Il retroscena

Meloni osserva Salvini sull'Ucraina e i leghisti le chiedono asilo politico

Smarrimento fra le truppe salviniane, in tanti chiedono rifugio alla "Capa" della destra, sempre più atlantista. Un particolare non da poco

Simone Canettieri

La leader di Fratelli d'Italia alla convention di Palermo vuole annunciare l'arrivo di alcuni parlamentari del Carroccio radicati sul territorio

Riunisce i parlamentari leghisti alle 8.30 di mattina. E dice loro “di essere portatori di pace”. Attacca Mario Draghi (“l’Italia è assente dalla mediazione”) e Giorgia Meloni (“lei  parla  di guerra, io no”). Poi Matteo Salvini carambola all’ambasciata ucraina: mazzo di tulipani. Tac. Conferma la guerra al governo sul catasto, ma pure che vuole andare fra le bombe. Nel pomeriggio esulta dal cimitero di Palermo: il gip di Bologna ha archiviato la citofonata al quartiere Pilastro del 2020 (“scusi, lei spaccia?”).

    

Meloni tace. Gli sta preparando uno scherzetto. La leader di Fratelli d’Italia, tornata dalla convention in Florida dei Conservatori, è stata ricevuta all’ambasciata americana a Roma dall’incaricato d’Affari ad interim Thomas Smitham (stessa sorte dopo qualche ora per l’ex segretario Pd Nicola Zingaretti). Per Meloni è un segnale chiaro nei confronti di Matteo Salvini. Più di qualsiasi lite da ballatoio. Anzi i due hanno interrotto le comunicazioni. Non si parlano. In vista delle amministrative, la linea di FdI è chiara: nessun tavolo regionale, se ci sono gli accordi nelle città bene, altrimenti non bisogna avere paura di andare da soli. Due casi eclatanti su tutti: Verona e Palermo. Ma proprio in Sicilia, dove si voterà anche per le regionali, Meloni è pronta a mandare nuovi messaggi al leader della Lega. 

  
Per tre giorni, a cavallo fra fine aprile e il 1° maggio, Fratelli d’Italia celebrerà la sua conferenza programmatica a Palermo. Sarà l’occasione per lanciare la candidatura a sindaco della deputata Carolina Varchi e proporre il bis del governatore Nello Musumeci (due scelte che vanno in senso opposto rispetto alle mosse leghiste: ieri Salvini si è visto con Gianfranco Miccichè e Raffaele Lombardo). Ma la tre giorni, che servirà a FdI a proporsi come forza di governo, avrà anche un altro programma: l’ingresso nel partito di una pattuglia di parlamentari leghisti.

  

Quasi tutti eletti al nord e radicati sui territori. Non più di cinque. Anche se nel Carroccio sono in tanti a citofonare a Giorgia Meloni. La linea della “Capa” è: nessun peones, solo gente che ha i voti. L’operazione, che il Foglio è in grado di anticipare, ha solo una subordinata: la presentazione dei nuovi acquisti dipenderà da quando si voterà alle prossime amministrative. Se si voterà il 28 maggio non ci saranno problemi, perché le candidature nei comuni vanno depositate un mese prima. Se invece il Viminale stabilirà come data del voto l’11 giugno i nuovi innesti potrebbero non svelarsi per evitare ritorsioni nelle regioni di appartenenza. Dettagli. Ma l’operazione “svuota Salvini” è partita. Nei gruppi parlamentari del Carroccio in questi giorni regnano i malumori.

 

Molti parlamentari non capiscono, e non seguono, le mosse del fu glorioso Capitano. Riccardo Molinari, che è il capogruppo del Carroccio alla Camera, è diventato una specie di ufficio reclami. Sono in molti ad andare da lui e a chiedergli: perché?

 

La linea di Salvini sull’Ucraina non è di facile comprensione. I fantasmi su una certa passione per Vladimir Putin affiorano a intervalli regolari. La consapevolezza che con i sondaggi attuali alla mano e il taglio dei parlamentari che verrà i posti saranno pochi per tutti fa il resto. Come sempre i mugugni non sono mai vestiti in Via Bellerio e quindi nessuno ci mette il nome e il cognome. E però il pessimismo e la voglia di cercare fortuna altrove è palpabile. Meloni in questo senso è un porto sicuro e, dettaglio non banale, filoatlantista. Salvini gioca ad accomunarla a Letta. Ma forse non sbaglia. Perché entrambi, da destra e da sinistra, puntano a essere i prossimi candidati premier dei rispettivi schieramenti. Con tanti saluti a partner junior (di Lega e M5s).  

 

Il capo del Carroccio sa tutto, o forse no. O forse non ci pensa. Ha la testa sull’Ucraina, certo. Ma non disdegna la guerra lampo a Draghi sul catasto. Dopo una giornata fittissima, degna di un film fantasy, ecco che compare su Twitter: “L’Italia vuole la Pace, tutta la politica deve unirsi con un’unica priorità: fermare la guerra, salvare vite e tornare alla pace. Finché le armi spareranno, basta polemiche e divisioni”. Nessuno osa più nemmeno disturbarlo.
      

Di più su questi argomenti:
  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.