La manifestazione

Il miracolo di Letta: da Renzi a Calenda, tutti a Firenze “contro la guerra in Ucraina”

Il compromesso linguistico consente al segretario del Pd di portare anche Landini e Fratoianni ad ascoltare in videocollegamento il presidente Zelensky che chiede l'aiuto dell'Occidente. Ma le idee a sinistra rimangono diverse

Gianluca De Rosa

“Enrico vieni, vieni che mi devi benedire”, scherza un militante quando il segretario del Pd arriva in piazza. “Hai fatto il miracolo”, sbotta entusiasta. Siamo passati dal “generale Letta” finito con l’elmetto e la scritta “Arruolatevi” anche nelle chat di deputati 5 stelle più critici con sanzioni e armamenti in sostegno all’Ucraina, a “San Enrico” capace, attraverso una sfiancante operazione di moral suasion, in un vero prodigio: riunire in una sola piazza tutta la sinistra.

C’è lo scatenato Carlo Calenda  che appena arrivato attacca: “Questa non è una piazza equidistante, ma sta con gli ucraini contro l’invasore russo perché la pace a volte va difesa anche con scelte nette e dure” – ma anche il promotore della manifestazione pacifista dello scorso fine settimana a Roma piazza San Giovanni, il segretario della Cgil Maurizio Landini che ribadisce come: “Non siamo equidistanti, stiamo con gli ucraini, ma inviare le armi è un errore, non fermerà la guerra”. C’è persino una delegazione di consiglieri comunali di Forza Italia guidata dal senatore Elio Vito. Manca Giuseppe Conte, è vero, ma il M5s ha comunque mandando una sua piccola rappresentanza capeggiata dal fiorentino d’adozione, l’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.

Come ogni operazione quasi impossibile si sconta il prezzo dell’ambiguità: le bandiere della pace si mescolano a quella della comunità ucraina che chiede a gran voce di mandare gli aerei Nato per imporre alla Russia la no fly zone. L’ipocrisia si tiene grazie alle sfumature di significato. Alla sottile differenza che passa tra il dire di essere “tutti insieme uniti contro questa guerra”, come fa Letta appena arrivato, a dire di essere “per la pace subito e a ogni costo”, come molti altri pensano a piazza Santa Croce. È un compromesso linguistico trovato su una perifrasi: la guerra deve finire il prima possibile. Poco importa che in piazza c’è chi pensa che per arrivarci la soluzione sia la resa a Putin e chi invece sostiene con forza la necessità di continuare ad armare la resistenza ucraina.

Appena arrivato Letta non fa come gli altri leader che dopo rapide dichiarazioni si recano velocemente nella zona “Sagrato”, versione fiorentina ed eccezionale della zona palco. Perché in un luogo straordinario come piazza Santa Croce non ce n’è bisogno, si parla direttamente dalla cima della scalinata che conduce alla chiesa, dal sagrato appunto. Il segretario del Pd cerca il bagno di folla, marcato stretto dal governatore toscano Eugenio Giani – che indossa una bandiera della pace a mò di mantello e rimbrotta di continuo i suoi collaboratori “Su, su fatemi una foto accanto a Enrico” – e dal giovane eurodeputato Brando Benifei. Letta stringe mani, fa selfie, prende applausi, partecipa alla distensione di una gigantesca bandiera europea accanto a un vessillo ucraino. Poi si ferma proprio a metà piazza. Ascolta da qui il discorso in videocollegamento del presidente ucraino Vlodymir Zelensky. Osserva concentrato il maxischermo, applaude con vigore, poi tira fuori lo smartphone e comincia a riprendere come stanno facendo i tanti manifestanti che lo circondano. Mentre Zelensky parla, Landini, Fratoianni, i rappresentanti dell’Anpi, quelli delle ambiguità né con Putin né con la Nato, stanno lì ad ascoltare il presidente Ucraino che ancora una volta chiede aiuto: sanzioni, armi, no fly zone. Si palesano in un istante la complessità e l’ambiguità di questa piazza. Qualcuno, con un po’ di timore, applaude. Ci sono le bandiere arcobaleno, ma c’è anche il leader di un paese che da diciasette giorni, come i rintocchi delle campane con i quali è cominciata la manifestazione, guida la resistenza di chi non vuole la resa, come invece qualcuno in piazza auspica, ma sostegno, anche concreto, per continuare a resistere. “Tanto ci saranno solo altri morti, bisogna fermare la guerra e Zelensky deve arrendersi non c’è altra soluzione”, dice Anna, quasi 80 anni, uno zio partigiano “che la penserebbe in modo diverso da me”, e un passato da impiegata alla Menarini.

La sua è solo la versione più popolare delle teorie che Maurzio Landini ha ripetuto anche poco prima: “Pensare che mandando un po’ di armi si blocca uno degli eserciti più grandi e più forti del mondo è un atto di cinismo”, dice infatti il segretario della Cgil. 

Eppure la signora Anna, come Landini e il segretario della Fiom Pisa, il signor Marco Comparini, sono anche loro qui. “Perché – ci spiega quest’ultimo – è vero che in piazza ci sono tanti che la pensano in modo diverso, ma intanto bisogna dire tutti insieme che l’obiettivo è uno solo: fermare la guerra”. Miracolo o ipocrisia? Di certo al termine dell’evento Enrico Letta va a ringraziare il sindaco di Firenze. Perché Dario Nardella è anche il presidente di Eurocities, l’associazione che riuisce oltre 200 città europee, e che ha promosso questa manifestazione in contemporanea in diversa piazze d’Europa. Gran parte del successo, insomma, spetta a lui. Letta dunque lo benedice: “Hai dimostrato grande leadership”. Poi si rivolge soddisfatto ai cronisti: “Le immagini di Zelensky qui faranno il giro del mondo, colpiranno l’immaginario collettivo internazionale, è stato un momento importantissimo, fermeremo questa guerra”. “Anche con nuove sanzioni o nuove armi?”, chiede un giornalista. “Si farà quello che è necessario fare”, sibila Letta prima di lasciare la piazza.

 

Di più su questi argomenti: