Il caso
Petrocelli è inamovibile: ecco perché il grillino pro-Putin rimarrà alla guida della commissione Esteri
Nei regolamenti parlamentari non è prevista la sfiducia al presidente di commissione. Così l'esponente del M5s può essere convinto a lasciare solo dal suo stesso partito
E' il Petrov del Parlamento italiano. L'ultimo filorusso dell'emiciclo (anche se, a giudicare dalle assenze di ieri durante il discorso di Zelensky, sembrerebbe in buona compagnia). Vito Petrocelli è così convinto che le ragioni non stiano dalla parte dell'Ucraina che ieri ha detto che voterà contro l'invio di armi alla resistenza di Kyiv. E soprattutto ha annunciato che da ora in poi non sosterrà più alcuna fiducia a Draghi, chiedendo di staccare la spina al governo, perché "oramai siamo diventati un paese co-belligerante". Si capisce allora perché chiunque, dallo stesso M5s (Conte ha parlato di "fraintendimento della linea chiara e univoca del Movimento") al Pd (ancora questa mattina il segretario Enrico Letta in un'intervista a Repubblica ha detto di aspettarsi le dimissioni) passando per il centrodestra, nella maggioranza tutti ne chiedano il passo indietro. Con un piccolo dettaglio: lui è inamovibile. Se non si dimetterà di sua sponte, i partiti non potranno fare alcunché per farlo decadere dall'incarico.
"Questa mattina abbiamo avuto una riunione della commissione Esteri. Abbiamo tutti manifestato la nostra sfiducia nei confronti del presidente Petrocelli, che però continua a ritenere non necessario dimettersi", racconta al Foglio la senatrice di Forza Italia Stefania Craxi, vicepresidente dell'organo parlamentare. "Siamo alla vigilia di un'importante missione negli Stati Uniti. Che facciamo, ci presentiamo come se fossimo arlecchino? A Petrocelli riconosco almeno di essere rimasto coerente con se stesso, al contrario dei suoi coleghi del M5s. Ma l'istituzione non può rimanere ostaggio dell'evidente incompatibilità tra il suo ruolo e le sue idee. Anche perché rappresenta non solo il Parlamento ma anche la maggioranza e quindi il governo".
In queste ore ha iniziato a prendere quota il precedente di Riccardo Villari. Eletto tra le file del Pd nel ruolo di presidente della commissione di Vigilanza sulla Rai, il senatore venne contestato dai dem per le sue posizioni sempre più in contrasto con la linea del partito: da lì la proposta di sostituirlo. Quale soluzione venne individuata? Nel gennaio 2009 si dimisero tutti i componenti della commissione bicamerale e in questo modo si trovò l'escamotage: Villari venne rimosso. "Ma è un precedente che ha poco valore, perché nel caso della commissione di Vigilanza la nomina avviene da parte dei presidenti di Camera e Senato. Mentre nel caso delle altre commissioni, presidenti e membri sono permamenti, non esiste una procedura per la loro sostituzione", spiega una fonte dem, conoscitore dei regolamenti parlamentari. "E poi, in alternativa, cosa dovremmo fare: una modifica ad personam per poterlo sfiduciare?".
Da qui sorge allora un discorso di natura diversa. Più politico, se così si vuol dire. Del tipo: se Petrocelli non può essere rimosso, si può far capire a Petrocelli che il lavoro della commissione non può andare avanti qualora rimanesse alla tolda di comando? Una sorta di sabotaggio, di lento ostracismo che lo costringa a ragioni di opportunità. E' una strada praticabile? "Mi sembra che per il rispetto che dobbiamo avere nei confronti delle istituzioni non sia una soluzione percorribile", spiega ancora Craxi. "E poi abbiamo il precedente della commissione parlamentare Antimafia. Anche in quel caso si tentò il sabotaggio e cosa si ottenne? Niente". "Io credo che la via principale sia continuare a fare pressioni perché Conte e i suoi colleghi di partito lo convincano a dimettersi", dice al Foglio il senatore del Pd Alessandro Alfieri. "Anche perché l'Aventino sarebbe l'extrema ratio: abbiamo una serie di interventi importanti da votare, compreso il Dl Ucraina, e non ci possiamo permettere l'immobilismo". Ecco. Petrocelli fino al 2023 è una certezza sempre più granitica.
P.s.: quanto meno la commissione Esteri del Senato ha convenuto che fosse il caso di annullare la missione di Petrocelli negli Stati Uniti, in programma dal 28 marzo al 4 aprile.