Gianluca Ferrara (Screenshot da YouTube M5s Parlamento)

il dietrofront

Commissione Esteri, il grillino Ferrara si fa da parte. "Ma la scelta del presidente non spetta al M5s"

Ruggiero Montenegro

Il senatore fa un passo indietro dopo le polemiche su Stati Uniti e Putin. Ma la nomina è un caso: "Non è una carica ereditaria", "C'è un problema di metodo", dicono Craxi (Fi) e Garavini (Iv). Alfieri (Pd) chiede al Movimento "una proposta seria che rafforzi la politica estera del governo"

"Scelgo di non candidarmi a presidente della commissione Affar Esteri del Senato". Il senatore del M5s Gianluca Ferrara ci ripensa e poche ore dopo aver garantito che in caso di elezione avrebbe mantenuto "una posizione superpartes di massima garanzia nei confronti di tutte le forze e le posizioni politiche", annuncia il passo indietro. 

In una nota accusa un'altra volta "la macchina del fango che si è messa in moto nei miei confronti" e "nel rispetto dei valori del M5s che non brama a poltrone e per il bene della mia forza politica" lascia il campo a un nuovo nome. Che a questo punto potrebbe essere quello di un altro grillino, Ettore Licheri. E d'altra parte il nome di Ferrara aveva fatto storcere il naso a più di qualcuno anche all'interno del Movimento: "Fuoco amico M5s", hanno rivelato all'AdnKronos diversi senatori. Troppo difficile digerire le dichiarazioni e le posizioni anti-americane espresse nel corso degli scorsi anni da Ferrara, che questa mattina aveva spiegato al Foglio di essere stato frainteso, decontestualizzato.
 

Adesso però si apre un'altra partita e non è detto che sia il M5s a tenere il pallino del gioco. “La questione non è il nome", dice al Foglio Stefania Craxi, vicepresidente della commissione Esteri prima che si trovasse il modo per far decadere Petrocelli. "È il principio che non funziona. Esiste una maggioranza di governo, non è una carica ereditaria e non c'è una prenotazione”. Una lettura speculare a quella espressa dalla parlamentare di Italia Viva Laura Garavini: "C'è un problema innanzitutto di metodo. Non è scritto da nessuna parte che i 5 stelle debbano esprimere il nome. E poi serve un profilo atlantista ed europeista, non certo un filoputiniano. Staremo a vedere”.

 

Polemiche che tuttavia dal Movimento 5 stelle rispediscono al mittente. "Il problema vero è che parliamo di una poltrona molta ambita, soprattutto in un momento storico come questo, in particolare dal centrodestra, da Forza Italia", dice al Foglio Alberto Airola, che si riferisce al fatto che i forzisti al momento non presiedano nessuna delle commissioni in Senato. "Aspettiamo la nuova candidatura. ma le altre forze politiche devono prendere atto che spetta a noi dare l'indicazione".  

Una linea che trova una sponda (ma non incondizionata) nel Partito democratico. “Di solito è una scelta che fa la maggioranza, in particolare la forza politica che ha la presidenza che si deve sostituire. Salvo che i capigruppo non decidano diversamente", ci dice Alessandro Alfieri. L'esponente dem delinea anche l'idenkit del prossimo presidente della commissione Esteri: "Ci aspettiamo una proposta solida, che serva a rafforzare e sostenere la politica estera del governo, soprattutto rispetto all'Ucraina. Queste sono le nostre valutazioni, poi spetterà al M5s”. Come a dire che sarebbe meglio individuare un nome meno controverso di quello di Ferrara.


"Serietà" è invece la richiesta che arriva dal fronte dell'opposizione. È Adolfo Urso a spiegare i desiderata di Fratelli d'italia: "Aspettiamo che arrivi un'indicazione da parte della maggioranza, come di solito accade  in questi casi. Aspettiamo che ci diano un nome, meglio ancora se una rosa di nomi". Il presidente del Copasir è netto: "Non ci prestiamo ai giochi di alcuni partiti della maggioranza. Vogliamo un presidente che possa essere terzo, e in linea con le politiche adottate dal governo. noi ci siamo dimostrati responsabili nel sostenere la politica estera dell'esecutivo. Chiediamo serietà”.

 

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