Il Pnrr di Draghi alle prese coi capricci dei partiti
Un decreto un po' azzoppato, molte baruffe, soluzioni parziali per non fallire la missione di giugno del Recovery. E intanto la Concorrenza è la tela di Penelope: e la svolta di Conte sui balneari rischia di complicare ancor più le cose
A metà pomeriggio, la riunione prevista per trovare una soluzione viene sospesa, si prende atto che una soluzione non c’è. I capigruppo del Senato, in contatto con la sottosegretaria Deborah Bergamini e col viceministro Gilberto Pichetto, insomma le persone che seguono più da vicino il dossier della discordia, convengono che no, vedersi alle 18 a Palazzo Madama per discutere sugli emendamenti al ddl Concorrenza non ha senso. Perché nel frattempo dalla Camera Lega e Pd mandano a dire che no, loro non accetteranno che un provvedimento così decisivo arrivi blindato. Al che i senatori rilanciano: “Allora noi vogliamo ridiscutere il dl Energia”, che a Montecitorio si sta licenziando in queste ore. “E anche la delega fiscale: non esiste che sia solo un ramo del Parlamento a occuparsene”. Più che bicameralismo paritario, l’asilo Mariuccia. Una rivendicazione di dignità dei rappresentanti del popolo che si risolve in un delirio d’inconcludenza. Mario Draghi vorrebbe fare ordine. Anche perché nel fuoco incrociato che infuria, le scadenze del Pnrr rischiano di essere mancate. Ed è per questo che per tutta la giornata a Palazzo Chigi si lavora coi gabinetti dei vari ministeri per dare consistenza a un decreto che dovrebbe andare oggi in Cdm e che conterrà varie misure necessarie ad agevolare il lavoro di tutti in vista dell’appuntamento di giugno: perché dal raggiungimento dei 45 obiettivi dipende una rata da 24 miliardi. Vietato sbagliare.
E però anche qui il premier ha dovuto dirigere un traffico caotico. Perché tra le richieste che i suoi ministri gli inviavano ce n’erano parecchie sul caro energia che col Pnrr avevano poco a che fare. Al che, siccome lo stillicidio di dichiarazioni in favore di “un nuovo scostamento” stava riprendendo, l’ordine è stato chiaro: “Ora ci occupiamo del Recovery, le misure per il sostegno alle imprese le definiremo dalla prossima settimana in un nuovo decreto”.
E allora ecco le norme per centralizzare e razionalizzare le procedure di assunzione nel pubblico impiego, opportune anche per superare certe osservazioni avanzate a Renato Brunetta dalla Commissione europea nei giorni scorsi. Ed ecco le estensioni dei contratti di sviluppo per le imprese che investono nelle Zone economiche speciali, come voluto da Mara Carfagna, la quale richiede anche una semplificazione per i sindaci del sud in affanno e costretti a ricorrere a consulenze esterne per attuare i progetti del Pnrr, con tanto di richiamo in servizio di dirigenti in pensione (ah, la retorica sulla Next Generation). Tante cose, insomma, ma l’impressione condivisa che si proceda un po’ a folate intermittenti, con un’unità d’intenti e di prospettive che si sfarina man mano che s’approssimano le scadenze elettorali.
Il che è evidente soprattutto sul fronte della Concorrenza, intrappolata in una specie di giorno della marmotta: nel senso che dopo decine di riunioni, incontri, mediazioni, si ritorna sempre a impantanarsi sui soliti punti. La settimana scorsa si è rischiata la farsa. Sembrava dovesse essere il vertice decisivo, quello di giovedì. E invece Palazzo Chigi si è ritrovato con proposte che i collaboratori di Draghi hanno definito “pittoresche”, col centrodestra che invocava un’attuazione automatica del golden power in caso di vittoria di imprese straniere – anche se europee – nelle gare sulle concessioni idroelettriche, e Pd e Leu che ribaltavano la logica sugli affidamenti in house nel trasporto pubblico locale, per fare in modo che tutto resti com’è.
Una tela di Penelope che vede al centro il noto ricamo irrisolto: quello dei balneari. Su cui il governo non ha ancora formulato dei pareri rispetto alle centinaia di emendamenti prodotti dai partiti, nella speranza di trovare un compromesso politico. Che però pare semmai allontanarsi ora che anche Giuseppe Conte ha imposto una mezza inversione di marcia al M5s, che s’è unito alla truppa della destra nel tentativo di sabotare la liberalizzazione delle concessioni. Domenica il senatore Mario Turco, vice del fu avvocato del popolo, ha annunciato la svolta ai parlamentari grillini in una riunione alquanto tribolata. Perché sì, certo, il Pnrr, i soldi di Bruxelles, tutto giusto. “Ma anche i balneari votano”, ha detto Turco. E questo è tutto.