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Sul Ddl concorrenza

I balneari smentiscono la destra: "Vogliamo una riforma, non una proroga"

Valerio Valentini

"Ci sentiamo più tutelati dal diritto europeo che da chi ne propone interpretazioni pronvinciali". I leader dei sindacati del settore invitano il governo ad agire: "L'incertezza normativa è il peggiore degli scenari"

La richiesta, quella che più di tutte si mostra chiara, è una: “Che almeno non si usi la nostra presunta refrattarietà al cambiamento come alibi per l’inconcludenza della politica”. Ed è una richiesta che sorprende, quella di Antonio Capacchione. Perché arriva dalla voce del presidente del Sindacato nazionale dei balneari a criticare gli autoprocalamatisi difensori d’ufficio dei balneari. Quelli che vorrebbero un’altra proroga. Quelli che ce l’hanno con l’Europa che ci impone di mettere a gara le concessioni. “Ma noi ci sentiamo assai più tutelati dal diritto europeo che non da chi se ne professa interprete e confutatore, spesso con argomentazioni alquanto provinciali”.


Insomma, dipendesse da Capacchione, la diatriba sulle concessioni balneari, quella che da quasi un anno tiene in ostaggio il ddl Concorrenza, mettendo a rischio gli obiettivi del Pnrr per fine anno e le rate europee che ne conseguirebbero, sarebbe già chiusa. E non da oggi. “Perché già a luglio scorso, nel 2021, circolò una bozza governativa che andava nella giusta direzione”. Sarebbe dovuta entrare nella prima versione del disegno di legge, poi rinviata. “Si prevedeva l’avvio delle procedure per i bandi di gara delle concessioni, ma al contempo si riconoscevano tutele per i gestori attuali, si riconosceva il valore della continuità aziendale, si ponevano dei limiti alle concentrazioni”.

Insomma “era perfettibile, ma coglieva nel segno”. E invece si decise di non scegliere. Lega e FI minacciarono le barricate, a Palazzo Chigi prevalse la linea della cautela. E si rispolvera la vecchia idea: una bella proroga. “Ma la proroga è la non risposta che una politica pavida dà alle nostre richieste di chiarezza normativa”. Riformare subito, dunque? “Se serve un periodo transitorio, che lo si usi per allestire le procedure di gara. Non per mettere la polvere sotto al tappeto. L’ultima volta, col governo Conte I, si varò una proroga delle concessioni fino al 2033, e la si chiuse lì”. E così, come spesso capita, nell’indolenza della politica a imporre le riforme ci pensano i giudici. A novembre il Consiglio di stato ha azzerato quella norma contiana, ha stabilito che alla fine del 2023 le concessioni decadranno. Si andrà a gara. E nel caos normativo che ne è conseguito, si è finito addirittura con una sentenza della Cassazione che il 22 aprile scorso ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore balneare che s’era visto sequestrare la sua licenza di concessione di uno stabilimento balneare a Genova, e nel farlo ha fornito un’interpretazione assai severa della decisione espressa in materia dal Consiglio di stato.

In sostanza, la terza sezione penale della Cassazione ha stabilito che la proroga straordinaria al 2023 delle concessioni balneari vale solo per le concessioni rinnovate dopo il 2009. “Per cui noi ora rischiamo di vederci sequestrati gli stabilimenti, e magari accusati di occupazione abusiva”, protesta Gianni Bazzurro, proprietario di uno stabilimento balneare proprio in quel capoluogo ligure che proprio a seguito di quella sentenza è diventato l’epicentro della protesta. Già esponente del M5s, ora candidato nella lista con Marco Bucci, Bazzurro è uno dei più ascoltati dei balneari locali, ma ci tiene a dire che parla a titolo personale. “Serve certezza del diritto e chiarezza normativa, perché così, a furia di proroghe e ricorsi, si è costretti a lavorare nel costante pericolo di finire in mezzo a una strada”, dice. “E in una simile condizione, si bloccano gli investimenti proprio alla vigilia di quella che potrebbe essere la prima stagione turistica vera dopo due anni e mezzo di pandemia. Serve un compromesso tra concorrenza e tutela del lavoro, perché decine di migliaia di famiglie vivono di questa attività”. 


Voci singole, eterodosse, quelle di questi balneari riformisti? “No, non direi”, prosegue Capacchione. “La presunta refrattarietà della nostra categoria a ogni cambiamento normativo è un modo per nascondere il fatto che i problemi sono semmai nei contenziosi e nei conflitti di competenza tra stato, regioni e amministrazioni locali. Poi, certo, anche noi abbiamo gli oltranzisti. Ma anche durante la pandemia c’erano categorie di No vax. Non per questo, e per fortuna, il governo ha ritenuto di dovergli andare dietro”. 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.