Il nodo della riforma
Governo a folle, anche sul ddl concessioni: "Ci riaggiorniamo"
Il disegno di legge è sul tavolo dei partiti che però ne trovano sempre una per posticipare il via libera: l'ultimo nodo sono le concessioni idroelettriche sulle quali Pd e Leu frenano per timore di scalate indesiderate e straniere. E nel frattempo c'è lo stop amministrative all'orizzonte
A forza di posticipare la decisione, l'accordo ancora non ha visto la luce e le concessioni sembrano lontane: il nodo del provvedimento sulla concorrenza continua a intricarsi sempre di più, senza che i partiti effettivamente abbiano la volontà di districarlo e di cercare una via d'uscita. Il ddl, che prevede tra i vari punti le concessioni balneari, idroelettriche e di distribuzione al naturale, è stato più volte osteggiato dai partiti che in pieno clima elettorale sentono l'esigenza di contrastarsi a vicenda per solleticare i rispettivi elettorati: e così il provvedimento da giugno slitterà nella migliore delle ipotesi a luglio, considerando appunto l'ostacolo amministrative in programma per il 12 giugno.
Il programma prevede un primo via libera al Senato entro la metà di maggio, la chiusura alla Camera a inizio luglio per poi essere definitivamente approvvato entro il 15 luglio: nel frattempo, per recuperare tempo sui ritardi, è stata accettata la proposta del ministro dei Rapporti con il Parlamento, Federico d'Incà, il quale ha previsto di dividere gli articoli nei due rami del Parlamento. Il Senato vaglierà gli articoli dall'1 al 18 e dal 28 al 32 ovvero le parti più insidiose del disegno di legge riguardanti le concessioni degli stabilimenti balneari, dei taxi e dei servizi pubblici locali e le concessioni ai produttori di energia idroelettrica, ultimo tassello ingarbugliato di una vicenda sempre più labirintica.
Pd e Lega hanno rimarcato la loro irremovibilità sui fronti opposti: i dem infatti hanno frenato proprio sulle gare idroelettriche le quali secondo uno studio di The European House-Ambrosetti, in dieci anni potrebbero far fruttare 9 miliardi ma che in un momento come questo potrebbero essere appettibili anche ai paesi stranieri incentivando così le scalate indiscriminate. Proprio quello che si vuole evitare e proprio ciò che i leghisti scongiuraro: tanto che ai tempi del governo gialloverde la via scelta era stata quella di affidare la decisione delle concessioni alle singole regioni ognuna con le sue leggi, i suoi limiti e le proprie scadenze. Dal fronte del centro-destra Maria Stella Gelmini assicura il Pd proponendo il golden power in caso di attenzioni straniere ma il partito di Letta, seguito da Leu, non ci sta e la situazione rimane bloccata.
Insomma, anche le concessioni idroelettriche si sono imbattute nel braccio di ferro su cui anche già quelle relative ai taxi avevano trovato il passaggio ostacolato dal valzer di posizioni: prima il Pd insieme a M5S d'accordo per tenere ferme le concessioni ai taxisti, col centrodestra a chiedere di annullare la norma, poi cambio di rotta con i democratici, insieme a Leu, a difesa dell’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale, e i grillini che a quel punto si sono affiancati alle posizioni della Lega.
Stesso copione per il fisco dove Matteo Salvini propone l'innalzamento della Flat tax da 65.000 a 100.000 euro, "per dare stabilità e opportunità di maggior lavoro e guadagno a 2 milioni di autonomi in questo periodo difficile. Speriamo che nessun partito si opponga”. In conclusione, ciò che appare più lampante della pretesa camaleontica dei partiti, i quali ogni giorno si spostano da un polo all'altro e che consapevolmente non giungono ad accordi, è il pantano entro cui il ddl è rimasto incagliato: per ora nessuna fumata bianca all'orizzonte.