Il Donbas del premier
Draghi negozia con l'Europa ma è accusato di essere marginale sull'Ucraina
Si apre uno spiraglio sul codice degli appalti
Impegnato sul dossier energia, il premier deve vedersela con l'accusa di marginalità nelle trattative sull'Ucraina. La maggioranza balla ancora sul catasto. Si prepara il vertice di Versailles dove si prevede un Pnrr energetico e nuove sanzioni contro la Russia
Gli hanno cambiato la qualità. Non è più “potere forte” ma “rammollito”, non è “migliore” ma “snobbato”. E in politica estera è “marginale” mentre sul gas è “tiepido”, sulle sanzioni “attendista”. Attenti, non è il vecchio pianto italiano, il lamento dei “non contiamo nulla”, “siamo i Calimero d’Europa”. E’ una forma più sofisticata di fuoco amico contro Mario Draghi.
Lo vogliono provocare come facevano i sacerdoti del Sinedrio che pretendevano il miracolo: “Dimostralo, se sei davvero quello che dici”. Si sta assemblando una nuova divisione, oltre quella degli “incatastati”, gli hezbollah del catasto, (Lega, Forza Italia, FdI) le milizie che ancora ieri, in Commissione Finanze, hanno lottato contro Draghi. La novità è che ne è apparsa una nuova. E’ la “fanteria Kissinger”, i professionisti delle relazioni internazionali. Ne fanno parte giornali inconsolabili, i diplomatici da Risiko.
Vogliono processare il premier per “lateralità”, gli rimproverano perfino il mancato incontro con il suo omologo polacco Mateusz Morawiecki. Era previsto per oggi ma sarà riprogrammato. A Bruxelles, lunedì, la colpa era invece “che i grandi si riuniscono senza l’Italia”. La telefonata con Zelensky “non è stato solo un qui pro quo”. E la domanda che viene formulata è “perché l’Italia non è al centro dei negoziati”? Raccontano che la celerità italiana nel congelare i patrimoni degli oligarchi russi sia stata derubricata a ratifica delle sanzioni mentre il paziente lavoro di diversificazione delle fonti energetiche, la battaglia di Roberto Cingolani e di Luigi Di Maio, un normale alziamo le mani, il “ci rimettiamo all’Europa”.
Di vero è che Draghi più volte, in Europa, sedendosi ai tavoli, dicono che è come se si fosse reso conto di un ritardo nell’acquisizione dei dossier, di non possedere le informazioni di Francia e Germania. Equivale a intelligence nazionale, difesa avanzata. C’è insomma una debolezza Italia che è però sempre quella antica e che non si accorcia con il blasone di Draghi, con il suo patrimonio di credibilità. E’ un’insufficienza che si è cercato di compensare con il passaggio di Elisabetta Belloni dalla Farnesina ai Servizi. Ma è anche la vulnerabilità di una nazione che rischia di dover tornare al carbone.
Ecco perché era molto di più che un’invettiva alla memoria la frase “è stato imprudente non aver diversificato le fonti di energia” che Draghi ha pronunciato il 25 febbraio in Parlamento. Come ha spiegato l’ambasciatore a Bruxelles, Pietro Benassi, alla Commissione Affari Esteri e Politiche Ue, in un’audizione che si è tenuta ieri alla Camera, “bisogna prepararsi a nuove sanzioni europee nei confronti della Russia”. Al vertice di Versailles tra i capi di stato Ue, da giovedì a venerdì, si discuterà di questo e si potrebbe ripetere il miracolo Pnrr sul lato energetico.
Si studiano compensazioni sotto forma di euro bond, si fisserà il tetto al prezzo e il Pnrr stesso potrebbe essere allungato fino al 2030. Oltre al Gnl, gas naturale liquefatto, l’altra grande fonte di energia su cui si vuole puntare è l’idrogeno mentre per intervenire sul caro energia potrebbe passare, in sede comunitaria, la tassazione sugli extra profitti delle società che producono energia.
Oggi Draghi risponderà a tutte le domande del Parlamento in un question time. In Senato si voterà invece il codice degli appalti. I capigruppo di maggioranza avevano proposto al governo 6 emendamenti al testo. Si è trovato l’accordo su quattro. Uno è a firma di Salvatore Margiotta del Pd. Riguarda l’obbligo della revisione dei prezzi nei contratti. E’ il risultato dei negoziati del “soprasegretario” Roberto Garofoli, del ministro Federico d’Inca, e della sottosegretaria Teresa Bellanova. Sono loro i “rigassificatori” di governo. Le centrali che in questo momento raffinano la materia parlamentare.