L'intervista

Il generale Vecciarelli: "Accolsi i russi a Pratica di Mare, non vennero solo per il Covid"

Il 22 marzo 2020 da Mosca arrivarono 100 uomini e decine di mezzi: "Il Cremlino cercava altri dati oltre a quelli scientifici? Plausibile"

Simone Canettieri

L'ex capo di stato maggiore della Difesa: "Rimasi sorpreso dal dispiegamento militare messo in campo  e mi preoccupai. Volevano anche fare altro, ma glielo impedimmo"

“Fummo sorpresi, io per primo, dal dispiegamento di mezzi che scendevano dai velivoli russi. Non le nascondo che all’inizio ci fu anche una certa preoccupazione”.

 

Perché?

“L’assetto militare che era appena atterrato a Pratica di Mare era diverso dagli altri che nei giorni precedenti avevamo accolto”. Il generale Enzo Vecciarelli è stato capo di stato maggiore della Difesa fino allo scorso novembre. L’incarico più importante nelle  Forze armate italiane. Il 22 marzo del 2020 ricevette il contingente partito da Mosca – dopo la telefonata fra Conte e  Putin –  per  l’operazione “Dalla Russia con amore”. Il Covid stava piegando l’Italia, ormai in lockdown da una settimana.    

 

Il generale Vecciarelli dice al Foglio che “i russi vennero nel nostro paese per cose buone e per altre meno buone”. Cosa significa?

“Sicuramente portarono nei territori dove andarono, a Bergamo soprattutto e poi a Brescia, personale medico, attrezzature e uomini per la logistica. Ma provarono anche a fare altro, e noi glielo impedimmo”.

 

Cosa?

“L’utilizzo di macchinari non omologati negli ospedali, per esempio. E mi fermo qui”.

 

Bisogna tornare a quella sera del 22 marzo 2020: alle 21.15 atterra a Pratica di Mare il primo aereo cargo Ilyushin Il-76md (un tir volante, con dentro i camion russi). Ne seguiranno una decina. Vecciarelli si trova con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio all’aeroporto militare ad aspettare la delegazione inviata da Putin. Viene tutto ripreso dai media russi, a cui si aggiungono alla fine anche quelli italiani. Il via libera arriverà da Palazzo Chigi, anche se all’inizio si era scelto un approccio più sobrio (una foto e basta).  

Il ponte aereo con Mosca sarebbe stato pagato dall’Italia – ma tutti i documenti sono stati secretati – e alla fine il costo dell’operazione supererebbe quello dei materiali ricevuti come ventilatori e mascherine: è così generale Vecciarelli? Ci fu dunque oltre all’ipotetico danno anche una beffa economica?

“E’ complicato stabilire oggi – risponde l’ex capo di stato maggiore della Difesa – a distanza di due anni, il rapporto costi benefici di quell’operazione. Di sicuro non ci fu un’analisi preventiva. Ci trovavamo in emergenza sanitaria e quegli aiuti non erano aspettati”.

 

E però ci sono tanti lati oscuri di quella vicenda, ritornati a galla dopo le minacce del Cremlino “al falco” ora considerato ingrato Lorenzo Guerini, ministro della Difesa. Non torna, o forse è tutto molto chiaro, la composizione del contingente russo che sbarcò in Italia. Solo una minima parte, circa trenta su cento, era composta da personale medico-sanitario. Ci fu un’attività di intelligence per non dire di spionaggio ai danni del paese?

“Che Mosca avesse autorizzato questa operazione per raccogliere informazioni sul Covid è vero, glielo posso confermare. Che poi volesse cercare altri dati è plausibile. Ma...”.

 

Cosa?

“Ma noi non glielo permettemmo: mettemmo al fianco della colonna russa i nostri uomini, insomma il contingente non fu lasciato mai solo”. 


Vecciarelli, lei è uomo dello stato con un’esperienza pluridecennale ai massimi livelli delle nostre Forze armate:  non si poteva bloccare tutto davanti a simili sospetti?

“Il nostro compito era quello di seguire le indicazioni che il governo ci aveva dato, e ci attenemmo a quello, controllando ovviamente con la massima solerzia.    Ora, dopo due anni, mi rimetto allo stato dell’arte delle cose: il consiglio che do a tutti”.
 
                   

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.