Letta s'è stufato delle bizze di Conte, e ora rivaluta il proporzionale
"Il sentiero è stretto", come dice Guerini, ma bisogna provarci. Gli sfoghi del segretario del Pd sull'inaffidabilità del leader grillino: dopo il Quirinale anche la guerra. La riunione promossa da Orfini vede l'adesione di tutti i ministri e i capicorrente dem. Provarci ma senza parlarne troppo, questa è la linea del Nazareno
La consapevolezza condivisa è quella che indica Lorenzo Guerini, ché “il sentiero è stretto”. E però accanto a questa se ne è affiancata un’altra, e s’è radicata anche in chi finora vi s’era opposto, e cioè che insomma quel percorso, quello che porterebbe al proporzionale, va tentato. Del resto Enrico Letta, maggioritarista convinto, aveva già lanciato dei segnali in tal senso ai suoi ministri, la scorsa settimana. E lo aveva fatto nella consapevolezza che qualcosa, con Giuseppe Conte, s’era rotto davvero. Perché dopo il Quirinale è arrivata la guerra a indicare che “su certi presupposti fondamentali, su certi valori per noi non negoziabili”, da parte del leader del M5s manca affidabilità. “Perché da parte nostra nei confronti di Conte c’è stata una disponibilità estrema”, e invece sia sul capo dello stato, sia sul collocamento internazionale, il fu avvocato del popolo preferisce tenersi le mani libere. Dunque che fare?
Per Matteo Orfini bisognerebbe partire da qui: “Dal riconoscere che il trentennio nato sulla svolta maggioritaria è stato un sostanziale fallimento”. E’ su questa premessa che il deputato dem ha riunito ieri, alla Camera, in una riunione ristretta, i capicorrente del Pd. Tutti convinti nel riconoscere le ragioni del proporzionale. Non solo il ministro della Difesa, che quella strada l’avrebbe imboccata con convinzione dopo la farsa quirinalizia di Conte, ma anche quello del Lavoro, Andrea Orlando, e con loro Dario Franceschini. Il quale ha evidenziato, d’altronde, come “proprio questa legislatura dimostra che non basta ancorarsi al maggioritario per evitare di ritrovarsi a dover fare, dopo le elezioni, coalizioni di ogni tipo”. Provarci, insomma. Questa è la tesi. “Pur nella consapevolezza che in ogni caso restano due fronti contrapposti, e noi non perdiamo di vista i punti di collegamento tra le forze riformiste, di centrosinistra, progressiste”, ha detto Marco Meloni, consigliere politico di Letta che alla riunione interna promossa dall’associazione LeftWing, think thank dei Giovani turchi, ha portato la linea del Nazareno.
Che tiene conto, in effetti, anche delle obiezioni poste da Nicola Zingaretti. Il quale ha rammentato, come ha fatto anche Andrea Marcucci, che “quella del proporzionale resta una priorità del Pd, dopo il taglio dei parlamentari”, e che però conviene superare ogni vaghezza: “Diamoci un programma preciso, perché i dieci mesi che restano sono pochi, e se ci rendiamo conto che non si può ottenere il proporzionale, agiamo di conseguenza”.
Perché poi, al fondo, resta questo il problema. Come fare? La speranza di convincere Forza Italia a sganciarsi dal centrodestra pare archiviata dal riavvicinamento del Cav. a Matteo Salvini. Quest’ultimo, in realtà, nei colloqui riservati è assai meno categorico, nell’opporsi al proporzionale. “Ma allora non lasciamoci schiacciare dalla sua retorica per cui, con la crisi che c’è, noi di sinistra pensiamo solo alla legge elettorale”, ha insistito Orfini ieri. “Qualunque legge è meglio di quella attuale”, ripete Giancarlo Giorgetti agli ambasciatori del Pd. E a questo, che non è molto, s’aggrappano gli speranzosi. Ai quali però Letta consiglia di sperare sottovoce. “Perché la convenienza del proporzionale per il Pd è diventata evidente già dopo il pasticcio del Quirinale. E però incaponirsi su questa strada sarebbe un’ammissione di debolezza, significherebbe ammettere che sappiamo di non poter vincere, e quindi meglio puntare al pareggio”.