strabismo putinista
“Nord-est filo-Putin? Macché! Il Veneto esporta nei paesi Nato, mica in Russia”. Parla Carraro (Confindustria)
"L'interesse della nostra regione sull'interscambio commerciale con Mosca è piuttosto limitato. Gli affari veri li facciamo con i nostri alleati storici in occidente", ci dice il presidente degli industriali veneti
Venezia. Sembrava folklore di pessimo gusto, tutt’al più revanscismo. Lo strano filo conduttore tra Serenissima e Donbas zarista, la bandiera di San Marco in regalo alla Crimea – accadde nel 2016: soltanto la settimana scorsa il Consiglio regionale ha rinnegato l’infamante riconoscimento dell’annessione russa – le cellule leghiste ammiccanti al Cremlino. Perfino l’ironia della sorte, con le famiglie Putin – accento sulla i, alla vicentina – a fantasticare parentele con Vladimir. Poi è spuntato un sondaggio Swg: il 12 per cento degli italiani giustifica l’attacco della Russia all’Ucraina. Ma nel nordest la quota schizza al 22. Ed è subito il Veneto dei filo-Putin. “Qui non avete idea”, sostengono in questi giorni i militanti del Carroccio locale, “quanti camion targati Mosca transitavano nel territorio per lavorare”. Sottointeso: inevitabile difendere i propri interessi economici. “Che però sono ben altri”: la risposta arriva da Enrico Carraro, presidente di Confindustria Veneto. “Il nostro tessuto imprenditoriale è chiaramente filo-Nato e approva in pieno le sanzioni Ue. Ogni ambiguità altrui ci infastidisce”. Chi ha orecchie per intendere.
Partiamo dai dati. “L’interesse del Veneto sull’interscambio commerciale con la Russia è piuttosto limitato”, spiega Carraro. “Si tratta di 0,55 miliardi di euro per l’import – l’1 per cento del totale – e 1,3 miliardi per l’export, in calo continuo fino all’1,8 per cento del nostro smercio complessivo. Dunque non parliamo di asset strategici che con la guerra rischiano di sconvolgere direttamente la nostra economia. Il problema semmai è legato agli approvvigionamenti di materie prime dall’Europa orientale”, a partire dall’acciaio sparito dai porti dell’alto Adriatico. “Da questo punto di vista, ripercussioni per l’industria pesante ce ne sono. Ma nulla che faccia pendere, nemmeno per opportunismo, l’ago della bilancia verso Putin: mi confronto ogni giorno con le nostre aziende e il sentimento è univoco e atlantista. Se ai tempi della Crimea ci furono delle critiche sulle sanzioni imposte alla Russia, oggi non c’è più alcun dubbio”.
Sono ancora i numeri a fare la differenza. Il 13,8 per cento dell’export veneto è diretto in Germania, il 10,9 in Francia, il 9 negli Stati Uniti. Seguono Regno Unito, Spagna, Svizzera. Otto paesi dei primi dieci partner commerciali della regione fanno parte della Nato. La Russia è tredicesima, dietro alla Cina. E sulla tanto borbottata invasività politica dello zio Sam: dal 2011 a oggi le esportazioni verso Washington sono più che raddoppiate – da 2,9 a 6,4 miliardi di euro; quelle verso Mosca invece, già prima dell’escalation militare, si erano ridotte del 13 per cento. “È una facile considerazione”, sorride il capo locale di Confindustria. “L’alleato economico è anche quello geopolitico. Strategico. E infine bellico, nei tempi più duri. Quindi se la stragrande maggioranza del nostro benessere dipende dall’occidente, qualsiasi simpatia verso altri regimi prescinde dalle logiche di mercato”.
Dall’indagine Swg emerge anche un altro aspetto: la percentuale di filorussi fra chi si colloca a destra è il triplo – 36 a 12 – rispetto alla media nazionale. E il Veneto acclama la coalizione di Zaia a percentuali bulgare. Così i due fattori – località e ideologia – si intensificano a vicenda. “Tra le istanze indipendentiste o autonomiste delle nostra regione e quelle del Donbas c’è un abisso storico e di contesto”, continua Carraro, “ma intuisco che per un certo tipo di elettorato tali parallelismi possano instillare simpatia”, o anche più, a sentire Zoccatelli e il resto dei veronesi fedeli a Donetsk. “Attorno alle piccole e medie imprese, fulcro del nostro territorio, tuttavia non percepisco nulla di tutto ciò. Magari le mie frequentazioni sono diverse. Anzi di sicuro”.