Il consiglio regionale della Lombardia (Foto LaPresse)

Il dietrofront

Lombardia e Veneto rinnegano l'annessione russa della Crimea

Francesco Gottardi

I due Consigli regionali erano stati pionieri occidentali dei filo-Putin. Oggi sentono “la necessità di porvi un seppur tardivo rimedio”. Con qualche imbarazzo e defezione

Arrivederci Crimea, c’è un passato da espiare. Quello dei Consigli regionali di Veneto e Lombardi, primo avamposto istituzionale dell’Occidente a riconoscere l’annessione russa della penisola. Soprattutto negli ambienti leghisti, un motivo di vanto. Ieri all’unisono hanno rinnegato tutto. “Considerata l’invasione militare dell’Ucraina”, si legge nella proposta lombarda, primo firmatario Fabio Pizzul del Pd, “Il Consiglio esprime la netta condanna dell’aggressione e ritiene inadeguati, nonché superati, gli indirizzi espressi nella mozione del 5 luglio 2016”. Risoluzione approvata all’unanimità. Il Veneto entra più nel dettaglio. Fa mea culpa: “Oltre un mese di distruzioni e massacri messi in atto dalle forze armate russe rendono ancora più evidenti le errate valutazioni contenute nella deliberazione del 2016 e la necessità di porvi un seppur tardivo rimedio”. Sottolinea inoltre l’importanza di un nuovo “pronunciamento istituzionale che prenda le distanze dai contenuti a suo tempo deliberati, inconciliabili con la tragica realtà di questi giorni, sia un gesto che consegna ai cittadini una rappresentanza unitaria e inequivoca”. Eppure non tutti hanno accolto l’appello promosso dal consigliere Gianpiero Possamai, sempre del Pd.

Ha votato a favore il leghista Roberto Ciambetti, che presiedeva il Consiglio regionale già ai tempi della sciagurata mozione. Ambasciator non porta pena, si dirà. Ma la figura più alta del Veneto dopo Zaia è anche colui che consegnò il gonfalone di San Marco al presidente del Parlamento della Crimea Vladimir Konstantinov. (all'epoca nella lista dei sanzionati dell'Ue). Alla faccia dello zelo istituzionale. Il grande russofilo del Consiglio, sin dai primi tempi, era stato però Stefano Valdegamberi che aveva promosso la mozione di riconoscimento dell'annessione della Crimea. Lui ancora oggi considera i suoi soggiorni a Yalta un orgoglio e non una macchia. Non ha votato per l'annullamento. E neppure l'altro filorusso, Luciano Sandonà. Sono entrambi consiglieri eletti in Lista Zaia. Il primo ha sposato la causa di Putin, il secondo direttamente una russa. Già nelle prime giornate di guerra, Sandonà si allineava a Vito Comencini – il deputato del Carroccio che ha disertato l’intervento di Zelensky in Parlamento – parlando di “dinamiche molto complesse”. Non di invasione.

Ora la palla passa alle Giunte regionali di Veneto e Lombardia, incaricate di intraprendere “progetti di cooperazione internazionale” in solidarietà del popolo ucraino. E di mettere una pietra sopra questa brutta pagina politicante.

Poi manca solo il dietrofront della Liguria, che pure riconobbe la Crimea russa nel 2016. Alessandro Piana, allora presidente del gruppo consiliare della Lega e attuale vice di Toti, dopo una visita diplomatica a Yalta gongolava: “Laggiù vanno tutti pazzi per il pesto alla genovese. Inoltre la nostra riviera è sempre stata una meta prediletta dai russi”. Criteri inoppugnabili per la legittimità di un referendum. Contattato in questi giorni dal Foglio, Piana ha preferito non rispondere. E indugiare ancora.

 

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