben più forte dell'attuale”. Insomma, occorre guardare al centro: “Ovviamente – dice il senatore – pensiamo all'area liberal-democratica, quindi Italia viva, Azione, Più Europa e penso anche a componenti liberali che provengono dal centro destra”. Una sorta di riedizione, in scala nazionale, del modello Ursula che vide anche il coinvolgimento del M5s. Un passaggio che in qualche misura anticipava il governo rossogiallo. “Reputo l'esperienza del Conte bis, vista la situazione, positiva sia per grillini che per il Pd, di maturazione reciproca. Negli ultimi mesi tuttavia ho visto anche un arretramento delle posizioni pentastellate, una nuova radicalità, forse dovuta a questioni di consenso interno”, è il giudizio dell'ex capogruppo in Senato, che ritrova, in chiusura, l'ottimismo iniziale: “Sono fiducioso che una volta superati i conflitti interni, il percorso di maturazione possa riprendere. E se così fosse non vedo perchè non si possa continuare a governare con il M5s, in una chiave europeista e riformista”.