Lega e Russia Unita: così Salvini resta ancora alleato di Putin
L'accordo tra il Carroccio e il partito del leader russo è ancora in vigore, e si rinnoverà automaticamente il 6 marzo per altri 5 anni. Fontana sminuisce: "Non è mai entrato davvero in funzione". Ma parlamentari ed europarlamentari chiedono un chiarimento
Adesso mettono subito le mani avanti. “Ma è solo una formalità, non è mai entrato davvero in vigore”. Leggono perfino una clausola del contratto: “Il presente accordo non è legalmente vincolante ed è solo una manifestazione di interesse delle parti nella interazione e cooperazione”. Insomma, dal cerchio dei fedelissimi di Matteo Salvini sminuiscono la portata del patto tra la Lega e Russia Unita, il partito di Vladimir Putin. Usano insomma toni ben diversi da quelli con cui, il 6 marzo 2017, il segretario del Carroccio celebrava, con tanto di post su Facebook, il lieto evento: “Storico accordo questa mattina a Mosca fra Lega e Russia Unita di Putin, rappresentato dal responsabile esteri, Sergey Zheleznyak”.
Tutto da liquidare come l’ennesima capriola diplomatica di Salvini (il super trumpiano che promuoveva, col suo sottosegretario al Mise, la Via della Seta con la Cina; il draghiano alleato in Europa con chi definisce Draghi un burocrate corrotto e affamatore di popoli; il filorusso che si vota all’atlantismo). Sennonché in questo perenne strambare, in questa continua confutazione di sé, anche lui è finito con l’inciampare nelle sue contraddizioni. E così, nel momento in cui l’Italia, l’Unione europea e la Nato dichiarano aperte le ostilità a Mosca, nel momento in cui la condanna all’aggressore Putin è unanime e trasversale in tutto l’occidente, Salvini si ritrova incastrato in un’alleanza col partito del leader del Cremlino. Un’alleanza che dura tutt’ora, e dalla quale la Lega sembra impossibilitata ad affrancarsi.
Sì, perché tra gli impegni conclusivi redatti in calce all’accordo con Russia Unita ce n’è uno che recita così: “Il presente accordo entra in vigore all’atto della firma dei rappresentanti autorizzati delle Parti e ha una validità di 5 anni. L’accordo è automaticamente prorogato per successivi periodi di cinque anni, a meno che una delle Parti notifichi all’altra Parte entro e non oltre 6 mesi prima della scadenza dell’accordo la sua intenzione alla cessazione dello stesso”. Insomma: l’accordo il 6 marzo prossimo l’accordo si rinnoverà automaticamente, a meno che nei passati 6 mesi qualcuno non abbia provveduto a comunicare la propria volontà di recedervi. “Cosa che non è successa, ci dicono, perché in fondo l’accordo non è mai entrato legalmente in funzione”: questa è stata la spiegazione che alcuni parlamentari leghisti si sono sentiti offrire, di fronte alle richieste di chiarimento, dal responsabile Esteri del partito, il vicesegretario Lorenzo Fontana. (Lo stesso che, venerdì scorso, nel suo intervento alla Camera, pur esprimendo una “ferma condanna” all’aggressione da parte della Russia ai danni dell’Ucraina, ha poi criticato l’Italia e l’Europa colpevoli, a suo dire, di “aver fatto sentire l’orso in gabbia”. La retorica dell’accerchiamento Nato ai danni di Mosca: in piena sintonia con la propaganda putiniana.)
E però, le spiegazioni di Fontana non sono parse del tutto soddisfacenti. E lo si capisce non soltanto dalla fermezza con cui deputati del Carroccio come Matteo Bianchi o Paolo Formentini, consultati sul tema, spiegano che “sarebbe del tutto fuori luogo rinnovare questo o qualsiasi altro accordo con Russia Unita, in un momento del genere”. Ma anche dal fatto che, tra gli europarlamentari del Carroccio, c’è chi ha già fatto sapere che vorrà porre il tema durante la riunione della delegazione leghista a Bruxelles, prevista in settimana. Anche perché, tra i punti che Salvini citava come dirimente, all’epoca della stipula dell’accordo tra Lega e Russia Unita, c’era anche “la fine delle sanzioni contro la Russia”. E forse non è la cosa più opportuna da chiedere, in questo momento.