la politica della racchetta

Draghi prova a trasformare gli Internazionali in Wimbledon: stop ai russi

Luca Roberto

Dopo l'annuncio degli organizzatori inglesi, il governo è pronto a fare lo stesso, spalleggiato da Coni e Federtennis. Ma per il torneo di Roma la fuga in avanti potrebbe avere delle conseguenze serie

Tra gli Internazionali d'Italia, che si svolgeranno dal 2 al 15 maggio, e Wimbledon le differenze sono tante e tali che qualsiasi tentativo di omologazione sarebbe sbagliato. Eppure da qualche giorno il governo italiano s'è deciso: bisognare fare come gli inglesi, che mercoledì hanno annunciato il bando dei tennisti russi dal Grande slam sull'erba in programma a fine giugno a Londra. Una decisione che il numero uno al mondo Novak Djokovic ha definito "una follia". E che l'Atp e la Wta, cioè le associazioni del tennis professionistico cui sottostano il circuito maschile e femminile, hanno bollato come "ingiusta" perché "potrebbe creare un precedente dannoso per il gioco". Questo tenendo ben presente che "la discriminazione basata sulla nazionalità costituisce anche una violazione del nostro accordo con Wimbledon che afferma che l'ingresso dei giocatori si basa esclusivamente sulle classfiiche Atp".

 

Niente da fare. Argomentazioni che non hanno fatto breccia qui da noi, a quanto pare. Al punto che il premier Draghi una volta resa nota la decisione degli organizzatori inglesi ha da subito lasciato intuire dove voglia andare a parare: si vuole accodare. Inseguire questa operazione di ostracismo partita da Londra per fare pressioni sul Cremlino. Anche se a ben vedere di difficoltà pratiche ve n'è più d'una. In primis, Wimbledon è l'unico slam la cui organizzazione è in capo all'All England Club e alla federazione inglese. È il motivo per cui il torneo ha potuto conservare così ampi margini di autonomia che gli hanno concesso, per fare qualche esempio, l'imposizione di un dress code o un calcolo della classifica diverso rispetto a quello adottato dall'Atp.

 

Nel caso degli Internazionali d'Italia, invece, c'è una stretta dipendenza dall'Atp e dalla Wta (il circuito femminile), così come in tutti i tornei Master 1000 (i secondi più importanti dopo gli slam). Per cui è innegabile che una fuga in avanti del governo potrebbe avrebbe delle conseguenze importanti: dalla perdita di punti da assegnare al torneo. Fino al caso limite dell'interruzione della collaborazione con la Federtennis. In pratica, potremmo persino perdere il diritto a organizzare il torneo.

 

Sono, come ovvio, soluzione estreme. Ma il fatto che alla conferenza stampa di presentazione del torneo sia il presidente del Coni Giovanni Malagò che la sottosegretaria allo sport Valentina Vezzali abbiano voluto evidenziare come le istituzioni sportive italiane in relazione alla questione ucraina lavorino a stretto contatto con il Cio (che ha già escluso le rappresentative russe) fa capire che l'opzione sia già stata messa sul tavolo. 

 

Per un certo verso, in questa rincorsa agli inglesi sembra di vedere all'opera un discreto deja-vu. Quando Novak Djokovic disse di non volersi vaccinare e di essere disposto a non prendere parte ai tornei che imponevano l'obbligo vaccinale, subitò si alzò il coro degli indignados. Il succo era: anche da noi gli va impedito di giocare. Sebbene già all'epoca le regole sul green pass non prevedevano un obbligo per praticare sport all'aperto, com'è per l'appunto il tennis. In sostanza, si volevano regole uguali per tutti ma un po' più uguali per il numero uno al mondo (che adesso è sceso al numero due. Ironia: è stato sostituito da Medvedev, che essendo russo avrà un po' di problemi a mantenere la posizione). Solo che nel frattempo anche in Francia hanno cambiato le regole per l'applicazione del certificato verde. E già da tempo si è capito che Djokovic potrà partecipare al Roland Garros senza alcun problema.

 

Altro discorso è se la decisione di Roma dovesse essere presa in stretta collaborazione con gli altri paesi europei. Visto che nelle prossime settimane oltre agli Internazionali d'Italia sono in programma anche il Master 1000 di Madrid e l'Open di Francia. Certo è che una fuga in avanti non passerebbe inosservata e si esporrebbe al rischio che più che di tennis si parli di ricorsi e impugnazioni. Il presidente della Federtennis Angelo Binaghi ha detto che il suo sogno sarebbe quello di veder suonare, prima della finale di Roma, l'inno italiano e l'inno ucraino. "Sarebbe divertente vedere un giocatore russo in questo contesto". Le questioni in cui è invischiato il governo sono ben più serie ma non meno unicamente simboliche. E' la politica della racchetta che si adatta a quella internazionale. Per dirla alla Adriano Panatta, che ha rilasciato un'intervista a Repubblica: "Perché mai dovrebbe essere impedito a un tennista russo di svolgere il suo lavoro? A un ingegnere succede lo stesso?". Chissà, forse si arriverà anche a questo.

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