Democratici in tour
“Elettori di Zaia, ve la diamo noi l'autonomia”. Anche Letta sfida la Lega nel Nordest
Non bastavano FdI e Fedriga. Il Carroccio sotto scacco risveglia perfino l’opposizione dem: “Padova è un modello per l’Italia”, dice il segretario. Che poi fa infuriare i leghisti, pungendoli sul tema a loro più caro
Dicono che la vecchia Liga sia saltata dalla sedia. “Va ben tutto, ma farci dare lezioni di federalismo dal Pd…”. Eppure la cannonata arriva da Enrico Letta in persona: “Daremo noi l’autonomia al Veneto che ha votato Zaia”. Bam. E notare bene: Salvini non lo nomina neppure. Perché un po’ tutti, nel Nordest, sentono che al leader del Carroccio sta mancando la terra sotto i piedi. Dall’interno gliela rosicchiano i meloniani, che un pezzo alla volta accolgono militanti e amministratori scettici. E in Friuli niente meno che il governatore Fedriga, pronto a lanciare la sua lista civica per le prossime regionali. Così perfino il mansueto centrosinistra locale non può esimersi dal tiro al bersaglio. “Il ‘Prima l’Italia’ dei salviniani è il contrario di un federalismo moderno. E il tempo di Zaia è finito”, spara il segretario dem. E quel 77-15 delle ultime regionali, chi se lo ricorda più.
Letta ha scelto tempi precisi. Un mese fa era a Verona, all’inizio di questa settimana è tornato alla carica a Padova: i due capoluoghi cardine – a giugno alle urne – delle prossime elezioni amministrative. Dove il Pd sogna di fare man bassa. Anche perché il centrodestra si sta sabotando da solo, tra guerre intestine e candidati deboli. Durante la visita a Palazzo Comunale si parla addirittura di “modello Padova per l’Italia”, attorno all’aziendalismo del sindaco uscente Sergio Giordani. “Un civico vero, capace di attirare investimenti”, sorride Letta, con scivolamento radical chic: “Nella mia Moleskine ci sono le città che creano problemi e poi quelle in cui si lavora bene. Padova è una di queste”. Poi la benedizione a distanza: “L’impostazione della campagna elettorale di Damiano Tommasi a Verona è perfetta. Impossibile puntare al governo senza essere protagonisti in Veneto”.
Il tour del segretario va avanti, a folate di vento: dichiarazioni di qua, ambasciate alle imprese in crisi di là. Tutto fa brodo per battere sul territorio. E quando lui si dilegua, la Lega esce allo scoperto. Ritoccando l’Enrico stai sereno: “Al Veneto ci pensiamo noi”, risponde Alberto Villanova, presidente dell’intergruppo del Carroccio in Consiglio regionale. “Sono sicuro che Letta, nel corso della sua gita, abbia potuto ammirare l’efficienza e l’ordine della nostra terra. Mica piovuti dal cielo, ma grazie al duro lavoro dell’amministrazione Zaia. È da anni che la sinistra confida di avere la regione in pugno, e poi sappiamo come va a finire. O forse il segretario suppone che i veneti abbiano dimenticato il boicottaggio del Pd nel referendum per l’autonomia del nostro popolo?”.
Eppure, che il tema clou non dipenda più dalla regione stentano a ricordarlo un po’ tutti. “La legge quadro era pronta nel 2020, ma il Covid ha imposto lo stop e ora siamo in attesa di esaminare il testo definitivo”, ha spiegato oggi il ministro pentastellato Federico D’Incà, sulle colonne della Nuova Venezia. “Difficile però che arrivi una svolta, ora che la legislatura sta per finire: temo che l’autonomia diventi materia di propaganda da entrambe le parti”, mentre al M5S, in Veneto, non restano nemmeno le briciole. E allora riecco la franchezza.