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L'utile serietà di un primo della classe, Carlo Calenda

Giuliano Ferrara

Azione a congresso è una buona notizia per tutti. Lui però dovrebbe forse piantarla con l’odio per i grillini: sarebbe un omaggio duttile allo stato di necessità e alle logiche di coalizione

Ce l’hanno in tanti con Carlo Calenda, io no. Certo che è un primo della classe, però in un mondo in cui è sovrano e sovranista un certo analfabetismo di ritorno. Certo che è petulante, ma il lavoro della politica è anche quello, se non sei un comunicatore negativo come Moro e Draghi, per dire delle democrazie liberali, o come Stalin, e ce ne sono pochi, di questi ultimi direi per nostra fortuna. Certo che fa spesso a pugni con sé stesso, con gli altri, vicini e lontani, qualche volta con le leggi e leggine e costanti della politica. Narcisista anche, spesso temperato dall’autoironia, perfino sui social. Figlio di buona famiglia, padre esemplare precocissimo e ormai maturo e gioioso, sposo tremendamente innamorato, non mi sembrano ancora reati penali o questionabili deviazioni dall’etica.

Bisogna dire che sa di che cosa parla o riesce sempre a restituire l’apparenza del non parlare a schiovere. Ha un quadro di criteri culturali limitato, dunque universale come tutti noi limitati.

Gli manca empatia, nel senso di demagogia? Honni soit qui mal y pense. Non è invidioso, magari strafottente, talvolta in modo un poco imbarazzante. Ma non annoia. Incuriosisce piuttosto. Tratta gli ultimi e i primi delle cordate sociali con la considerazione dell’intelletto, manca di cuore, hai detto niente, non mi sembra un difetto per chi sia votato alle soluzioni invece che alle visioni. Risulta un peso leggero, come pugile, ma non è il re dei colpi bassi, e la categoria dei leggeri annovera campioni.

 

Da quando ha raccolto fondi puliti, che si trovano dove si trovano, e si è candidato sindaco di Roma, ha fatto una campagna elettorale precisa e frenetica, costosa in lavoro e fatica, generatrice di entusiasmi, ha compiuto con il suo gruzzolo del venti per cento a sorpresa un deciso salto di categoria, come politico se non come pugile. Non mi sembrava per nulla un capo, lo vedevo come un uomo di governo legato al carro dei partiti, una carta per loro e niente più. Invece è ottimista, testardo, e mentre tutti parlano di far rinascere nella legittimità partiti parecchio sputtanati, ecco che decide di farne uno suo di bel nuovo sempre in nome della serietà, che non mi è in sé simpaticissima ma la trovo utile.

Perfino il venti per cento dei romani miei compatrioti ha votato “serio” appresso a lui, una cosa imprevedibile, quasi un broglio elettorale. Ora avremo un nuovo partito orgoglioso della sua direzione nazionale, dei suoi comitati provinciali e regionali, del suo leader che promette di essere itinerante, costruttore, militante come una volta. Che male c’è? Non è una buona notizia per tutti? Certo esiste il problema dello spazio politico, del territorio di caccia al consenso, le élite sembrano al posto d’onore mentre il popolo guarda bellianamente i signori della casta, e una regolarità della democrazia, la sua negazione in termini, è la demagogia. Qui Calenda arriva ultimo. Dovrebbe forse piantarla con l’odio teologico originario per i grillini, ormai italiani brava gente che non può far male a una mosca. E’ un mio punto di vista personale, credo che sarebbe un omaggio duttile allo stato di necessità, e alle logiche di coalizione che sono la dannazione per un principe nuovo che cita Machiavelli per consegnarlo al Cinquecento (piccolo errore).  

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.