L'intervista

“Non c'è diversificazione energetica senza politica estera”. Parla Amendola

Missione Africa. "L'Ue deve guardare a sud, oppure il progetto di affrancarci dal gas russo avrà strada breve. Ecco come fare".

Valerio Valentini

L'intervista al responsabile dei rapporti con Bruxelles di Palazzo Chigi. "Macron o Le Pen? Progressisti ed europeisti non possono avere dubbi"

Il rischio, certo, c’è. “Rischio obbligato, d’altronde”. Ma nella scelta di svincolarci  dalla dipendenza energetica nei confronti della Russia c’è anche un’opportunità. “Anzi due”, dice Enzo Amendola. “Per l’Unione europea – spiega il sottosegretario in quota Pd, responsabile dei rapporti con Bruxelles per Palazzo Chigi – c’è la sfida storica di fare finalmente un salto di qualità nell’integrazione energetica. E per l’Italia c’è la possibilità di farsi promotrice di un dialogo coi paesi africani”. Perché il punto, per Amendola, sta qui: “Comprendere che fare politica energetica impone di fare anche politica estera. E dunque il governo italiano, con la collaborazione dell’Eni, fa benissimo a cercare nuove fonti di gas nel Mediterraneo e in Africa, ma senza uno sforzo diplomatico volto a cooperare con quell’area del mondo l’obiettivo della diversificazione energetica rischia di poggiare su gambe fragili”. E in effetti, a guardare l’atlante, a mettere gli occhi su quell’asse che congiunge il Maghreb con Cipro, là dove ci sono le riserve energetiche maggiori, vengono i brividi. “Tra Marocco e Algeria c’è una rottura delle relazioni diplomatiche: significa confini chiusi, anche se per quei confini passano i tubi di gasdotti che arrivano in Europa. La Tunisia vive un travaglio politico da mesi. La Libia è nelle condizioni che sappiamo, e i suoi livelli delle forniture energetiche sono ai minimi dal 2015. In Libano attraversa una grave crisi economica. I nostri rapporti con l’Egitto sono segnati dal caso Regeni. Poi c’è Israele, senza pace in Terrasanta, e Cipro, in perenne tensione con la Turchia”. 


Sembra già molto ma non basta. “Perché il tutto potrà essere complicato ancor più – prosegue Amendola – dalla possibile crisi alimentare dovuta alla guerra in Ucraina”. E dunque, che fare? “Politica, questo bisogna fare. Risale al 2020 un progetto ambizioso, ‘Renew Africa’, che vedeva il coinvolgimento di 21 aziende europee, tra cui le italiane Enel, Cdp e Intesa, per portare infrastrutture e reti necessarie per le energie rinnovabili in tutto il continente. Si tratta di un progetto che per due volte ho portato all’attenzione della Commissione europea, ma invano. Giace ancora, temo, in qualche cassetto”. Il motivo? “Una certa passività europea nei confronti dell’Africa. Disinteresse gravissimo, a mio giudizio: perché è proprio sul trasferimento delle nostre tecnologie che dovremmo investire per vincere la competizione con quei paesi, come Russia e Cina, che invece con altri metodi hanno affermato i propri interessi in Africa. Ma la nostra sicurezza energetica passa proprio da qui, da un impegno diplomatico per la stabilizzazione, la crescita economica e la cooperazione allo sviluppo”.

Nel frattempo, di energia si parla anche in vista del prossimo Consiglio europeo. “A metà maggio la Commissione presenterà le sue proposte sui piani di acquisto e stoccaggio comune, price cap e disaccoppiamento tra prezzo dell’energia elettrica e quello del gas”. Sapremo convincere gli scettici del nord, tedeschi e olandesi su tutti? “Non c’è da convincere nessuno. C’è una consapevolezza crescente che solo muovendoci in modo compatto e non come 27 diversi acquirenti, possiamo fare sì che i paesi europei acquistino potere negoziale nel mercato mondiale dell’energia, a partire dal gas. Anche qui, l’Ue è chiamata a una sfida da cui si esce vittoriosi solo rafforzando l’integrazione”. Sempre a patto che domenica vinca Macron. “In quanto esponente del governo, mi asterrei dal fare pronostici. Mi pare però evidente che, specialmente in quest’ottica, le piattaforme politiche di Macron e Le Pen sono radicalmente opposte. Per gli europeisti e i progressisti, direi che è molto complicato poter avere dei dubbi”.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.