Il rito cannibale di Forza Italia Lombardia: ecco chi sta con chi
La sostituzione del coordinatore regionale Salini scatena la faida tra Gelimini, Ronzulli e i rispettivi paladini. Il partito del Cav. non ha mai attuato una vera transizione pacifica. È sempre stata guerra di successione
Forza Italia non ha mai attuato una vera transizione pacifica. È sempre stata guerra di successione, rito tribale propiziato dal capo. Quel che sta succedendo oggi in Lombardia non è diverso da quello che è successo ieri, o l'altro ieri. Semplicemente, sta avvenendo con molta più veemenza, con molta più brutalità. Riassumiamo i fatti e facciamo un passo indietro. Il ministro Gelmini si fa scappare una confidenza con Antonio Tajani, leader del partito, sul fatto che il conflitto - che esiste da anni - con Licia Ronzulli ha raggiunto livelli di guardia. La sostituzione di Massimiliano Salini, coordinatore regionale lombardo, è alle porte. Gelmini cerca una sponda e un alleato influente proprio in Antonio Tajani, che però appare scivoloso - nell'audio captato da Carmelo Caruso del Foglio - come se non sapesse nulla della vicenda.
Il pezzo esce e nel giro di pochissime ore Licia Ronzulli si presenta alla porta di Silvio Berlusconi - dicono i soliti maligni accompagnata da Marta Fascina - e incassa la successione a Massimiliano Salini. A Salini non viene reso l'onore delle armi, ma anzi un ulteriore schiaffetto con l'incarico - che lui rifiuta (facendo infuriare Arcore) - a responsabile delle imprese. Praticamente il nulla rispetto al potere di scegliere chi si candiderà in Regione e nei collegi, vera prerogativa del coordinatore regionale. A quel punto lo strappo è al suo massimo, e scoppia la bagarre.
Guardando indietro, però, le successioni al coordinamento regionale - l'unico che conta in Lombardia - non sono mai state "pacifiche". Guido Podestà, coordinatore regionale fino al 2011, era espressione di una corrente che schiacciava l'altra, quella di Mario Mantovani. Quando Mantovani prende il potere Podestà finisce nell'angolo. E' la fine di un'era. Tutti gli uomini di Podestà vengono rimossi, Mantovani mette i suoi: è una corrente coesa, forgiata nelle difficoltà dell'ostracizzazione precedente. Mario Mantovani riesce ad arrivare ad essere vicepresidente della Regione, assessore alla Sanità e coordinatore del Pdl. Le liste le fa lui, insieme a Berlusconi. Nel gennaio 2014 Mariastella Gelmini prende il posto di Mario Mantovani. Comincia la sostituzione: non è affatto pacifica, come sempre. Intanto Mantovani viene arrestato (e poi assolto con formula piena), ma il dispiacere di non essere stato abbastanza difeso da Forza Italia è tale che finisce in Fratelli d'Italia, dove attualmente è uno dei capibastone più rispettati. Intanto sul fronte azzurro quando Mariastella Gelmini diventa capogruppo alla Camera, fa nominare il suo uomo Massimiliano Salini come successore in Regione. Salini è vicino ai ciellini ed è una scelta che non scontenta nessuno, all'inizio. Ma intanto gli equilibri ad Arcore cambiano, e la Ronzulli è sempre più forte. Dall'11 giugno 2019 al maggio 2022 ci sono tre anni lunghi: negli ultimi mesi si rafforza l'asse con Matteo Salvini del quale la Ronzulli è l'interprete più importante. Ancora una volta, la successione. Come successe tra Podestà e Mantovani, anzi molto di più, è una successione "violenta", firmata da Berlusconi: c'è una perdente e una vincitrice. Via Salini e dunque Gelmini, dentro Licia Ronzulli. C'è un nuovo potere. Non c'è niente di nuovo, a livello di dinamica. Se non che è il partito ad essere ridotto ai minimi termini.
Ad oggi le posizioni in campo sono ferite aperte: alcune si rimargineranno, altre no. Licia Ronzulli è stata assai delusa dal post di Marco Bestetti, un tempo della corrente ora dissolta di Mantovani, che ha criticato il rientro di esponenti usciti da tempo, come Stefano Benigni e Alessandro Sorte. “Accogliere come la Madonna pellegrina chi, dopo la conquista del seggio parlamentare, ha sputato per anni in faccia al Presidente Berlusconi non è perdono, è masochismo. Oggi tacere è una colpa, oggi chi tace è complice. Quindi lo dico forte e chiaro: non in mio nome”, ha scritto Bestetti, uno degli uomini forti del consiglio comunale di Milano. Un altro gelminiano doc è Alessandro Mattinzoli, assessore alla casa bresciano. Ha detto in una riunione a porte chiuse che non rinnega nulla: ma i toni si stanno abbassando. Gelminiano è anche Graziano Musella, parlamentare e coordinatore provinciale. Ma è stimato, rappresenta gli amministratori e non è animato da intenzioni bellicose. Non è dato sapere il legame tra Cristina Rossello, coordinatrice cittadina, e Licia Ronzulli: ma l'avvocato è legata al Cavaliere, e questo potrebbe proteggerla. Fin qui i gelminiani: poi ci sono i ronzulliani, o comunque quelli che hanno accolto con piacere il ribaltone. In prima linea Giulio Gallera: ancora oggi rimprovera a Salini il fatto che come primo atto del suo mandato scelse di rimuoverlo da capodelegazione in giunta. E alla Gelmini di non averlo abbastanza difeso quando Salvini scelse di defenestrarlo a favore di Letizia Moratti. A proposito di Moratti, anche lei vanta ottimi rapporti con la nuova signora azzurra della Lombardia. Poi c’è Alan Rizzi, sottosegretario regionale, che da tempo sostiene la linea dell’alleanza organica con la Lega, al punto da essere accreditato come un uscente a favore del Carroccio, trattenuto solo dall'amicizia familiare con il Cavaliere. Infine, Fabio Altitonante: in tempi remotissimi vicino a Guido Podestà ha costruito negli anni una sua rete autonoma e accoglie senza troppi patemi il cambio di potere, considerato che tradizionalmente Licia Ronzulli ha coltivato con lui sempre un rapporto più che cordiale. Altrettanto tranquillo pare Fabrizio Sala, che appoggiò per primo la Ronzulli quando si candidò europarlamentare, scegliendo di non sostenere la "rivale" Lara Comi. Vecchie storie brianzole, ma che tornano in auge.