il colloquio
"Gelmini in Azione? Sarebbe bello, ma non succederà". Parla Calenda
"I ministri azzurri sono troppo legati a Berlusconi per lasciarlo. Ma il nostro partito è lo spazio di quei moderati di centrodestra che non vogliono morire sovranisti". Così l'ex ministro dello Sviluppo analizza le tensioni dentro Forza Italia. "Lavoreremo insieme per il Draghi bis, nel 2023"
L’irruenza, sulle prime, è quella tipica del personaggio. “Ma se la Gelmini litiga con la Ronzulli perché dovrebbe essere un mio problema?”. Poi però c’è come un attimo di ravvedimento. E allora Carlo Calenda, appena atterrato a Strasburgo per il lavori del Parlamento europeo, precisa che sì, “certo che sono movimenti significativi, quelli in atto dentro Forza Italia”. Semmai l’iniziale refrattarietà a commentare è dovuta ad altro, e cioè a quei pettegolezzi che vorrebbero i ministri azzurri perennemente in trattativa col leader di Azione per fare chissà che accordo, per pianificare una qualche intesa. “Tutte sciocchezze”, dice lui. “C’è chi si diverte a descrivermi come un piazzista, che passa le giornate a telefonare ai leader di altri partiti per fare campagne acquisti”.
E però, maldicenze a parte, c’è anche la politica. “Nello scontro sulle nomine in Lombardia, che mi pare attenga a equilibri di potere interni a FI, non metto bocca. Quanto all’intervista del ministro Gelmini al Corriere, lì mi sembra ci sia una questione più profonda. Sull’orientamento internazionale del partito, sull’appiattimento nei confronti di Salvini perfino in politica estera anche a costo di consegnare alla Meloni lo scettro dell’atlantismo nel centrodestra, sul paradosso per cui una forza nata nel mito della rivoluzione liberale si impegna per sabotare una riforma sacrosanta sulla Concorrenza, complicando la vita a Draghi sul fronte strategico del Pnrr. Ecco, aver sollevato con nettezza certe questioni denota senz’altro coraggio, da parte di Gelmini”.
Un coraggio sufficiente a mollare finalmente FI? “No, direi proprio di no. Sono persone che stimo, ma non credo affatto che lei, così come i ministri Carfagna e Brunetta, lascino il partito”. Affezione, pavidità, eccesso di cautela? “Direi anzitutto lealtà assoluta nei confronti di una persona, come Berlusconi, che di quel partito è stato il dominus assoluto”.
Dunque, a dispetto del molto rumore, non accadrà nulla? “Direi che qualcosa sta già accadendo. Nel senso che al progetto di Azione e +Europa continuano ad aderire parlamentari e amministratori locali che vengono da FI. E questo mi rende orgoglioso. Mi conferma nel mio convincimento, e cioè che questo che stiamo costruendo è lo spazio di chi crede che il ruolo dei moderati del centrodestra non sia inseguire Salvini, che la loro prospettiva non sia quella di morire sovranisti. Dopodiché, di qui al voto del 2023, il compito di Azione sarà soprattutto un altro”.
Ovvero? “Impedire che un governo a netta trazione sovranista, guidato da una destra antieuropea e inadeguata, abbia la maggioranza dei seggi in Parlamento. E che al tempo stesso una eventuale saldatura dell’asse populista riproponga scenari catastrofici come quello del 2018”. Sarete i registi dello stallo, quindi? “Uno stallo, però, che non potrebbe che portare all’unica soluzione ragionevole: e cioè un nuovo incarico a Draghi, con un mandato ancora più netto sulle riforme e sull’attuazione del Pnrr”.
Ambizioso, come programma. “Per farlo dovremmo raggiungere almeno l’8 per cento, ma credo potremmo andare oltre il 10”. Difficile, continuando a litigare con altre forze centriste come Italia viva. “Ma Renzi non vuole fare un polo centrista. Vuole contrattare con Letta una manciata di collegi sicuri”. C’è chi, in Iv, dice lo stesso di voi di Azione. “E allora perché loro si oppongono al proporzionale?”.
In ogni caso, alle elezioni Calenda sarà in un partito diverso rispetto alla Gelmini. “Ma guardate che questo insistere su traslochi e spostamenti non infastidisce solo me, credo che delegittimi anche la battaglia che Gelmini sta facendo. Dopodiché a me piacerebbe avere al mio fianco gente preparata ed esperta di FI, riluttante all’idea di scimmiottare Salvini; così come sarei felice se uno come Giorgio Gori, che certo non esulta a sapersi alleato dei grillini, condividesse il nostro progetto. Sarebbe bello, ma non succederà, purtroppo. Quindi non ci resta che rimboccarci le maniche, e andare per la nostra strada”.