Il personaggio

In viaggio con Salvini: voleva partire per la guerra all'Isis, ora sogna il blitz in Ucraina

Intanto il New York Times lo accusa per i legami con Putin: "Non sono ricattato, mai preso un rublo"

Simone Canettieri

Digiuna, auspica una marcia nei territori bombardati con il Papa e intanto studia una missione di pace sul campo: "Sono pronto a rischiare"

Nel 2015 annunciò con tono perentorio: “La guerra all’Isis? Sono pronto a partire anche io. Ho fatto un anno di servizio militare,  ma farei tutto quello che c’è da fare per difendere il futuro dei miei figli e la pace”. Alla fine però, fra una cosa e l’altra, Matteo Salvini si dimenticò di andare in Siria e in Libia. Ma attenzione: dopo sette anni, il leader della Lega si sente di nuovo abile e arruolato. Ma come “combattente della pace”. Nessuna ironia: non ha in mente di citofonare al Cremlino (“scusi, lei bombarda?”) e nemmeno è pronto a gesti estremi ed eroici come quello di Jan Palach a Praga.

E’ pronto ad andare in Ucraina. Lo annuncia in una conferenza stampa che inizia con la presentazione di un sondaggio lampo di Ipsos sul sentimento degli italiani nei confronti della guerra (campione consultato: cinquecento persone). Sicché spiega che la pace è meglio invocarla in presenza e non a distanza. Dunque vuole esserci. Magari “per l’otto marzo” in onore delle donne che scappano. Magari “con il Papa se il Santo Padre lancerà una manifestazione in quella terra”. E’ il Salvini pacifista e arcobaleno.  Ieri anche “a digiuno”   per ingrassare la pace: piccolo fioretto dopo anni di foto sui social con la Nutella. Il leader della Lega si mette a disposizione. Pronto a rischiare, confessa. “Pur di fermare le bombe che chiamano bombe”. E mentre lo dice chissà si ispira allo studente  di piazza Tiananmen che si frappose davanti ai carri armati? Ha in mente una missione a Leopoli. “Ma prima sentirò il nostro ambasciatore”. 
Ormai a Salvini gira così: marcia della pace e digiuno. E quindi immaginario della sinistra più innesti radicali. Dice inoltre di parlare con tutti (Vaticano, ambasciatori, governo) e di scrivere a tutti (“Ho scambiato messaggi con il premier polacco Mateusz Morawiecki e con quello ungherese Viktor Orbán”).

E’ operativo per i corridoi umanitari. E intanto vuole andare sul campo a frapporsi “fra le bombe e l’Ucraina”. I parlamentari leghisti nel pomeriggio leggono queste dichiarazioni e scuotono la testa. In diversi fanno il gesto di cucirsi la bocca per tacere, specie quelli del nord. Anche perché intanto domani mattina li ha convocati per mandarli in guerra contro il governo sulla riforma del catasto. C’è un po’ di spaesamento. Ma poi la faccenda diventa più complicata appena Salvini è alle prese con i fantasmi di Vladimir Putin, con i legami fra il Carroccio e Russia unita. “Io ricattato? Sono libero, le cose che faccio le faccio in libertà, magari sbagliando, ma non ho mai preso un dollaro, un rublo da nessuno”, risponde con un pizzico di stizza. E’ il giorno in cui il New York Times in prima pagina lo cita fra i fan di Putin costretti in queste ore a contorcersi in compagnia di Marine Le Pen ed Eric Zemmour, del populista britannico Nigel Farage e di Alexander Gauland di Alternative für Deutschland. E alla fine si torna sempre all’hotel Metropol, ai presunti affari di Gianluca Savoini. “Da anni la procura cerca cose che non esistono, tanto che non le trova. E comunque Putin sbaglia: è l’aggressore”. Ma in questa svolta mistica-arcobaleno (via le bombe, dentro i tulipani) il leader della Lega dice di sentirsi a proprio agio. Anche se è irriconoscibile: “La Germania aumenta le spese militari? La cosa mi preoccupa: sa com’è, quando sento parlare di esercito tedesco, tranquillo non sto”. La fuga di Salvini ormai è solitaria, lascia interdetti tutti. “Ma sarebbe bello se anche gli altri leader mi seguissero: tutti in marcia”. Intanto vuole portarsi dietro una delegazione di sindaci. 
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.