A Firenze per Kyiv e per cancellare la neutralità di piazza San Giovanni

Luciano Capone

“Stand with Ukraine”. Pizza Santa Croce dovrà riscattare l'immagine dell'Italia uscita dalla manifestazione di Roma, cambiando i colori (giallo e azzurro anziché rosso) e le parole d'ordine (sostegno anche militare alla resistenza ucraina anziché "disarmo e neutralità attiva")

Sabato Firenze sarà il fulcro delle manifestazioni contro la guerra in Ucraina, che si terranno in oltre 100 città italiane e straniere. E si spera che piazza Santa Croce riuscirà a riscattare l’immagine del paese uscita fuori dalla manifestazione della scorsa settimana a piazza San Giovanni a Roma. A partire proprio dai colori. Perché se dall’inizio dell’invasione russa tutte le piazze, da Vancouver a Bangkok, passando perle principali città europee, sono state inondate di giallo e di azzurro, i colori nazionali dell’Ucraina, a Roma non è stato così. Il colpo d’occhio della manifestazione pacifista di Anpi e Cgil mostrava un’onda di bandiere rosse, del sindacato o di qualche sigla comunista, inframezzate da bandiere arcobaleno. Era più semplice scorgere l’immancabile stendardo sardo con i quattro mori che una bandiera dell’Ucraina.

 
E d’altronde, la manifestazione di Roma non era strettamente fatta in solidarietà dell’Ucraina. A differenza di tutti gli altri cortei nelle città europee e mondiali che marciavano sotto l’insegna “Stand with Ukraine”, quella di piazza San Giovanni non riportava il nome del paese invaso ma un generico “Europe for peace”. Almeno da questo punto di vista, la manifestazione di sabato a Firenze si è allineata al messaggio che viene dal resto del mondo, il cui titolo è “Cities stand with Ukraine”. Ma a cambiare, oltre al titolo e ai colori del corteo, devono essere le parole d’ordine. “Vogliamo il cessate il fuoco – diceva la manifestazione di Roma – Chiediamo una politica di disarmo e di neutralità attiva”, che non si sa bene cosa voglia dire. O meglio, in un contesto in cui una grande potenza ben armata come la Russia invade e devasta una piccola nazione che resiste chiedendo aiuto come l’Ucraina, opporsi all’invio di armi e parlare di neutralità vuol semplicemente dire lasciare mano libera a Putin.

 
Si spera invece che a Firenze risuonino le parole di libertà di Tbilisi, capitale di quella Georgia che ha già subìto il “trattamento Putin”, dove si protestava contro l’inadeguato sostegno del governo georgiano alla resistenza ucraina. O le parole, chiare, della manifestazione di Berlino a Bebelplatz, la piazza del “rogo dei libri” nazista: “L’attacco di Putin all’Ucraina è l’attacco a un paese che è storicamente, linguisticamente e culturalmente un’Europa in miniatura. Kyiv, Odessa, Leopoli e Kharkiv sono metropoli europee sopravvissute a tutte le catastrofi del XX secolo, prima quella dello stalinismo, poi quella del dominio tedesco. Ora guerra e terrore sono tornati in Ucraina”.

 

Generalmente in nessuna città del mondo si è protestato contro gli aiuti militari all’Ucraina, anzi in alcuni casi le proteste erano per aver fatto troppo poco. Solo in Italia è accaduto che si invocasse la “neutralità”, come se fosse un valore in sé. Solo in Italia si è sentito parlare di come combattere disuguaglianza, capitalismo, centrali a carbone, tassonomia Ue, energia nucleare e patriarcato, senza però dire nulla su come aiutare concretamente la resistenza ucraina a non capitolare e a respingere l’invasore. Solo in Italia si è detto “né con Putin né con la Nato”.

 

Solo in Italia c’è stato chi, come il presidente dell’Anpi, su un palco che doveva condannare l’invasione russa ha detto: “Negli ultimi trent’anni la Russia non si è allargata, si è allargata la Nato”. Mettendo così sullo stesso piano l’adesione di stati sovrani e democratici, che scelgono liberamente la propria politica estera e di difesa, con chi tenta imporla agli altri  attraverso i cingolati nelle strade e a colpi di bombe sugli ospedali. In piazza a Firenze dovremo dire qualcosa per aiutare gli ucraini, ma anche per salvare il nostro onore.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali