Il ministero dell'Economia lavora per anticipare il Def al 31 marzo
La scelta di non attendere la scadenza dell'11 aprile ha due ragioni: confermare la volontà di non deviare dal percorso virtuoso di finanza pubblica, disinnescare il pressing elettoralistico di Lega e M5s sul caro bollette. Nessun nuovo scostamento in vista
Era un’indiscrezione, ma diventa sempre più una certezza. Il governo sta infatti lavorando per approvare il Documento di economica e finanza (Def) con due settimane di anticipo rispetto alla scadenza ordinaria fissata quest’anno all’11 aprile. A confermare ciò che qui sul Foglio scrivemmo già a metà febbraio è un alto dirigente del Mef, spiegandoci che l’obiettivo del ministro Daniele Franco, d’intesa con il premier Mario Drgahi, è di licenziare il dossier entro il 31 marzo.
Una solerzia che ha almeno due obiettivi. Il primo è quello di ribadire, davanti agli investitori internazionali, la volontà del governo di non deviare da un percorso virtuoso in tema di finanza pubblica. Se la guerra porterà forse a rivedere al ribasso le stime di crescita intorno al 4 per cento pronosticate per il 2022, e la conseguente riduzione del debito sotto quota 150 per cento del pil, ciò avverrà solo in sintonia con i nuovi indirizzi della Commissione europea. E per questo, prima di definire gli ultimi dettagli del Def, si attenderà l’esito del Consiglio europeo del 24 e 25 marzo, dove si discuterà anche dei fondi europei contro il caro-energia. E qui si arriva al secondo corno del problema. Franco non è intenzionato a procedere a nuovi scostamenti per calmierare le bollette: pensa semmai a interventi di compensazione per i settori più colpiti dal rincaro. Ma anticipare il Def, in questo senso, significa anche togliere due settimane alla polemica di chi, come hanno già iniziato a fare Lega e M5s, continua a chiedere interventi straordinari e dall’alto valore elettorale.