l'appello
Caro Conte, negare la fiducia al governo sulle spese militari sarebbe una catastrofe
Sbarrare la strada a decisioni che vanno nel senso dell'unità porterebbe a una perdita totale di credibilità. Lettera all'ex premier
Gentile avvocato Conte, le scrivo a dissuasione dall’idea balzana di votare contro l’aumento delle spese militari, negando addirittura la fiducia al governo. Sarebbe un gesto propagandistico fuori da ogni canone della buona politica. Classificato tra quelli “del giro”, come direbbe Bersani, e da sempre ammiratore di Mario Draghi tecnico e politico, non le ho rivolto codardo oltraggio all’epoca della caduta del suo Bisconte come non fui colpevole di servo encomio quando era al suo apogeo. Mi permetto dunque di suggerirle che: il mondo è cambiato per forza di cose dopo l’invasione e il tentato omicidio di un paese europeo indipendente da parte di un uomo convinto della sua vocazione autocratica e neoimperiale; lei ha votato con i suoi parlamentari la linea del governo italiano, degli europei e degli alleati occidentali di resistenza e difesa dal massacro perpetrato dall’esercito della Federazione russa, e ha approvato le sanzioni che mirano a indebolire il mandante dell’aggressione; ci sono undici ministri del suo secondo governo nel gabinetto Draghi; dissolta la sua maggioranza, lei ha con responsabilità dato il benestare alla missione di cui il suo successore fu incaricato; pochi o tanti che siano i voti ancora affezionati al simbolo e alle battaglie del suo movimento, per quanto grande sia la confusione politica del suo esperimento di “capo politico”, lei si è mosso nel senso di una riforma del primitivismo caciarone delle origini e di una istituzionalizzazione del profilo dei neogrillini in un campo politico di centrosinistra opposto a quello di centrodestra, pagando le conseguenze di una faida confusa e faziosa nell’intento di salvare il salvabile e rilanciarlo come possibile.
Tutto questo per dire che una dissociazione estrema e intenibile anche sotto profili non esclusivamente politici, moralismo a parte, sarebbe un errore catastrofico da parte di una persona che, avventizio della politica e dello stato, ha tuttavia dimostrato con il contrasto alla pandemia in tempi foschi, l’operazione che ha condotto al Next Generation Ue, e il raddrizzamento delle gambe di un animale politico di successo elettorale, ma inservibile così com’era, di saperci fare. Con una storia come la sua, piena di contraddizioni e di incongruità ma non banale, anzi sorprendente, ciò che non è una sua esclusiva nel bene e nel male, l’unica soluzione è tenere dritta la barra, andare per la propria strada, perseverare e trovare uno spazio in una nuova situazione, radicalmente mutata. Sbarrare la strada, o cercare di farlo, a decisioni che vanno nel senso dell’unità e della ripresa di combattività del paese in occidente, sarebbe esiziale, porterebbe a una totale perdita di credibilità. Sarebbe un peccato.
Non sono un fan del suo curriculum e della sua personalità, e nei modi possibili fui nemico giurato della sua fase populista nel primo governo da lei diretto, ma ho sempre considerato giusto riconoscere quanto di positivo aveva prodotto la sua scelta di separarsi con dignità dai primi compagni di cordata, per di più con una prassi e una visione tutto sommato lucide nell’emergenza e nella guida dello stato in emergenza. Negoziare un accordo di maggioranza è una cosa, scartare e tirarsi fuori da tutto nel sogno velleitario di tornare alle origini, o di simulare quel movimento all’indietro, sarebbe la pietra tombale. Molti si augurano che la pietra cada pesantemente sulla vostra storia e sospettano compromissioni oblique anche in politica internazionale, a partire dalla pasticciata gestione degli aiuti russi per il Covid, che tuttavia fu il suo ministro Guerini a rimettere in carreggiata, io no, a me sembrerebbe uno spreco politico in un momento in cui c’è poco da scialare. Ecco perché, avvocato, mi sono permesso queste righe.