Estrarre il gas italiano. "Si può fare ora", dice il sindaco di Ravenna
Michele de Pascale contro la sindrome del "not in my backyard"
Non dipendere dal gas russo. Anzi: rinunciare al gas russo, eliminando però anche l’idea (ideologia?) che il nostro gas non si possa estrarre o che la sua estrazione sia più un danno che altro. E’ possibile, dice il sindaco pd di Ravenna Michele de Pascale, eletto per la prima volta nel 2016 e ora al secondo mandato. “Si può fare anche in fretta”, dice, “ma deve cambiare la normativa e bisogna rifuggire dalla sindrome ‘not in my backyard’ ”. Riavvolgendo il nastro delle politiche energetiche, Ravenna è storicamente un punto di riferimento per l’estrazione del gas: “Dai tempi di Enrico Mattei”, ricorda il sindaco.
“Ora da qui si potrebbe partire per rilanciare le attività estrattive nell’Alto Adriatico”, dice De Pascale. Non per niente, una delle prime persone che ha incontrato appena eletto, la prima volta, nel 2016, è stato Claudio Descalzi, amministratore delegato Eni, e si era allora parlato di incrementare gli investimenti nell’area. Un piano era stato messo a punto, dice il sindaco. Poi, nel 2018, lo stop. “Una sorta di moratoria complessiva, e la cosa è paradossale: mentre la produzione italiana veniva dimezzata, il consumo raddoppiava”. Poi c’è stata l’entrata in vigore del Pitesai (Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee). De Pascale lo vorrebbe vedere sospeso negli effetti. “Mi colpisce che il premier Mario Draghi abbia notato quanto fosse incredibile l’aumento di gas importato dalla Russia negli ultimi anni. E insomma, io dico che con le infrastrutture esistenti, potenziando l’attività sui giacimenti di gas naturale nell’Alto Adriatico, si può avere un incremento significativo: si può riuscire ad avere il 15 per cento del fabbisogno nazionale di gas, triplicando il volume attuale. Un aumento di produzione per circa due miliardi di metri cubi. Ma si potrà fare solo con un cambio di normativa. Si pensi che la Croazia sta già estraendo nella stessa zona, visto che si tratta di un’area oltre le 12 miglia dalla costa”. C’è però chi insiste sui danni ambientali. “Se non estraiamo”, dice De Pascale, “trasportiamo. E se trasportiamo inquiniamo di più che estraendo, senza considerare la perdita di posti di lavoro nel settore di questi anni. Mi sembra insomma un comportamento irrazionale”.
Quanto ai rigassificatori, Ravenna si è data disponibile per ospitarne uno. “Se pensiamo che il rigassificatore più grande d’Italia, nell’Alto Adriatico, al largo di Rovigo, importa gas da tutto il mondo, dal Qatar al Messico, e poi noi non usiamo il nostro gas”, dice il sindaco, “beh, forse dovremmo fermarci un attimo: non staremo andando contro il nostro interesse per una sorta di pregiudizio? Dire sì al rigassificatore e no alle attività estrattive: sinceramente, faccio fatica a capire”. Il tema inquinamento è molto presente. “Qui stiamo parlando di attività che si svolgono a 20 chilometri dalla costa, e quindi il tema della subsidenza, cioè la ‘discesa’ del suolo, che pure viene spesso messo sul piatto, non entra in questione. Il gas serve anche in un momento di transizione ecologica. Ripeto: importare il gas inquina il 30 per cento in più. Senza contare che abbiamo già l’infrastruttura”. De Pascale è favorevole anche all’installazione di un parco eolico marino proprio in nome della transizione ecologica e della non dipendenza. “Il problema però, anche qui, è la burocrazia”. Quale allora la road map? “Noi stiamo intensificando gli incontri per chiedere al governo di considerare questi aspetti, per sospendere gli effetti del Pitesai e per rilanciare gli investimenti nell’Alto Adriatico”.