L'intervista
Parla Marcello Pera: "Meloni votabile. Salvini sulla guerra mi turba. Putin da fermare ora"
La classe dirigente di FdI? "Non sarà difficile per Meloni avere gli uomini adeguati. Il problema sarà distinguerli dagli opportunisti”
"Il leader della Lega si fermi e rifletta. Meloni non parli di deep state. Di Maio è un eccellente ministro. Chi non vuole spedire le armi all'Ucraina potrebbe essere costretto a imbracciarle per difendersi". Intervista all'ex presidente del Senato
Roma. Marcello Pera è dunque “meloniano”? “Sono un uomo libero. Vado dove penso di poter dire qualcosa”. E infatti è andato a Milano all’evento di Giorgia Meloni. Dicono che Pera, dopo Salvini, “si è venduto ancora”. Quanto l’hanno pagata? “E’ noto che sono un mercenario avido. Ma Meloni mi ha dato una fortuna”. In rubli? “Volevano pagarmi, in ‘nero’, ma ho rifiutato. Tutto contabilizzato e tracciabile”. Ed è chiaro che insieme all’ex presidente del Senato, già fondatore di Forza Italia, sorridiamo. Torniamo seri. Salvini? “Sulla guerra la sua posizione mi turba”. Putin? “Chi non vuole spedire armi all’Ucraina potrebbe presto imbracciarle per difendersi”.
Pera e Meloni. Caro professore Pera, insomma, ma lei, a Milano, cosa è andato a fare? “Ho accettato l’invito di FdI. Si parlava di Partito liberale conservatore. E’ la mia posizione di un secolo. Mi è sembrato un passaggio importante”. E’ da tempo un riferimento di Salvini. Ha dimenticato Salvini? “Salvini è un caro amico e continuo a parlarci amabilmente. Sarei andato anche da lui se solo avesse organizzato un evento simile. Ma lo ha organizzato Giorgia Meloni”. Voterà Meloni? “Non va messa così. Si deve dire che FdI sta cambiando rispetto al passato. Che Meloni ha lanciato una sfida, in primo luogo a se stessa, che questa sfida è seria e importante. Se sarà capace di trasformarsi in una forza liberal-conservatrice non ci saranno più alibi”. Quindi voterà Meloni? “Se quel passaggio sarà compiuto non c’è dubbio che un partito liberal-conservatore sarà legittimato a governare. Meloni diventa sempre più votabile”.
Con Pera abbiamo deciso di fare un’intervista tra il bischero e il serissimo. E’ il momento serio. Professore, la posizione sulla guerra in Ucraina di Salvini, la sua svolta mistica, non la turba? “Sulla guerra la posizione di Salvini mi lascia perplesso”. Un riepilogo. E’ volato in Polonia dove è stato dileggiato da un sindaco di paese. Ripete da settimane che vuole mettere fiori dentro i cannoni di Putin. Era pronto a partire per Mosca e dialogarci pure. Del quasi-viaggio a Mosca qual è la sua opinione? “Non credo che a Mosca ci sia qualcuno che attenda Salvini”. E’ tra quelli che pensano che Putin abbia “le sue ragioni”? “Appartengo a un’altra parrocchia. Sono tra quelli convinti che l’attacco di Putin sia rivolto a tutto l’occidente”. Sta dicendo che dopo l’Ucraina anche l’Italia rischia di essere invasa? “Dico che all’attacco di Putin non si può sfuggire. Putin non si fermerà. Vuole riscrivere i confini. Il suo giudizio sull’occidente è che si tratti di un continente degradato, secolarizzato, scristianizzato. Ritiene l’occidente una terra da denazificare. Deve essere preso sul serio, alla lettera”. Negoziare o combattere Putin? “Putin va fermato”. Con una “esgalescion”, come direbbero sia Giuseppe Conte sia Salvini, ma diplomatica? “Putin va fermato sul terreno e con le armi. Solo così sarà costretto a sedersi al tavolo e trattare. Se lo si lascia avanzare detterà le regole”.
Caro Pera, si può dire che Salvini, sulla guerra, abbia perso una occasione per marcare un’identità? “La guerra in Ucraina è senza dubbio un’occasione per definire una identità”. Gli vogliamo porgere un consiglio tenero? “Il mio consiglio a Salvini è di fermarsi a riflettere sull’identità sua e del centrodestra, di avere un progetto per l’Italia e una strategia, e non limitarsi alle piccole polemiche quotidiane”.
Sono segni di una malattia comune anche alla Meloni. Parla di deep state, poteri forti. Sul Foglio, il direttore Claudio Cerasa, l’ha definita la “retorica del vittimismo” e il “complesso delle catacombe”. Perché parla in quel modo? “Glielo dico subito. Ma prima, proprio a voi del Foglio, chiedo un favore: non fate come i vostri fratelli maggiori che oggi ammazzano Salvini per esaltare Meloni, e poi ammazzeranno Meloni perché fascista. E’ un giocherello della sinistra assai vecchio e banale. Ciò detto, anche a me quel linguaggio dispiace. Immagino che Meloni si rivolga alla parte più tradizionalista del suo partito per non perdere consensi. Il processo che la Meloni ha scelto di compiere sarà lungo, complesso, ma è utile e per questo va sostenuto”. Non sarà un’altra chimera questo Partito conservatore? “Bisognerebbe spiegare di cosa parliamo. Un Partito conservatore è eurocritico ma non antieuropeo. Meloni può ben usare le parole di Draghi che ha criticato le istituzioni comunitarie chiamate inadeguate. Poi, un partito conservatore deve essere aperto al mercato e antistatalista. Da ultimo, deve essere una roccia a difesa della nostra tradizione occidentale e cristiana”. Lei conosce la classe dirigente di FdI? “Neppure al Partito comunista italiano, quando cambiò nome, venne chiesto di avere una classe dirigente nuova dalla sera alla mattina. Voglio dire che gli uomini di solito si precipitano dove annusano odore di vittoria e si ribattezzano in fretta. Ricorda Veltroni che non era mai stato comunista? Non sarà difficile per Meloni avere gli uomini adeguati. Il problema sarà distinguerli dagli opportunisti”.
C'è un uomo del Pd che si distingue secondo Pera? “Lorenzo Guerini. Quattro uomini stanno tenendo unito il paese in questo momento. Sono Mattarella-Draghi-Guerini-Di Maio”. Anche Di Maio? “Si fa ironia e invece si sta mostrando un ministro degli Esteri eccellente. La sua posizione sulla guerra è buona. Meglio di quel genio cor botto”. Chi è quel genio cor botto? “Scusi, ma lei non lo sente il professor Conte?”.
Abbiamo finito un’intervista con un quasi presidente della Repubblica. Salvini lo aveva candidato. “Mi sono mancati 505 voti. Nessun problema, ma in quella occasione il centrodestra ha dato una brutta prova di sé. Era meglio avere un candidato di centrodestra, anche battuto, ma dimostrare che esiste una cultura che poteva esprimere personalità degne di rivestire la carica di presidente”. Al Quirinale ci sono giardini magnifici. Dicono che ci siano anche i datteri. Certo, un’intervista sotto i datteri … “Non mi lamento. Ha mai visto il mio terrazzo con i limoni?”.
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