il ritratto
Chi è Vinicio Peluffo, il segretario che vuole portare il Pd a vincere in Lombardia
Iscritto al Pci poco prima della caduta del muro di Berlino, a lui Enrico Letta ha affidato le chance per sfilare la Regione alla destra dopo più di trent'anni. Ma anche qui costruire un centrosinistra largo non sarà facile
L’avanzata del Pd lombardo parte da Roma, dove oggi si è tenuta la direzione nazionale dem. Tra notabili e dirigenti, seduto in platea c’è anche Vinicio Peluffo: segretario del Pd in Lombardia a pochi mesi dalle regionali del 2023, il destino dello schieramento progressista è nelle mani di quest’uomo dal nome antico. “Non mi sento Atlante” si schermisce al telefono. Eppure sarà proprio lui a tentare l’assalto al cielo, formando una Grosse - Koalition in grado di issare lo stendardo progressista sul piano più alto di Palazzo Lombardia. Non solo: Peluffo dovrà esercitare anche il ruolo di kingmaker, avendo ricevuto pochi giorni fa l’investitura ufficiale da Enrico Letta (“la scelta del candidato sarà una decisione che prenderà il Pd lombardo, nei tempi che verranno decisi da loro. Io sono molto attento e rispettoso dell’autonomia dei livelli regionali del nostro partito”).
“Sarà un lavoro di squadra - puntualizza il segretario lombardo -, dobbiamo costruire un’alleanza più ampia e coesa possibile. Il Pd sarà il perno della coalizione e assieme agli alleati punteremo a sconfiggere un centrodestra che in Lombardia è sempre più spostato a destra. Da parte nostra, ci impegneremo per trovare il candidato migliore entro l’estate”. Nell’accampamento del campo progressista, in effetti, si respira una certa euforia; ma chi frequenta Palazzo Pirelli sa bene che il percorso è irto di ostacoli. Innanzitutto resta da sciogliere il veto posto pochi giorni fa da Niccolò Carretta, consigliere regionale di Azione e braccio destro di Calenda nel Nord: “Mai con i Cinque Stelle”. Un niet che rischia di pesare - anche in termini elettorali - proprio nel momento di massima tensione: dopo due anni di pandemia e con una coalizione litigiosa, per la prima volta dopo trent’anni si intravede una breccia nella cortina muraria eretta dal centrodestra lombardo nell’arco di sei lunghi lustri. Un peccato mortale non approfittare di questa occasione, tanto che a Roma i vertici dem inneggiano a un’alleanza strutturale con i Cinque Stelle.
Ma è una strada percorribile sopra il Po, dove le diffidenze reciproche sono maggiori? “Io - dice Peluffo, al quale stiamo facendo perdere gli ultimi minuti della Direzione - penso di sì perché c’è una straordinarietà della situazione lombarda, data dal dramma che abbiamo attraversato con la pandemia e dalla necessità di costruire una proposta per tenere insieme tutti quelli che si sono opposti a questa giunta. In questi anni le opposizioni hanno lavorato in maniera compatta, contrastando il centrodestra su temi decisivi come quello della nuova riforma sanitaria; anche la commissione d’inchiesta Covid, chiesta da noi, ha prodotto una relazione unitaria da parte di tutte le forze di minoranza”.
Insomma, la Grande Armée non è un’utopia: e il primo banco di prova saranno le amministrative del 12 giugno, dove “in tanti comuni le varie anime del campo progressista si presentano unite, con l’obiettivo di contrastare le politiche attuate in grandi centri come Lodi, Monza, Como e Sesto San Giovanni”. Ora, il generale dem in Lombardia non è certo un novellino: classe 1971, due bambine di 9 e 12 anni, a 18 anni entra nell’arena politica come rappresentante degli studenti del Liceo Classico Clemente Rebora di Rho, cittadina alle porte di Milano dove è nato e cresciuto. Investigando un poco scopriamo che all’epoca era anche un discreto giocatore di football americano; "vale come apprendistato politico?” gli chiediamo, strappandogli una lunga risata. “In effetti sì. Il football nell’immaginario collettivo è ‘lo sport dove ci si dà un sacco di botte’ ma chi lo ha praticato sa che è soprattutto un gioco di squadra, dove è necessario che ciascuno svolga esattamente il suo ruolo, con spirito di dedizione e sacrificio, per arrivare alla vittoria assieme ai propri compagni”.
Iscrittosi al PCI nel 1989, poco prima del crollo del muro di Berlino, si fa le ossa all’interno della Ecosy (oggi Yes, federazione giovanile che raggruppa i partiti socialisti e socialdemocratici europei), di cui è stato anche presidente. Assessore comunale a Rho nei primi anni duemila, la svolta arriva nel 2007, quando Peluffo (tra i fondatori del nascente Partito democratico) diventa capo della segreteria politica del segretario nazionale Walter Veltroni. Pochi mesi dopo, nonostante la sconfitta alle politiche del 2008, l’enfant prodige rhodense varca la soglia di Montecitorio: sul suo sito c’è scritto che lei è il primo cittadino nella storia di Rho a essere entrato in Parlamento. Conferma; “a voler essere precisi - ribatte, dando prova di un certo understatement - a inizio ‘900 c’è stato anche Filippo Meda, un liberale eletto nel mio stesso collegio. Lui però era milanese: io a Rho sono nato e cresciuto”. Chissà che Vinicio, condottiero antico calato in tempi moderni, non riesca anche nella storica impresa di riportare il suo schieramento a Palazzo Lombardia a trent’anni di distanza dall’ultima volta.