La visita

Draghi (con Zaia) prende "a gavettoni" i pessimisti balneari: "Non voglio essere preso in giro"

Carmelo Caruso

Il premier fa visita in una scuola del Veneto e parla di futuro e determinazione. Sul Ddl Concorrenza si accelera. Una lettera alla Casellati per incardinare il testo. "Non mi conoscono"

Roma. A Sommacampagna, in provincia di Verona, è stato fermato il Barbablù nazionale. Le ricerche condotte dal capitano-premier, Mario Draghi, e dal tenente-governatore, Luca Zaia, hanno avuto successo. Con l’aiuto dei piccoli agenti della scuola elementare, Dante Alighieri, il ricercato, in fuga da Roma con la refurtiva (il ddl Balneari) è finalmente individuato. Si chiama “pessimista”. I suoi precedenti sono stati comunicati da Draghi: “E’ uno che non produce. Sta lì a dire che le cose non vanno bene ma non fa niente”. Segni particolari: “E’ arrabbiato, triste”. Il tenente Zaia ha aggiunto che aveva i giorni contati: “Il pessimista non fa mai fortuna”. Ovviamente anche noi, come ha consigliato Draghi, agli alunni, a cui ha fatto visita, stiamo scrivendo con “divertimento”.


Se abbiamo iniziato con il sorriso, parodiando qualcosa di serissimo, è  perché pure Mario Draghi ne sentiva il bisogno. Dunque è servita questa sua fuga da Palazzo Chigi, questa visita ai piccoli butei della seconda D, della scuola Dante Alighieri, che hanno la fortuna di vivere in una regione amministrata da un leghista sanguigno, pratico, uno alla Zaia, uno che ha il leone di San Marco come cover del suo telefono.

 

Ecco perché si può perfino perdonare l’eccesso di cerimonie della dirigente Emanuela Antolini, che aveva sul serio il volto della mamma italiana, quella che comincia ad arrotolarsi le maniche, a lucidare i pavimenti, ad aggiustare il colletto dei figli, perché “ci sono gli ospiti!”. E infatti, in Veneto, (“e mi sento veneto pure io”) la terra della moglie del premier (“senza la quale chissà quante fesserie avrei fatto. Le devo tutto”) a Draghi era quasi passata la collera contro “chi vuole prendermi in giro. Non mi conoscono”. Il “Cdmkrieg” lampo di giovedì pomeriggio, la lettera spedita alla presidente del Senato, diffusa ieri, dove si chiede, “nel rispetto delle prerogative parlamentari”, l’iscrizione del ddl Concorrenza e la sua “rapida approvazione” entro fine maggio, per non perdere le risorse del Pnrr, sono la conseguenza delle scorrerie di Lega e Forza Italia. Mercoledì gli uomini di Roberto Garofoli gli hanno spiegato: “Presidente, il centrodestra non punta a modificare il testo. Scommette sullo sfascio. Vogliono che ti occupi di Ucraina e non più di politica interna”. E lui: “Bene. Loro vogliono lo stralcio, noi stralciamo il testo modificato e torniamo alla versione originale, la più severa”. Sono corsari di un centrodestra fellone. E sono anche strateghi scadenti. Per come hanno condotto questa partita sul ddl Concorrenza sembra evidente che hanno preso ripetizioni a San Pietroburgo.

 

Dopo mesi di intifada, Lega e Forza Italia erano riusciti a ottenere, per i loro campieri bagnini, un indennizzo di uscita. Gli accordi di Chigi prevedevano la messa a gara delle concessioni balneari (come chiede l’Europa e una sentenza) riconoscendo punti di favore ai proprietari che hanno investito in sostenibilità e perfino una sorta di Tfr. Ebbene, grazie alla formidabile strategia militare dei nuovi Cadorna, questa popolazione di balneari potrebbe ora finire sul mercato senza buonuscite e con gli ombrelloni sequestrati dai procuratori. Non sanno fare, e spiegare, il bene di una categoria, ma una parte di Forza Italia e una parte della Lega, vogliono farlo di cinquantamilioni di abitanti. Non è vero che ci sono giornali che ce l’hanno con la Lega. Ci sono solo giornali che apprezzano un partito che ha una storia, e che la avrà, anche dopo Salvini. Sono giornali che separano gli ottimisti dai brontoloni, la panna dalla crema, i leghisti che non hanno più nulla da dare da quelli che sono adatti a governare.

 

Uno è Zaia e queste sono alcune delle sue frasi rivolte ieri ai suoi picinin, fioi: “Dobbiamo lamentarci di meno e lavorare di più”; “fate bene a portare la mascherina”; “gli eroi sono i vostri insegnanti”; “dovete essere orgogliosi di avere una sanità che cura tutti senza distinzioni di pelle e credo religioso”. Lo chiamano al governo “il migliore”.

 

Domani, quando a Salvini glielo riferiranno, è probabile che anche a Zaia verrà ordinato di rilasciare meno interviste come è stato ordinato a Massimiliano Fedriga, l’altro leghista che sorride. E ci siamo finalmente arrivati. Ai tosatel che lo ascoltavano, Draghi ha consigliato di “guardare al futuro come una partita. La volete vincere? Altrimenti perché giocare se già la volete perdere” e ha raccomandato di “saperci stare nel futuro senza ansia. Divertitevi”.

 

Anche in politica andrebbero dunque divisi musoni e sorridenti. Sorridente è il ministro Cingolani, la leghista Stefani, la sottosegretaria Borgonzoni, la viceministra Bellanova o Enzo Amendola. Capace di ironia è Andrea Orlando che scherza così sul suo amico Peppe Provenzano, il vice del Pd in missione in Sudamerica, “è il vicesegretario dei due mondi!”. E si potrebbe continuare. Il sorriso è prodotto italiano. La storia del nostro design è ad esempio un affare di burloni come Bruno Munari che non si prendeva mai sul serio. Quando gli chiedevano: “Maestro, ci dica qual è l’opera che invidia”, Munari rispondeva: “Ma è l’uovo! Ha una forma perfetta benché sia fatto col culo”.
 

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  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio