(foto di Ansa)

Sicurezza energetica

Indipendenti dal gas russo entro il 2024: la road map di Cingolani

Francesco Dalmazio Casini

Aumentare le forniture dei partner africani, nuova attenzione alle rinnovabili e risparmio energetico. Così in due anni l'Italia può fare a meno del metano di Putin 

Risparmio, nuove forniture e rinnovabili. Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani torna a elencare i prossimi passi per affrancarsi dalla dipendenza dal gas di Mosca. Secondo la Strategia per la sicurezza nazionale energetica, che il premier Mario Draghi ha chiesto di rendere pubblica nella conferenza stampa di ieri, “entro la seconda metà del 2024 dovremmo essere autonomi”. Ancora due anni abbondanti, dunque, per fare a meno del gas russo. Un tempo tutto sommato contenuto per trovare altrove quei 29 miliardi di metri cubi di metano che l'anno scorso l’Italia ha acquistato da Gazprom.

 

I passi fondamentali sono tre. “Il primo è aumentare il gas che arriva in Italia attraverso i gasdotti”, ha detto il ministro in un’intervista a Repubblica, a partire da quello che arriva dal Transmed algerino. Dopo l’accordo raggiunto con Algeri qualche settimana fa, il ministro si aspetta che quei nove miliardi di metri in cubi in più concordati con gli algerini arrivino “nell’arco di tre anni”. Nel frattempo il metano liquefatto importato da Angola, Congo e Qatar aumenterà di un miliardo e mezzo di metri cubi entro fine anno, per poi arrivare a 12,7 miliardi per il 2024. Per accogliere le navi metaniere serviranno almeno due nuovi rigassificatori offshore, di cui Snam avrebbe già assicurato la disponibilità, per cui sarebbero stati individuati i porti di Ravenna e Piombino.

 

I volumi aggiuntivi da soli non basteranno. Cingolani promette di “risparmiare sette miliardi di metri cubi di gas al 2025”, con l’installazione di nuove centrali rinnovabili. Con il controllo delle temperature e lo sviluppo del biogas, i miliardi risparmiati potrebbero essere dieci. Aumentare l’energia prodotta da fonti rinnovabili (eolico e solare in primis) è stato uno dei punti al centro del Cdm di ieri e su cui sembra esserci l’accordo, dopo le polemiche sull’espansione delle aree idonee sollevate dal ministero della Cultura. Nel comunicato finale si legge che “si individuano ulteriori aree idonee ai fini dell’installazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e vengono ulteriormente semplificati i procedimenti relativi alla realizzazione degli impianti”. Niente supercommissario: “È stata una richiesta dei gruppi che installano rinnovabili, ma non se ne sente l’esigenza”, ha detto Cingolani a Repubblica. Ma l’attenzione a eolico e solare resta un passo obbligato se, come confermato dal ministro, si vuole proseguire sulla strada della decarbonizzazione. Per il 2030 la quota di energia prodotta delle rinnovabili dovrebbe salire addirittura al 72 per cento, permettendo di abbattere le emissioni del 55 per cento. E la messa a regime centrali a carbone? “Rimane comunque una misura transitoria”. Cingolani spiega che i vecchi impianti non resteranno in funzione più di due anni.

 

Intanto l’Italia riempie gli stoccaggi e continua a comprare dalla Russia. Cingolani conferma che “se (la fornitura russa) fosse sospesa tra un mese il prossimo inverno sarebbe complicato da gestire”, motivo per cui adesso “serve un indirizzo chiaro, univoco per tutti gli stati membri da parte della Commissione europea”. Per il momento l’Italia si appogerà al sistema a doppio conto per continuare a fare affari con Gazprom, in ottemperanza a quanto si sta facendo a livello europeo. Smentita dunque la dichiarazione del ministro pubblicata da Politico secondo cui l’Italia sarebbe indirizzata a “permettere alle aziende di andare avanti e pagare in rubli”.

 

Cingolani ha risposto anche su due delle questioni più scottanti del nuovo approccio energetico. Riguardo alla dipendenza da paesi ad altissimo rischio politico, il ministro crede che “sia più semplice avere a che fare con sei o sette paesi di dimensioni non grandissime”, rispetto ad un grande fornitore, la Russia, che è anche una grande potenza militare. Il rischio permane, certo, ma il margine negoziale italiano sarebbe maggiore rispetto a quello con Mosca. Sul prezzo del gas, invece, dopo le dichiarazioni sulle “speculazioni” del mercato energetico, Cingolani torna a parlare dell’imposizione di un tetto: “Il price cap del gas è una soluzione europea, che risolverebbe certe storture del mercato energetico, compresi i picchi abnormi di prezzo”, ma precisa che “non può essere fatta da un singolo stato membro, che si ritroverebbe isolato”.

Di più su questi argomenti: