Draghi cede su balneari e authority per sbrogliare il ddl Concorrenza
Sulle concessioni per le spiegge si va verso una nuova proroga di cinque anni. L'idea di sottoporre le nomine per le autorità pubbliche al vaglio di una commissione di tecnici viene accantonata. Il negoziato al ribasso sul Pnrr che incombe: Palazzo Chigi ha fretta di portare il provvedimento in Aula al Senato
Comprare col tempo la mancanza di tempo. Concedere al Parlamento riottoso una proroga – in una norma che pure dovrebbe segnare la fine della logica della proroga – nella consapevolezza che loro, cioè Mario Draghi e i suoi tecnici, una proroga non potrebbero neppure chiederla, alla Commissione europea. Sembra un paradosso un po’ farsesco. E però anche di questi paradossi si sostanziano le mediazioni che Palazzo Chigi deve costruire per evitare guai sul Pnrr. Almeno a giudicare dall’ultima versione disponibile – che non è detto sia la definitiva: il tutto potrebbe ancora peggiorare – del testo che gli uffici della presidenza del Consiglio hanno condiviso coi partiti di maggioranza sulla più ingarbugliata delle questioni da affrontare nel ddl Concorrenza: quella sulle concessioni balneari.
Del resto, Lega e Forza Italia c’avevano scommesso, sul tirarla in lungo. Edoardo Rixi e Maurizio Gasparri, i capo negoziatori in questa trattativa che mirava allo stallo più che al disarmo, sapevano che “per Draghi il tempo è una variabile non indifferente”. E dunque? “E dunque noi aspettiamo che cedano”, ripeteva il senatore azzurro. A ragione, peraltro (per quanto una ragione perversa): perché entro dicembre la nuova legge sulla Concorrenza deve essere approvata in tutti i suoi decreti attuativi, secondo la scadenza concordata da Bruxelles. Per farlo in tranquillità, Palazzo Chigi contava di approvare il testo al Senato entro Pasqua. E’ passato quasi un mese, e ancora si litiga sui singoli emendamenti, ancora il dossier è bloccato in commissione Industria.
Che del resto la diplomazia di Draghi avesse optato per ritirate tattiche, concessioni territoriali in cambio del cessate il fuoco coi senatori, s’era capito sulla norma per le authority. Quella, cioè, che istituiva un comitato di esperti delegato a proporre candidati per le autorità pubbliche. Immediata indignazione bipartisan: “Si lede l’autonomia della politica”, protestavano i partiti. E poco importa che “l’autonomia della politica”, ancora di recente, s’è sublimata nel nominare un deputato della Lega dentro l’Agcom, senza neppure pretendere che il diretto interessato, Massimiliano Capitanio, avesse l’accortezza di dimettersi in attesa dell’investitura ufficiale. Alla fine, dopo varie modifiche del testo, i collaboratori di Draghi – che all’inizio delle ostilità avevano detto: “Niente soppressivi!” – hanno accettato l’idea dell’emendamento soppressivo.
Figurarsi se di fronte a questo cedimento governativo, i resistenti del Parlamento, accucciati nelle loro trincee a difesa dei balneari, potessero valutare una tregua. E così, nel testo circolato ieri, durante una riunione convocata a Palazzo Chigi coi responsabili delle forze di maggioranza, come via d’uscita dalla stagione delle proroghe è stata proposta una proroga. Il Consiglio di stato aveva infatti indicato il 31 dicembre 2023 come termine ultimo per la scadenza delle concessioni. Ora il testo in discussione prevede che lo si faccia, sì, ma solo dopo aver “fissato un congruo periodo di cinque anni per consentire agli attuali concessionari l’adeguamento” alle nuove disposizioni. E non basta. Perché, con un’estrema riformulazione che riformula una riformulazione precedente, si stabilisce che i titolari degli stabilimenti verranno considerati “non abusivi” “fino al rilascio ad un nuovo avente diritto, a seguito dell’espletamento di procedura selettiva, del pertinente titolo”. Sembra un’inezia, è invece un ennesimo pertugio in cui s’insinueranno i furbetti del bagnasciuga. Ma per Palazzo Chigi va bene così. L’importante è portarlo in Aula, questo ddl Concorrenza, perché altrimenti si rischia grosso sul Pnrr. Sperando poi che la Commissione non abbia troppo da ridire, su questo modo molto italiano di rispettare gli impegni europei.