Il caso
Il Giubileo di Gualtieri: Draghi lo aiuta sui rifiuti, ma fondi saranno gestiti dal Mef
Per l'Anno Santo il governo permette al sindaco di varare il termovalorizzatore derogando il piano regionale di Zingaretti. In arrivo 1,4 miliardi di euro che non passeranno dal Campidoglio
I poteri, che in Italia sono sempre super, gli serviranno per non incenerire il campo largo di Nicola Zingaretti in regione. Ma i soldi, che in Italia sono sempre del ministero dell’Economia, saranno gestiti da altri e non da lui. Per il sindaco Roberto Gualtieri è un buon compromesso. Il Giubileo del 2025, nelle intenzioni del governo, serve anche a rimettere i peccati di Roma e di quella bolgia burocratica chiamata Campidoglio. Dunque la capitale potrà avere un termovalorizzatore senza modificare il Piano regionale dei rifiuti, che non ne prevede. Gualtieri, in qualità di commissario governativo dell’Anno santo, potrà derogare a quanto già deciso da Zingaretti, senza voti né stress test in Aula per il governatore (il M5s è contrario). Sui soldi però Palazzo Chigi è stato chiaro: li gestiamo noi. O meglio la società “Giubileo 2025” cento per cento Mef.
La sede legale di questa scatola magica che gestirà 1,4 miliardi di euro stanziati dal governo in quattro anni sarà il comune di Roma. Tuttavia leggendo il dpcm di ventisei pagine, che il premier Mario Draghi firmerà in settimana, si capisce come tutto sarà gestito fuori dal Campidoglio. Competenze e uomini.
La società controllata da Via XX Settembre (capitale sociale: 5 milioni di euro) “agirà come soggetto attuatore e da stazione appaltante per la realizzazione degli interventi e l’approvvigionamento dei beni e dei servizi utili ad assicurare l’accoglienza e la funzionalità del Giubileo”. Secondo le norme contenute nella bozza del decreto del presidente del Consiglio potrà anche scavalcare il codice dei contratti pubblici. A vigilare su tutto sarà la Ragioneria dello stato. Salvo intoppi nei bilanci, “Giubileo 2025” chiuderà i battenti il 31 dicembre 2026, ad Anno aanto bello che concluso da un pezzo.
Come anticipato il 17 marzo dal Foglio, Draghi ha deciso di scommettere sull’ad di Poste Italiane Matteo Del Fante. Sarà lui il presidente della società, manager stimato dal capo del governo, ma anche in maniera trasversale dai partiti. I due ruoli – Poste e Giubileo – non sono incompatibili. Il resto del consiglio d’amministrazione sarà composto da conoscenze di Gualtieri, che è stato nel Conte II ministro dell’Economia.
Per il ruolo di amministratore delegato sarà indicato invece Marco Sangiorgio, codirettore generale di Redo sgr, la società attiva nel social housing, con un passato in Cdp. Sempre dalla cassaforte di Via Goito arriva anche Alessandro Tonetti, che di Cassa depositi e prestiti è il vicedirettore generale. Completano il cda due donne. La prima è Nunzia Vecchione, sorella dell’ex numero del Dis Gennaro e dirigente della Ragioneria. Poi c’è Ivana Guerrera, proveniente dal Mef. Il compenso per i cinque dirigenti sarà di 29 mila euro lordi annui per il presidente (dunque Del Fante) e di 16 mila per gli altri membri del cda. Soldi che potrebbero prevedere anche una parte variabile legata agli obiettivi raggiunti in questi anni. Nel dpcm si fa anche riferimento alla nomina del collegio sindacale.
Tre sindaci effettivi (Antonella Carrù, Eugenio Madeo e Cinzia Simeone) e due supplenti (Filippo Barbagallo ed Emanuela Capobianco). Il compenso per loro varia da una base di 22 mila a 16 mila euro annui, sempre lordi. Tutta la macchina fattuale dell’Anno santo passerà da questi nomi e dalla società creata dal ministero dell’Economia: progettazione, affidamento e realizzazione degli interventi, delle forniture e dei servizi. Con una certa impazienza da settimane, anzi mesi aspettano in Campidoglio questo dpcm. Nelle stanze del governo da sempre ci sono perplessità (eufemismo) nei confronti della macchina amministrativa capitolina. Non solo. Prima del decreto di nomina, a Palazzo Chigi erano stati sollevati anche forti dubbi sulla possibilità di indicare commissario Gualtieri.
Sarebbe stato uno smacco senza precedenti con ripercussioni anche politiche. E alla fine si è venuti a più miti consigli. Oltre al Dpcm, manca un’altra norma: quella che permetterà al sindaco di non rispettare il piano dei rifiuti del Lazio. Solo così Roma potrà finalmente dotarsi di un termovalorizzatore (senza problemi in maggioranza per Zingaretti che si trova il M5s in giunta). Il regalo più bello, finora, del Giubileo.