Mario Draghi ha visitato a Palmanova la sede della protezione civile e l'hub destinato all'accoglienza degli ucraini (Ansa)

figliuolismo 2.0

Draghi in “corriera”. Fa visita a Palmanova e chiama Biden dal piccolo paese

Carmelo Caruso

Nasce la “brigata Osoppo” della solidarietà. Era necessario spingersi dove l’Italia finisce per avvisare gli italiani che “i profughi ucraini sono già sessantamila ma non sappiamo quanti potranno essere dopo”, dice il premier, accolto dal presidente del Friuli- Venezia Giulia Fedriga. Il gas russo? "Vedremo, vedremo". 

La chiamano la città a stella. 5.300 abitanti, 500 stranieri, nessun taxi, gli anziani in contrada Savorgnan bevono tocai. Potrebbe diventare la Lampedusa dell’est. A Trieste non ci credevano: “Mario Draghi a Palmanova?”. A Udine suggerivano la “corriera”: “È il mezzo più comodo per arrivarci”. Dalla stazione ferroviaria partono tre treni. “Ma prima delle 8”. Il sindaco di Palmanova, “Bepi” Tellini, un antico socialista, una bella faccia da uomo perbene, racconta, seduto in municipio, che l’ha saputo dai giornali e che poi l’hanno chiamato da Roma. Si chiede: “Secondo lei dovrò parlare? Cosa posso dire dopo un presidente? Io mi emoziono”. Correva a casa per indossare l’abito buono e per strada raccoglieva giornalisti senza auto: “Salga con me”. È stato il primo viaggio presidenziale piccolo, piccolo.

 

La telefonata tra Mario Draghi e l’uomo più importante della Terra, il presidente americano, Joe Biden, è partita da via Natisone, dal centro regionale della Protezione civile del Friuli Venezia Giulia, lungo una strada provinciale. Si scrive dalla campagna. Ha deciso di collegarsi con Macron, Scholz, Johnson (e Biden) da una stanza prefabbricata tra muletti e motocarri. In mezzo al niente. Era davvero necessario venire fino a qui? Era necessario spingersi dove l’Italia finisce per avvisare gli italiani che “i profughi ucraini sono già sessantamila ma non sappiamo quanti potranno essere dopo” e sul gas russo “vedremo, vedremo”? Massimiliano Fedriga, che è venuto ad accoglierlo, prometteva lealtà leghista, di governo. E si davano di “pugno” come fossero complici. Fedriga è passato al “tu”. Lo salutava così: “Come stai?”. Era evidente che Draghi cercasse qualcosa ma non era la simpatia, anzi, “l’operazione”.

 

Un gruppo di scoppiati no vax lo ha perfino fischiato e gli ha urlato contro: “Arrestatelo! Criminale! Dimissioni”. Ogni paese ha una sua speciale divisione cecena. Ma lui era dentro in riunione. Ha voluto salutare i volontari. Luigi Schiff, un alpino, tutto impeto e lacrimoni, lo ha fermato: “Presidente, ho un cugino militare Nato”. E Draghi: “Gli porti la mia gratitudine, lo chiami subito”. Ha voluto accanto gli uomini e le donne di cui più si fida. Da Roma sono partiti anche il suo capo di gabinetto, Antonio Funiciello, il suo diplomatico, Luigi Mattiolo, il suo consigliere economico, Francesco Giavazzi, la sua portavoce, Paola Ansuini. E sapete per fare cosa? Sapete perché la chiamata internazionale doveva essere fatta da questa ex fortezza veneziana? Per vedere partire quattro camion di medicine, stringere la mano a una cinquantina di volontari.

 

Il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio che è anche lui (commissario) “straordinario”, ma senza le piume e i pennacchi, lo istruiva su come intende gestire l’emergenza rifugiati. Da Udine giungeva invece il nuovo prefetto Massimo Marchesiello. Il direttore regionale della Protezione civile, Amedeo Aristei, disponeva a cerchio le “forze”. Si è in pratica assemblata una nuova colonna. È l’Italia tutta tende e pasti caldi, il “figliuolismo 2.0”. Nasce la “brigata Osoppo” della solidarietà. Quando Draghi è ripartito, nessuno credeva ancora che fosse realmente venuto. A Palmanova. 

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio