Liga Putin, la cellula veronese che ha dettato la linea filorussa a Zaia

Luciano Capone

Le gite a Yalta, l'ufficio della repubblica di Donetsk, il riconoscimento della Crimea, la revoca della cittadinanza a Poroshenko. Comencini, Valdegamberi, Zoccatelli: è l'avanguardia putiniana con base a Verona che ha dettato la politica estera della Lega in Veneto e poi nelle altre regioni

In Parlamento ad ascoltare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky non c’era Vito Comencini. Non è un caso. Il deputato, reduce da un viaggio in Russia, è il frontman dell’avanguardia filoputiniana della Lega che ha il suo ambito d’azione nel Veneto e il suo epicentro a Verona. In città, dove è anche consigliere comunale, sabato scorso Comencini ha partecipato a un incontro pubblico che aveva l’obiettivo di ribaltare le “false informazioni” dei media che “vorrebbero additare nella Federazione russa e nel presidente Putin gli unici responsabili del conflitto” in Ucraina. Per Comencini la responsabilità dell’invasione dell’Ucraina è dell’occidente, perché “l’operazione militare (sic!) è scattata dopo che la Russia aveva ripetutamente richiesto alla Nato e agli Usa un accordo formale vincolante sulla propria sicurezza strategica”, richieste che per Comencini erano “più che legittime e ragionevoli, alle quali però non è stata data alcuna risposta positiva”. L’"operazione militare" o meglio l'invasione, è stata una doverosa conseguenza.

 

Ma per il deputato del partito di Matteo Salvini ci sono anche altre ragioni per stare dalla parte di Putin: “Quello in atto è uno scontro di civiltà tra i valori in cui la nuova Russia post sovietica si riconosce, i millenari valori tradizionali cristiani, e gli anti valori portati avanti dagli Usa di Biden e dalla maggior parte dei governanti europei ormai totalmente scristianizzati”. Sembrano riecheggiare la parole del patriarca di Mosca Kirill. Ospite d’onore dell’incontro veronese, in collegamento, il deputato della Duma Vitaly Milonov, noto antisemita e omofobo del partito Russia unita di Putin. L’evento di sabato è stato organizzato dall’“Associazione Veneto-Russia”, nata sul modello di quella Lombardia-Russia fondata da Mr. Metropol Gianluca Savoini, che negli ultimi anni ha dettato la politica filorussa della Liga e di Luca Zaia.

 

Il Savoini veneto, animatore dell’associazione, si chiama Palmerino Zoccatelli. Zoccatelli è un leghista, tradizionalista cattolico, indipendentista veneto e da due anni responsabile dell’ufficio territoriale a Verona della Repubblica Popolare di Donetsk, uno dei due autoproclamati stati secessionisti dell’Ucraina (l’altro è Luhasnk). Vladimir Putin, che ha finanziato e armato i separatisti filorussi anti Kyiv, ha formalmente riconosciuto le due repubbliche solo lo scorso 21 febbraio, il giorno in cui ha di fatto annunciato l’invasione dell’Ucraina. A Verona la Lega ha fatto molto prima: ha riconosciuto Donetsk e Luhansk con due anni di anticipo rispetto al Cremlino.  Altro esponente di spicco dell’Associazione Veneto-Russia è il consigliere regionale Stefano Valdegamberi, eletto a Verona nella lista Zaia.

 

Da anni questo gruppo, che opera nella zona di pertinenza e con il sostegno del vicesegretario federale della Lega Lorenzo Fontana, tiene contatti con le frange più estremiste del nazionalismo panrusso in Ucraina. Nel 2014, ad esempio, all’indomani della rivoluzione ucraina di Euromaidan, in una conferenza organizzata da Zoccatelli per denunciare i crimini del governo “nazionalista e antirusso” di Kyiv venne invitato come ospite d’onore Oleg Tsarev, un politico filorusso vicino all’ex presidente ucraino deposto Viktor Yanukovich. Tsarev all’epoca era nella lista delle personalità sanzionate dall’Unione europea in quanto autoproclamato leader della Novorossiya, la federazione delle repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk. Un elemento di attualità fa inquadrare la rilevanza del personaggio: secondo il Financial Times, che cita fonti di intelligence, nei piani originari dell’“operazione militare speciale” Tsarev era stato individuato da Putin come il fantoccio da mettere al posto di Zelensky per fare dell’Ucraina una seconda Bielorussia.

 

A partire dal 2014 sono stati numerosi i viaggi della colonna veneta nei territori ucraini contesi con la Russia, ma le gite che hanno prodotto le conseguenze politiche più rilevanti non sono state in Donbas bensì in Crimea. Nell’aprile del 2016, il consigliere regionale zaiano Stefano Valdegamberi è ospite dell’International Economic Forum di Yalta, l’evento organizzato dal Cremlino per far incontrare politica e affari nella Crimea illegalmente annessa. Valdegamberi torna da Yalta pienamente convertito alla causa putiniana: pochi giorni dopo presenta in Consiglio regionale una risoluzione, poi approvata a larga maggioranza, che chiede di togliere le “inutili sanzioni” alla Russia, di “condannare la politica internazionale dell’Unione europea” e di “riconoscere la volontà espressa dal Parlamento di Crimea e dal popolo mediante un referendum”. Così il Veneto diventa la prima istituzione del mondo occidentale e democratico – dopo Afghanistan, Cuba, Corea del nord, Kirghizistan, Nicaragua, Sudan, Siria e Zimbabwe – a riconoscere l’annessione russa della Crimea. E giustamente diventa una notizia rilanciata da tutti i principali media russi, che addirittura mandano inviati e telecamere in Veneto.

 

La posizione dell’avanguardia putiniana veronese diventa poi la linea ufficiale della Lega. Nei mesi successivi risoluzioni analoghe vengono approvate in Liguria e in Lombardia (presentata dall’attuale capogruppo al Senato Massimiliano Romeo), e mozioni fotocopia vengono presentate dai consiglieri leghisti, stavolta senza successo, in Emilia-Romagna e Toscana. In maniera anche un po’ ridicola. Claudio Borghi, all’epoca consigliere toscano, copia pari pari il testo veneto sottoponendo al consiglio della Toscana di votare una risoluzione contro le “sanzioni alla Russia che stanno comportando gravi conseguenze all’economia del Veneto”. La mossa viene comunque apprezzata dal Cremlino: a ottobre 2016 l’ente statale “Business Russia” organizza e paga un nuovo tour in Crimea a un’ampia delegazione dei consiglieri delle regioni che hanno presentato la risoluzione. Tra di loro c’è il numero 2 del Veneto e braccio destro del Doge Luca Zaia, il presidente del Consiglio regionale Roberto Ciambetti che consegna la bandiera con il Leone di San Marco al presidente del Parlamento della Crimea Vladimir Konstantinov (all’epoca nella black list dell’Ue), provocando l’ira degli ucraini. I putiniani veneti vengono invitati a Yalta ogni anno, in delegazioni sempre più ampie di politici e imprenditori interessati a fare affari in una zona però dove è proibito investire per via delle sanzioni: “Purtroppo dobbiamo ricorrere a dei raggiri”, ammise candidamente Valdegamberi.

 

Un altro risultato significativo dei putiniani veronesi, che ha prodotto un caso diplomatico, è la revoca della cittadinanza onoraria all’allora presidente ucraino Petro Poroshenko. L’onorificenza era stata assegnata nel 2016, dall’allora sindaco di Verona Flavio Tosi, dopo il ritrovamento a Odessa e alla restituzione, seppure dopo sette mesi, delle opere d’arte trafugate nel clamoroso furto al museo di Castelvecchio. Due anni dopo, con la nuova giunta targata Federico Sboarina, su proposta del putiniano Comencini, il comune di Verona decide di revocare la cittadinanza onoraria a Poroshenko citando la “diffusa violazione dei diritti” dell’etnia russa in Donbas (la ragione dell’invasione invocata ora dal Cremlino). “Burattini di Putin”, fu la dura replica dell’ambasciata d’Ucraina a quello che appariva solo un “atto provocatorio”.

 

“Questo filoputinismo all’amatriciana è sempre stato contrario gli interessi nazionali”, dice al Foglio Tosi, ricordando con amarezza quelle vicende, “e ora la Lega lo sta pagando in termini di credibilità e di consenso. Dietro ci sono tanta superficialità e infantilismo, che su questioni che riguardano gli equilibri internazionali non sono attenuanti ma aggravanti. Non vedo però il coraggio di affrontare il tema in maniera chiara”.

 

Il governatore Zaia si è schierato chiaramente dalla parte dell’Ucraina, ma le dichiarazioni di ora cozzano con gli atti di allora. Per renderle credibili bisogna passare dalle parole ai fatti. Si potrebbe iniziare in tre modi: tagliare i ponti col putinismo alla veronese; approvare una risoluzione che condanni l’annessione illegale della Crimea; ridare la cittadinanza onoraria veronese al presidente dell’Ucraina, se non all’ex Poroshenko va bene anche a quello attuale, Zelensky, che la Lega ha tanto applaudito in Parlamento.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali