l'intervista
Alfieri (Pd): "Cari grillini, ora ci vuole una legge proporzionale"
Dopo le divisioni sull'invio di armi, anche le regole per l'elezione potrebbero allontanare Letta e Conte. "Il Rosatellum ha troppi limiti, va superato. E gli accordi meglio farli dopo il voto che prima", dice il senatore dem
Le divergenze sulle spese militari tra Pd e Cinque Stelle – comunque vada alla fine, dopo l’incontro di oggi pomeriggio tra Giuseppe Conte e Mario Draghi – e la conseguente tensione creatasi nei giorni scorsi nella maggioranza, stanno ponendo in prospettiva un altro problema: come gestire, al Nazareno, l’alleanza tra dem e Movimento, un Movimento che attraversa peraltro una crisi interna, e visti anche gli appuntamenti elettorali che si avvicinano, tra amministrative, quest’anno, e politiche, l’anno prossimo? Il senatore Alessandro Alfieri, coordinatore di Base Riformista e membro della Commissione Esteri (dove le divergenze di linea tra alleati scomodi si sono varie volte manifestate), pensa che a questo punto, “in una nuova fase politica, verso le elezioni politiche del 2023, sia utile e necessario ragionare sulla legge elettorale, una legge che coniughi il principio di governabilità con quello di rappresentanza, nel quadro della riduzione del numero di parlamentari”. E la legge elettorale, per Alfieri, “è da ridisegnare in senso proporzionale con soglia alta. Penso questa sia la soluzione migliore in questo contesto; tra l’altro c’è già un testo depositato in Commissione Affari Costituzionali. Il Rosatellum, con tutto il rispetto, conduce ad alleanze che poi rendono difficoltoso il governare; molto meglio un sistema in cui ci si mette insieme nella misura delle cose da fare, un sistema che non preveda uno schema obbligato ma un’alleanza di governo sui progetti”.
La direzione quindi dovrebbe essere, dice Alfieri, “quella di superare una legge che ha già mostrato molti limiti, nel senso che non soltanto non dà certezza del risultato, ma non permette di andare al voto, nei collegi, con i propri obiettivi, per sottoporli all’elettorato. Con il Rosatellum non si può scongiurare il rischio di dover presentare un candidato che la pensa molto diversamente da noi su temi e valori fondamentali. Per esempio potrebbe capitare, e lo dico con una battuta, a me di dover votare Vito Petrocelli e a Vito Petrocelli di votare me” (per citare il senatore a Cinque stelle, e presidente della Commissione Esteri del Senato, categorico sul “no” alle armi e critico verso quello che chiama “un governo interventista”).
Il fatto di andare divisi al voto, dice Alfieri, “non pregiudicherebbe l’accordo successivo sulle cose da fare. Ma, con il proporzionale con sbarramento, si eliminerebbe quella dimensione coercitiva per la quale, per avere un voto in più, ci si snatura. E questo è tema di grande attualità e centralità, anche se al momento è per forza di cose passato in secondo piano, vista l’emergenza della guerra in Ucraina”. Le politiche non sono poi così lontane. “L’alleanza con i Cinque stelle è in piedi, per le amministrative si ragiona e ci si confronta, ma pensando al 2023 io credo che i partiti abbiano tutto l’interesse a investire sulla definizione di un proprio profilo identitario, per poi ricercare le modalità di un accordo programmatico su vari punti. Ma per fare questo serve un cambio di legge elettorale. Sarebbe più rispettoso del principio di rappresentanza, prima, e creerebbe meno problemi nell’azione di governo, dopo, sulla base di alleanze propositive, non contro qualcuno”. Eppure in passato si è fatto il processo inverso. “Forse c’era più coesione all’interno delle coalizioni”, dice Alfieri, “oggi il proporzionale favorirebbe anche nel centrodestra un’evoluzione in nuce”. Come dire: moderati da una parte, sovranisti dall’altra.