Matteo Salvini (Ansa)

L'ombra di Putin sulla Lega, che diserta sul decreto Ucraina

Valerio Valentini

Igor Iezzi è segretario della Lega Nord, il partito che ha firmato l'accordo con Russia Unita. È lui che formalmente avrebbe dovuto recedere dall'intesa Mosca: "Non mi è stato detto nulla al riguardo, quell' accordo non vale nulla". Ma in Parlamento quando si parla del Cremlino il Carroccio latita

L’uomo da interpellare è lui. “Io? E che c’entro, io?”. C’entra, Igor Iezzi, in questa storia di ammiccamenti salviniani al Cremlino. Perché è lui, formalmente, il segretario della Lega Nord. “Ancora questa roba dell’accordo con Russia Unita?”, sbuffa il deputato del Carroccio, mentre attraversa il Transatlantico. Ancora, sì. Perché è questa la spiegazione che, da giorni, i vertici della Lega, di quella nuova, ci danno: e cioè che l’accordo programmatico col partito di Vladimir Putin – un accordo firmato il 6 marzo del 2017 da Matteo Salvini in persona, volato a Mosca per l’occasione – non è roba che riguardi più il partito guidato dall’ex ministro dell’Interno. No, perché quell’intesa era stata siglata dal segretario della fu Lega Nord. E invece oggi Salvini è segretario della Lega Salvini premier, nuovo contenitore che avrebbe dunque lasciato in eredità alla vecchia casa madre i patti internazionali sottoscritti in passato. 

 

“Ma io non ne so niente”, ci dice Iezzi che è appunto il responsabile supremo della Lega Nord messa in liquidazione. Non ha provveduto a inviare alcuna rescissione alla controparte moscovita, ci spiega. “Non mi è stato detto nulla al riguardo, il che dimostra che non era affatto una questione rilevante. E siccome non mi è stato detto di disdire l’accordo, io non l’ho fatto”. Il che però è un problema. Perché quell’accordo ha validità quinquennale, e contiene una clausola di rinnovo automatico, “a meno che una delle parti notifichi all’altra parte entro e non oltre 6 mesi prima della scadenza dell’accordo la sua intenzione alla cessazione dello stesso”. Ora, essendo stato firmato il 6 marzo 2017, andava disdetto entro il 6 settembre 2021. Ma Iezzi è responsabile della Lega Nord dal 31 gennaio 2020. E dunque avrebbe dovuto, eccome, fare qualcosa per annullare la validità dell’intesa, visto che ancora a settembre del 2019 Matteo Salvini confermava all’americano Time la sussistenza di quell’accordo (“C’è un accordo tra la Lega e il partito Russia Unita”).

 

“Come che sia, state montando una storia che non esiste”, insiste Iezzi, senza sottrarsi. “Se quell’accordo valesse davvero qualcosa, mi avrebbe impedito di votare a favore delle sanzioni e di esprimermi contro l’invasione russa”. Lo dice, Iezzi, mentre nell’Aula di Montecitorio si svolge la discussione generale proprio sul decreto Ucraina. E, guarda caso, nessun leghista si è iscritto a parlare. “Semplice contrattempo logistico: molti di noi il lunedì sono presi da impegni sul territorio”, ci spiega a telefono Roberto Ferrari, leghista di Lecco, che ha seguito il provvedimento da capogruppo in commissione Difesa. Eppure, non appena si archivia la questione russa, ecco che i leghisti tornano a intervenire in Aula, con un atteggiamento che lascia basito lo stesso sottosegretario alla Difesa, il forzista Giorgio Mulè. Guido De Martini, salviniano di Sardegna, su un divanetto del Transatlantico, non se ne cura: “Io credo che non esista, in questa vicenda, un torto e una ragione. L’Italia sbaglia a mandare armi all’Ucraina: è pericoloso dal punto di vista militare, e incoerente con la nostra storia di paese mediatore”. 
 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.