Manlio di Putin, la conversione del grillino Di Stefano

Luciano Capone

"Ucraina stato fantoccio degli Usa", "Colpo di stato dell'Occidente", "Russia circondata dalla Nato". Per anni il sottosegretario agli Esteri del M5s ha diffuso la peggiore propaganda filorussa, ora pare aver cambiato idea. Ma non ha mai speigato quando e perché

Oggi che si  allineato alla ferma condanna della comunità internazionale per la decisione di Vladimir Putin di riconoscere le repubbliche separatiste di Donetsk e Luganks edi inviare le truppe sul territorio ucraino, il sottosegretario agli Esteri del M5s Manlio Di Stefano approva le sanzioni contro la Russia dicendo: “Nessuno può certamente definirmi antirusso, semplicemente non ho pregiudizi e l’ho sempre dimostrato coi fatti anche attirando critiche strumentali”. Quello di Di Stefano è un eufemismo, perché per anni è stato più putiniano di Putin. 


Non si tratta di un’esagerazione polemica nei confronti dell'esponente di pinta del M5s. Oggi Di Stefano dice che la linea della Russia “rappresenta un passaggio purtroppo irreversibile della crisi in corso e, oltre a determinare il collasso degli Accordi di Minsk, costituisce un attacco frontale alla sovranità e all’integrità territoriale dell'Ucraina”, la versione ribadita dal governo italiano, dall’Ue, dagli Stati Uniti e dalla Nato. Ma nel 2016 la linea di Di Stefano era la stessa del Cremlino: il vice del ministro degli Esteri Luigi Di Maio definiva l’Ucraina uno “stato fantoccio della Nato (Usa e Ue)”. Parlando del referendum olandese sul trattato europeo con Kyiv, Di Stefano diceva che le persone hanno “iniziato a comprendere chiaramente quello che è accaduto nel Donbass, a Kiev e in Crimea. Hanno capito che il colpo di stato in Ucraina nel febbraio del 2014, finanziato dall’Ue e dagli Usa, non è quello che la ‘libera’ informazione ha venduto: una grande battaglia di libertà e di democrazia. E’, invece, il creatore di un mostro istituzionale senza precedenti, un governo composto da convinti neo-nazisti e la peggior tecnocrazia finanziaria internazionale”. Sempre nel 2016 volò a Mosca per rappresentare il M5S al congresso di Russia Unita, il partito di Putin. 

 

  

L’anno prima, nel 2015, annunciando un viaggio in Crimea dopo l’annessione a Mosca, scriveva sul blog di Grilo che “l’Europa non è indipendente. Gli Stati Uniti stanno trascinando l’Ue in una crociata contro la Russia, che contraddice gli interessi storici del nostro continente”. E proseguiva: “L’attivismo Usa in Ucraina e la crescente militarizzazione dell’est Europeo, dove la Nato gioca alla guerra con il Cremlino, sono sempre più intensi e alimentano una guerra, per ora fredda, che presto potrebbe diventare molto calda”. Naturalmente il M5s si opponeva alle sanzioni europee alla Russia per l’annessione illegale della Crimea: “Crediamo che sia importante ristabilire un contatto tra l’Italia e la Russia. Noi andremo lì a ristabilire questi contatti, a fare quello che il nostro governo non è in grado di fare”, dichiarava Di Stefano all’agenzia del Cremlino Sputnik parlando del viaggio in Crimea.


Nello stesso periodo rilanciava la tesi, tipicamente putiniana, di una Russia accerchiata dall’espansionismo militare della Nato: “Putin circondato”, era il titolo di un suo scritto sul blog di Beppe Grillo. “L’Ucraina è stata prima violata con un vero e proprio colpo di stato ad opera dell’Occidente – scriveva –, poi si è rimpiazzata la sua amministrazione con una vicina agli Usa e, adesso, la si vuole trasformare in una base Nato per lanciare l’attacco finale alla Russia”. Esattamente le stesse argomentazioni usate da Putin per giustificare l’invasione dell’Ucraina.


Nell’ottobre del 2016, Di Stefano accusava l’attuale segretario generale della Nato Jens Stoltenberg di voler provocare una “guerra nucleare” contro la Russia. “Jens Stoltemberg (sic!) è il Segretario di un’organizzazione che sta facendo di tutto per arrivare a questo punto di rottura – scriveva il sottosegretario agli Esteri –. La Nato si prepara alla guerra contro la Russia per forzare l'ingresso dell’Ucraina nell’Organizzazione e per gli interessi egemonici mondiali degli Usa". Nello stesso post, proseguiva dicendo che l’Italia avrebbe dovuto mettere in discussione “la presenza di tutte le decine e decine di basi militari Nato e Usa presenti sul nostro territorio”.

 

Nel 2017, il responsabile esteri del M5s organizzò un convegno dal titolo “Se non fosse Nato” in cui si parlava apertamente di un’uscita dell’Italia dall’Alleanza atlantica, un’organizzazione che “ha di fatto perso il motivo alla base della sua esistenza”, scriveva Di Stefano, perché era uno “strumento di aggressione per il perseguimento di tre obiettivi strategici degli Stati Uniti: mantenere il dominio militare in Europa, controllare qualsiasi possibile rinascita della Russia e avere ‘il cappello’ da utilizzare per tutti gli interventi bellici in cui si è voluto ‘esportare la democrazia’ e i diritti umani”. Questi concetti non sono le bizzarrie di un singolo deputato, ma la linea del M5s: “La miopia della politica estera italiana, dell’Ue e dell’Amministrazione Obama – recita il programma elettorale del 2018 – non ha permesso di cogliere i timori della Russia e interpretare le azioni di Mosca come volte al mantenimento della sua sfera d'influenza nello spazio ex sovietico a fronte del progressivo allargamento della Nato”.


E’ noto che solo i cretini non cambiano idea, e figurarsi se non possa farlo Di Stefano. Il punto non è cambiare posizione, soprattutto quando lo si fa per andare nella direzione giusta, ma motivarne le ragioni quando accade in maniera così netta e si occupano posizioni di responsabilità al governo. Insomma, Di Stefano dovrebbe spiegare quando e come ha capito che non ci aveva capito niente.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali