L'intervento alla Bocconi
Draghi a Milano fa un'ode alla credibilità. Giavazzi: “La concorrenza si fa”
Il premier ha incontrato gli studenti dell'università di Milano e ha esibito la consueta sicurezza che lo contraddistingue, su ogni tematica. Anche sul decreto legge che continua a preoccupare il governo
Si è mangiato a “Bocconi” a “Bocconi”, localisti, chiacchieroni, perditempo, russofili (“la dipendenza russa stava diventando sottomissione”). Una alla volta, per carità… Eravamo a Milano, all’università dei “saranno manager”, per ascoltare Mario Draghi, venuto a omaggiare l’economista, scomparso, Alberto Alesina, “l’amico Alberto”, e abbiamo alla fine ascoltato il rinnovo della promessa di matrimonio tra Draghi e Sergio Mattarella: “La credibilità è tutto. Le parole devono essere suffragate dai fatti” altrimenti “le persone non ti credono”. Siamo riusciti a fermare, sulle scale, pochi metri prima dell’ingresso in aula magna, Francesco Giavazzi, consigliere del premier, e sentite cosa ci ha detto sul ddl Concorrenza. Gli abbiamo chiesto “Il governo ce la farà?”. E lui: “Lo facciamo. E’ certo. E’ sicuro”. Sono eccentrici, sono insultati, le loro prediche sono ovviamente “inutili”, ma cosa aspettano a depositare il simbolo del “partito Alesina”? Che strani tipi, gli economisti. Amano la controversia, si fanno anche i dispetti, e quanto sono biforcuti. Mario Monti, ad esempio, ricorda sempre, lo ha fatto anche oggi, “che quando si parlava di incertezza economica lui era appunto impegnato a fare … il primo ministro”. Alla Bocconi, l’università dove si gioca anche a ping pong e si pratica lo sberleffo, “bocconiano, sarà lei”, si sono ritrovati in nome di uno stile, Draghi, il preside Monti, Larry Summers, che è stato segretario al Tesoro americano (un consiglio per la Rai; prenda le sue lezioni, i suoi discorsi e li trasmetta in prima serata), Silvana Tenereyro, e (ci diamo un tono; lo scriviamo in inglese) “external member of the Bank of England”.
E in prima fila, ad ascoltare, c’erano ancora Vittorio Colao, l’altro ex Vittorio del Tesoro, Grilli, Tito Boeri, Franco De Benedetti, arbiter elegantiarum. C’era pure la segretaria del premier Maria Grazia Ciorra (finalmente anche lei ha un volto). La delegazione di governo è arrivata a Milano di mattina. C’è stato tempo anche per assicurare ai professionisti della retata (i pm che si lamentano della scarsa attenzione per le loro maxi operazioni) che il governo non sottovaluta la cancrena, anzi, notava Draghi, “la mafia si sta insinuando nel Cda delle aziende, il Pnrr va protetto”. A ora di pranzo dicono che il premier abbia voluto pranzare in un luogo che a Milano gli è caro. Quasi casa. Dicevamo prima “stile” perché non c’è solo quello di Arbasino che è il più irregolare degli Alberti (Stile Alberto, Masneri, Quodlibet). C’era infatti quello di Alesina e nel giornalismo quello di Ronchey e di Moravia, in letteratura, che era altrettanto rigoroso, per sintassi. Ci deve essere in questo nome una specie di pulizia, che è anche mentale, e che tanto piace al premier. Domani, ad esempio, dovrebbe tenere un Cdm per fare il punto sulle riforme del Pnrr. Sono i professori dalla scrivania ordinata. Si possono prendere almeno cinque frasi di Draghi che farebbero almeno cinque titoli di quotidiano. Cominciamo da una che non è notizia, (“ragazzi, senza ansia”, ha raccomandato proprio lui). E’ un ricordo e riguarda il mestiere del professore.
Spiegava il premier che un professore si distingue per questa qualità: “Se gli viene posta una domanda, non evade la domanda. Da una risposta. Magari dice no, ma la motiva”. Ecco da dove sgorgava l’haiku sulla coerenza che è azione politica (“Bisogna essere coerenti, se si dice una cosa, quella cosa deve accadere”). Si perde perfino tempo a impastare quelle frasi da povertà disarmante “Draghi tira dritto”, “Draghi se ne va”, quei tic che per colpa della velocità, e del carattere, riservato, di Draghi, sono il paracadute nelle redazioni. E’ più banale di come la continuiamo a raccontare. E’ ovvio che lascerebbe se si fermano le riforme. Direbbe Draghi, nella sua lingua, che sarebbe una scelta “conseguente”, “coerente”. “congruente”. Sono tutti pensieri che ha espresso l’economista Ayn Rand in “Capitalismo: l’ideale sconosciuto” (Liberlibri). Qui alla Bocconi è così amata che lo studente Augusto ne ha sottolineato un passaggio: “Razionale è ciò che si trova in consonanza con i fatti, irrazionale è chi contraddice i fatti e cerca di cavarsela”. Chissà dunque come ci sono rimasti male i Chomsky di casa nostra. Questa è l’opinione di Draghi sulla deglobalizzazione: “E’ tutta da vedere. Per ora ci stiamo battendo sui mercati globali. La dipendenza russa stava diventato sottomissione”. Sul multilateralismo: “Non so se abbia portato la pace, io penso di sì ma c’è chi pensa di no”. Si devono ricostruire le fondamenta della prosperità”. Sul G7: “Il G20 è più appropriato”. Come fa la Lega a non capire che l’unico a parlare di federalismo (europeo) è Draghi anziché il loro segretario. Sempre Draghi: “L’Europa oggi è più forte, ma vanno rivisti i trattati e serve un federalismo pragmatico”. Era la cartolina per Luca Zaia e per tutti gli italiani mediamente seri: “Da Mario Draghi. Saluti. Milano”.