Il racconto

Il Copasir avverte Fuortes: "La Rai è infiltrata dalla propaganda di Putin"

Simone Canettieri

Oggi l'audizione dell'ad della televisione di stato davanti al Comitato parlamentare per la sicurezza della repubblica. Il manager: "Non scelgo io ospiti e scalette"

“Caro Fuortes, la televisione di stato è stata bucata e infiltrata dalla propaganda pianificata dal Cremlino”. L’audizione al Copasir dell’ad della Rai alla fine produce questo messaggio. Un’ora di seduta. Nessuna inquisizione. Zero liste di proscrizione.  “Il tutto si è svolto senza ledere autonomia, libertà, scelte editoriali e nella difesa del pluralismo”, spiega Adolfo Urso, presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della repubblica. Il manager di Viale Mazzini se n’è andato sicuramente più consapevole dello scenario in cui si muove “la guerra ibrida” di Putin. Conflitto che passa anche dalla tv.  

Dettaglio di cronaca: durante l’audizione un po’ tutti i componenti del Copasir hanno preso la parola. Per fare domande a Carlo Fuortes, certo, ma anche per prospettargli “le attività di ingerenza che sono in atto da parte della Russia nei confronti dell’Italia e degli altri paesi della Nato”. Il dem Enrico Borghi è stato quello più attivo. Un martello. Ha parlato per tabulas. E’ partito dai fatti e dalle informazioni in possesso del Comitato. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Federica Dieni (M5s), Ernesto Magorno (Italia viva), Elio Vito (Fratelli d’Italia) e così via.  L’unico partito rimasto silente è stata la Lega. Raffaele Volpi era assente per problemi personali. L’altro esponente del Carroccio, Paolo Arrigoni, è rimasto silente. Nemmeno un intervento. 

Va fatta anche una premessa. Il Copasir veniva da una palestra niente male. Il giorno prima, mercoledì, è stato audito per quattro ore Mario Parente, direttore dell’Aisi, l’agenzia che si occupa della sicurezza nazionale e del controspionaggio (per fare un esempio: sono dell’Aisi le  attività di intelligence sui trenta finti diplomatici russi espulsi dall’Italia lo scorso 5 aprile, ma anche quelle sul caso di Walter Biot, il capitano di fregata arrestato mentre prendeva 5 mila euro da funzionari dei servizi del Cremlino in cambio di informazioni classificate).

Dunque davanti a Fuortes sono passati fatti e analisi, non critica televisiva. Il Copasir non è entrato nei palinsesti Rai. Non sono stati citati programmi. Non è stato fatto il nome di Alessandro Orsini, il prof. dalle posizioni così controverse e discutibili sulla guerra in Ucraina. Fuortes si è limitato a dire, questo sì, che per lui “i talk per come sono concepiti non rendono un buon servizio all’approfondimento e all’informazione”. E che, insomma, in “Rai vige la massima autonomia” e che non è lui a scegliere ospiti e scalette. Un nome però alla fine è stato fatto davanti al manager della Rai: quello di Nadana Fridrikhson, giornalista della tv russa Zvezda, di proprietà del ministero della Difesa. I membri del Copasir hanno chiesto a Fuortes un approccio più olistico e meno burocratico davanti a un fenomeno che va ben oltre la disinformazione del mattoide di turno che la spara grossa. L’audizione si è mossa su un canovaccio comunque distensivo. Nessun attacco alla dirigenza Rai, ma la richiesta di una maggiore consapevolezza “davanti al rischio di infiltrazioni russe nella tv pubblica sì”. “Abbiamo fatto suonare una sveglia mettendo a conoscenza Fuortes della cornice dentro la quale si muove la propaganda di Putin, non solo con giornalisti, ma anche con influencer, cantanti, opinionisti...”, raccontano diverse fonti al Foglio.     
Adesso toccherà, fra una settimana, al presidente dell’Agicom  Giacomo Lasorella. La polemica sulla Rai e sui talk non si è spenta. Dal Pd, ecco il ministro Andrea Orlando: “Che la politica sia chiamata a occuparsi dell’articolazione dei talk, o che il Copasir si occupi di Rai è lo specchio del fatto che forse bisognerebbe costruire un sistema tipo quello della Bbc”. Parole, quelle di Orlando, che i maliziosi hanno subito letto come una difesa d’ufficio nei confronti di Bianca Berlinguer e di #Cartabianca. 
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.