più fatti che parole
Sul sostegno all'Ucraina l'Italia è un buon modello per l'Europa
Tra ospiti filorussi nei talk show e titubanze parlamentari si potrebbe pensare che a Roma siano troppo cauti sul sostegno agli ucraini, ma non è così. Lo strano caso del Parlamento, che a parole sembra polarizzato ma vota il supporto a Kyiv quasi all'unanimità
Nel grande romanzo relativo alle virtù incomprese del nostro paese, un capitolo a parte meriterebbe di essere dedicato a un tema importante che in questi giorni sembra essere sfuggito alla maggior parte degli osservatori, travolti dalla quotidiana raffica di fregnacce diffuse dai mezzi di informazione desiderosi di alimentare la gnagnera contro l’occidente brutto, sporco, cattivo e guerrafondaio. Il tema è relativo a una questione di primo piano che riguarda non, come spesso si sente dire, la distanza abissale tra ciò che si dice e ciò che si fa, ma la distanza incredibile che vi è in Italia tra ciò che si fa e ciò che si dice. Durante il conflitto in Ucraina, è capitato spesso di notare la differenza che esiste tra quei paesi che, contro Putin, sono riusciti a creare una simmetria tra parole e fatti e quei paesi che, invece, quella simmetria non sono riusciti a rispettarla (se accusi Putin di essere un criminale di guerra non puoi non prendere tutte le decisioni necessarie per evitare di finanziare la guerra di un criminale).
Ma allo stesso tempo bisogna anche notare che il nostro paese, nonostante la sua titubanza nel promuovere un embargo totale sull’energia russa, costituisce per alcune ragioni interessanti un unicum positivo in Europa. Non solo per la svolta importante impressa da Mario Draghi alla politica estera dell’Italia (“uno dei più grandi cambiamenti di politica estera in Europa da anni”, ha scritto la scorsa settimana il Financial Times). Ma anche per la presenza di una classe politica che pur sparando quotidianamente molte fregnacce nei talk-show. Pur provando quotidianamente a cavillare sulla differenza tra armi offensive e armi difensive (Conte). Pur provando a scaricare la responsabilità della guerra più su Biden che su Putin (Salvini). Pur facendo tutto questo alla fine dei conti, con i fatti, risulta essere molto più efficace che con le parole.
E il risultato, per quanto possa essere disorientante ammetterlo, è questo. Un Parlamento che ha dato la fiducia a una maggioranza filo putiniana (il programma di governo di Lega e M5s nel 2018 suggeriva una robusta “apertura alla Russia” e chiedeva “il ritiro delle sanzioni”). Dominato da una rappresentanza importante di anti europeisti (fino al 2017, Lega, M5s e FdI chiedevano l’uscita dell’Italia dall’euro). Formato da una componente non irrilevante di partiti che fino a qualche anno fa chiedevano di uscire dalla Nato (Lega e M5s). Un Parlamento che pur avendo tutte queste caratteristiche si trova a essere incredibilmente il più compatto tra i parlamenti d’Europa nell’aiuto all’Ucraina e uno dei più decisi nel sostenere l’intervento dell’Europa in Ucraina (la risoluzione di inizio marzo, valida fino al 31 dicembre, che prevedeva anche “la cessione di apparati e strumenti militari che consentano all’Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e di proteggere la sua popolazione”, al Senato ha avuto appena 13 contrari).
Ed è l’unico fra tutti i paesi dell’Unione europea ad avere non solo una maggioranza larghissima non ostile all’invio di armi, di aiuti, di sostegni all’Ucraina ma anche un’opposizione tutto sommato su questo terreno responsabile. Che ha scelto di non lucrare sulla guerra schierandosi dalla parte del governo nella lotta contro Putin (e allontanandosi anche dai filo russi d’Europa: vedi Orbán, vedi Le Pen) e che voterà con la maggioranza (lo farà anche Giuseppe Conte?) quando il Parlamento sarà chiamato a ratificare l’esecuzione dei protocolli di adesione alla Nato di Svezia e Finlandia (se l’obiettivo di Putin era entrare in guerra per allontanare la Nato dalla Russia, gli obiettivi sono già falliti). C’è un’Italia della gnagnera che cerca di nascondere con le parole i fatti. E c’è un’Italia dell’anti gnagnera che cerca di far valere i fatti sulle parole. Dare voce alla propaganda, significa illuminare la prima Italia. Combattere la propaganda, significa dar voce alla seconda. In tempi di guerra, scegliere da che parte stare non dovrebbe essere una scelta così difficile.
L'editoriale dell'elefantino