C'è Zelensky, mezzo Parlamento pronto al forfait. Non solo gli amici di Putin
Non ci sarà l'appello, il videocollegamento avviene di mattina fra malati ed eletti in missione in tanti sono pronti a marcare visita
Gli ex grillini di Alternativa c'è, i leghisti alla Pillon, i critici del M5s. Oltre alle assenze ideologiche ecco farsi largo "l'onorevole chissenefrega"
Oltre una ventina a casa con il Covid, poveri loro. Altri in malattia ordinaria. Un po’ in maternità. Gruppi in missione, in Qatar, per esempio. Quelli che perderanno il treno o non troveranno la strada. Chi rimarrà a fare “politica sul territorio”. E poi certo i senatori, abituati per esempio a lavorare il martedì pomeriggio. Non prima. Ecco perché, secondo le stime che girano a Montecitorio, oggi i parlamentari italiani riuniti in “seduta comune informale” per ascoltare il presidente ucraino Zelensky saranno all’incirca poco più della metà. E’ la zona grigia del chissenefrega, che si aggiunge a quella dei filoputinisti: io non vengo, se non c’è Vlad.
Intorno alle undici di mattina il leader della resistenza all’invasione russa si videocollegherà con Montecitorio per scuotere le coscienze, per chiedere aiuti e armi, solidarietà e passione concreta per la causa di un popolo invaso e sotto le bombe. Un format che ha fatto il giro dei parlamenti di mezzo mondo. Lo saluteranno i presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico ed Elisabetta Casellati. Lo ascolterà il premier Mario Draghi che interverrà alla fine. Non è previsto un appello. Non ci saranno verbali che registreranno presenti e assenti. E dunque l’aria del “ti sono vicino con il cuore, ma credo di non farcela” c’è.
Solo una trentina di senatori M5s, per esempio, ha scritto agli uffici per informare che sarà presente. Nella Lega, secondo i calcoli dei big di Palazzo Madama e nonostante quanto ci tenga Matteo Salvini, si punta a “superare il 60 per cento” di presenze (l’unico che ha già detto “ho altro da fare” è Simone Pillon, ma non sarà il solo a marcare visita, anzi). Sulla carta la scenografia dovrebbe essere simile a quella della proclamazione del capo dello stato. Per evitare assembramenti deputati e senatori saranno sparpagliati in alto, sulle tribune. L’Aula sarà comunque piena. Sono previsti anche schermi in Transatlantico per evitare l’effetto sardina. Ma serviranno queste precauzioni?
Giorgia Meloni ha dato mandato ai suoi che non dovranno esserci defezioni. Enrico Letta, segretario del Pd, lo ha messo addirittura nell’agenda pubblica che manda ai giornalisti la sera prima. Insomma a chi ci sarà non mancheranno le motivazioni. Poi certo c’è “la colonna Vlad”, i parlamentari che ritengono Zelensky un guerrafondaio, quelli della corrente né né, gli psichedelici “allora sentiamo anche Putin, no?”. Si accettano scommesse su Vito Petrocelli, il grillino presidente della commissione Esteri del Senato, detto Petrov.
Paragone e De Vecchis, di Italexit, hanno detto che non vogliono assistere a questi eventi “hollywoodiani”. Gli eletti di Alternativa c’è, ex pentastellati delle caverne e dunque delle origini, hanno spiegato i motivi del forfait: “Tanto non cambia nulla, è solo una forzatura”. Ma gli ideologici insomma erano messi in conto un po’ da tutti. Sono diventati un genere giornalistico da cercare di fior in fiore. Diverso, invece, sarà la non motivazione dell’ “onorevole chissenefrega”. Che alla fine potrebbe decidere di fare altro.