Il leader immaginario
Il "Truman Salvini show". Sulla delega fiscale il governo pronto a "recitare per lui"
Non lo contrastano più con il metodo aristotelico, ma con Eduardo, con il metodo Felice Sciosciammocca
Mario Draghi si prepara a ricevere Salvini che continua la sua battaglia sul fisco. Il leader della Lega si dimentica perfino le norme del suo governo. Domani l'incontro
Il piano del governo è “ditegli sempre di sì”. Non bisogna temerlo ma assecondarlo. E’ il Salvini immaginario, il disunito fiscale: “La delega non la voto”. Oscilla tra i complimenti a Marine Le Pen (“dopo Orbán un altro segnale importante”) e l’affetto verso Romano Prodi (“le sue parole di saggezza le trovo assolutamente azzeccate”). Potrebbe perfino dire che i libri di Dario Franceschini “sono riuscitissimi”. A Verona ha parlato di benzina: “Bisogna rinnovare lo sconto che scade il 21 aprile”. Gli hanno risposto: “Guarda che lo abbiamo già rinnovato”. E lui: “Vabbè, scade di nuovo”. Domani incontra Draghi. Si recita per lui.
Prima era un pericolo ora è una commedia. Non lo contrastano più con il metodo aristotelico, ma con Eduardo, con il metodo Felice Sciosciammocca, la finzione che si traveste di verità. Chi ieri chiedeva al governo se l’incontro Draghi-Salvini si sarebbe tenuto oggi, riceveva come risposta che “si terrà, si terrà, statene certi. Bisogna preparare tutto per bene. Metterlo a suo agio”.
Per rendere più verosimile questa sua battaglia, per mostrargli che le sue rivendicazioni sono seriamente prese in esame, è stata sconvocata la seduta della commissione Finanze, alla Camera, che era stata calendarizzata ieri, e tutto in “attesa dell’incontro decisivo”. Bisogna fargli credere che sarà epocale. Al governo si stanno pure inventando un premio di pan di zucchero, ciò che conta è che alla fine lui possa dire: “Abbiamo vinto”. Poi la febbre gli scende.
A differenza di Giuseppe Conte nei confronti di Salvini c’è più tenerezza. La ragione è questa: “Uno è compatito l’altro è disistimato”. Salvini ha solo bisogno di attenzioni mentre Conte vuole stare al centro dell’attenzione. Ascoltando il primo si compie un’opera di bene, conversando con l’altro ci si impregna solo di eau de cologne.
Il primo in un’intervista al Secolo XIX si è congratulato con la sua compagna di ballo francese, l’altro, da Massimo Giletti, ha dichiarato che “è distante dalla Le Pen, ma vicino ai temi che pone”. Ha in pratica inventato le “convergenze lepeniste”, l’equivicinanza. Non è una provocazione ma quanto pensano in molti e a Palazzo Chigi. Salvini è per certi versi più “originale” ed è per questo che si merita la farsa di governo, la tazza calda con il premier che è invece “en marche”.
Domenica sera, insieme a Macron, Draghi ha infatti respirato e confidato “aspettiamo adesso il ballottaggio, ma è sicuramente un buon segno e un buon risultato”. C’è un collegamento tra il risultato della destra francese e i progetti di quella italiana. Il “pensiero stupendo” sono le elezioni anticipate ma facendole passare come “Draghi si vuole dimettere e andare al voto”. Qualcuno, dalla sera della sua ultima visita a Sergio Mattarella, la sera dell’offensiva Conte, lo ha pensato e lo ripete ogni giorno ai suoi collaboratori ricevendo ogni giorno la smentita: “Non accadrà mai. Draghi non si dimette. Siamo nel mezzo di una guerra. Devono assumersi la responsabilità di sfiduciare il governo”. E ora dunque le minacce. Voi prendereste in esame una crisi che viene argomentata con questa lingua? Uno stralcio che andrebbe diffuso: “A meno di non portare il prelievo al 10 per cento, per tutti, resterà inalterata la tassazione solo sulle rendite finanziarie (oggi al 26 per cento) mentre saliranno quelle sulle locazioni convenzionate (oggi tassate al 10 per cento) sui titoli di stato (oggi tassati al 12,5) o le cedolari sugli affitti (oggi tassati al 21 per cento). E’ quindi immaginabile che l’aliquota che verrebbe adottata sarebbe più vicina al 26 che al 10 con un sicuro incremento di tassazione”. E’ la nota della Lega a firma Federico Freni, il sottosegretario al Mef. Anche a trascriverla, gira la testa.
E’ lo stesso codice di Conte, l’oppio dei populisti. Draghi la studiava in aereo mentre volava da Roma ad Algeri per firmare l’accordo che aumenta le forniture di gas. E’ la lingua di cartone come era di cartone la vita nel film di Peter Weir che ora viene preso come esempio dal governo. “Salvini vive un Truman Show. Tutti intorno recitano per lui sapendo che è tutto finto. E’ il Truman Salvini show”. Nel teatro popolare, quello napoletano, si dice “facimm’ ’na guarattella”, in quello siciliano “’na pupiata”. Quando gli hanno sentito ripetere: “Il governo aumenterà le tasse sulla casa, io voglio per iscritto che non verranno aumentate e ripeto per iscritto” a Palazzo Chigi hanno risposto: “E glielo scriviamo, che problema c’è”. Un giorno riusciranno forse a dirgli che Salvini non è più Salvini.